La mente criminale di Setola… “Davo ordini di morte…” La prima parte dell’unico esame dell’ex capo dell’ala stragista

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CASAL DI PRINCIPE – (Tina Palomba)  Una mente criminale, un killer spietato che se fosse stato ancora libero avrebbe continuato la professione di assassino. E’ quello che emerge nell’unico esame reso dall’imputato Giuseppe Setola in un’udienza del processo per il delitto di Domenico Noviello. E’ stata l’unica volta che Setola  ha risposto alle domande del pubblico ministero Alessandro Milita non da pseudo-collaboratore di giustizia.  Del resto come scrive il Ministero della Giustizia nel rinnovare il 41 bis all’ex capo dell’ala stragista del  clan dei Casalesi: “è molto significativo il quadro negativo della personalità del Setola è poi completato dalla sua pseudocollaborazione con la Giustizia, inscenata nel corso del 2014. In particolare, il Setola, dopo avere tenuto un comportamento carcerario aggressivo e deprecabile, simulando manie di persecuzione, richiedeva di rendere dichiarazioni alla DDA di Napoli e, dopo pochi interrogatori, dichiarava pubblicamente., nel corso di una udienza dibattimentale, di avere raccontato solo menzogne all’autorità giudiziaria e di non volere più essere sottoposto ad interrogatorio. In questo quadro, tenuto conto della personalità criminale e carismatica (ovviamente, nel suo ambiente) del Setola, che è stato in grado di coagulare intorno a sé un vasto gruppo criminale che lo seguiva nelle più scellerate azioni criminali e considerato che uno stato di detenzione secondo ordinarie modalità potrebbe facilitare il mantenimento ed il rafforzamento dei rapporti del Setola con l’ambiente criminale esterno (potendo, un capo della sua statura criminale, partecipare, anche da detenuto, alla formazione dei processi decisionali rilevanti per la vita dell’organizzazione criminale di riferimento, con la diramazione di specifiche direttive criminose attraverso i possibili residui canali di comunicazione) è necessario il rinnovo dell’applicazione del regime detentivo speciale previsto dall’alt. 41 bis”.  Ecco la prima delle cinque puntate con gli interrogatori integrali dell’esame del Setola nel processo per il delitto Noviello, dinanzi alla presidente della Seconda Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, Maria Alaya, dove l’imputato poi è stato condannato all’ergastolo, oggi passato già ingiudicato.

ESAME DELL’IMPUTATO SETOLA GIUSEPPE

Presidente:  Signor Setola, io l’avverto… le leggo integralmente l’Art. 64 terzo comma: lei ha la facoltà e non l’obbligo di rispondere; se non risponde, il processo seguirà ugualmente il suo corso; se risponde, quanto dirà potrà essere utilizzato contro di lei, avere valenza di testimonianza nei confronti dei suoi odierni coimputati, ma anche nei confronti di altri soggetti a cui lei si riferisce, nei limiti e con le garanzie del 197 e del 197 bis. Lei vuole rispondere o si avvale della facoltà di non rispondere?

 Imputato: Certamente che voglio rispondere, Presidente, buongiorno. Presidente:  Buongiorno, vuole dire le sue generalità complete? Imputato: Setola Giuseppe, nato a Santa Maria Capua Vetere il 5/11/1970

 Presidente:  Prego, Pubblico Ministero. P.M.: Buongiorno, Setola, senta, la prima domanda che le faccio è: lei è stato tratto in arresto per quali reati in passato?

Imputato: Buongiorno, dottor Milita, sono stato arrestato nel 2000 per associazione e un ferimento a una persona di Giugliano, un certo Russo. P.M.: Poi quando è stato detenuto? Quanto tempo è stato detenuto dal 2000? Imputato: Sono stato detenuto otto anni e sono uscito e poi mi hanno arrestato il 14 gennaio del 2009. P.M.: Prima del 2008 era mai stato arrestato? Imputato: No, sì sì sì, Presidente, per rapina, nel ’92 mi sono fatto tre anni di carcere.

P.M.: Nel 2000, quando fu arrestato per questa estorsione, ha ricevuto altri ordini di cattura? Imputato: L’estorsione… non per estorsione, ho detto per associazione e un ferimento ad un certo Russo, la domanda non l’ho capita, dottore.

P.M.: Dopo questo titolo cautelare del 2000, per cui è stato tratto in arresto, mentre era detenuto, ha ricevuto altre ordinanze di custodia cautelare?

Imputato: Sì, ho ricevuto una custodia cautelare nel 2001, per omicidio Petrella, omicidio Genovese; poi nel 2005, una serie di estorsioni, tentato omicidio Zippo, omicidio Maurizio Sgamberti e basta.

P.M.: È stato condannato anche per traffico di stupefacenti?

Imputato: Sì, a nove anni.

P.M.: A nove anni, quindi anche per questo è stato arrestato? Imputato: Sì, nel 2001, nell’ordinanza di custodia cautelare c’erano due omicidi, più questo fatto della droga: c’erano delle telefonate tra me e Dell’Aversano.

P.M.: Senta, per quanti omicidi è stato tratto poi in arresto, dopo il suo arresto del 2009? Imputato: Dottore, lei lo può sapere meglio di me, però… quindici, sedici! Non lo so.

P.M.: Quindici/sedici. Senta, quando è evaso esattamente lei?

Imputato: Sono evaso il 7 aprile del 2008.

P.M.: Perché…?

Imputato: In via… (sovrapposizione di voci) Marcello a Pavia. Come?

P.M.: Da quanto tempo era in detenzione domiciliare, agli arresti domiciliari, a  Pavia?

Imputato: Quattro mesi.

P.M.: Quattro mesi, dove alloggiava?

Imputato: Via San Marcello numero 1, Pavia.

P.M.: Come? Non ho sentito.

Imputato: Via San Marcello numero 1 a Pavia, poi la mattina alle otto, per dire, telefonavo al Carabinieri e andavo a fare le terapie, alle due ritornavo; telefonavo ai Carabinieri e mi venivano a controllare, quattro, cinque, sei volte al giorno.

P.M.: Senta, chi le aveva procurato questa casa a Pavia?

Imputato: Chi me l’ha procurata? La mia famiglia! Chi me l’ha procurata!

P.M.: Chi gliel’ha procurata la casa? Imputato: La mia famiglia.

P.M.: Cioè chi è la sua famiglia?

Imputato: Procurata, l’ha affittata… Come?

P.M.: La  sua famiglia chi?

Imputato: La mia famiglia è Setola Rosaria, Martinelli Stefania, Setola Pasquale, Martino Silvio, Martino Rosa, mia suocera, mio suocero, mia sorella, mio fratello, questa è la mia famiglia!

P.M.: Chi l’aveva procurato questo alloggio, di tutte queste persone?

Imputato: Com’è l’alloggio di queste persone?

P.M.: Chi aveva trovato questa abitazione a Pavia? Chi di queste persone?

Imputato: L’ha trovato mio fratello tramite Internet, ha mandato i soldi via on line, e quando sono stato scarcerato, per dire, hanno fatto… la dottoressa Garzo ha fatto il provvedimento e mi ha mandato in questa casa, e la mattina andavo a fare la riabilitazione.

P.M.: Senta, chi è che pagava l’affitto e quanto costava questo affitto?

Imputato: Mille euro al mese, lo  pagava mio fratello, ho pagato per dieci mesi, anche quando sono evaso.

P.M.: E suo fratello che lavoro faceva per potersi permettere di pagare questa somma?

Imputato: Mio fratello ha un’impresa, fa l’elettricista, impianti di condizionamento, tubista… Fa tutto!

P.M.: Senta, perché dopo quattro mesi è evaso?

Imputato: Sono evaso perché per dire mi veniva a trovare… è venuto un paio di volte Alfiero Massimo, allora per dire questo ragazzo… no, mi diceva delle cose che  a me non mi stavano bene, diceva che Giovanni si rubava i soldi, Cirillo si rubava i soldi, poi mi diceva: “questi mi vogliono ammazzare, io li ammazzo”, e tutte queste cose qua, mi ha fatto impazzire per la testa! Poi un po’ è stato pure perché innocentemente sono stato condannato per il fatto dell’omicidio del povero Pagliuca, e sono andato di testa, dottore, e me ne sono scappato.

P.M.: Quindi anche perché c’è stata la sentenza di appello di conferma della condanna, della sua condanna all’ergastolo, per l’omicidio di Pagliuca Genovese?

Imputato: Un po’ sì!

P.M.: Un po’ sì. Imputato: Perché ingiustamente è brutto, dottore!

P.M.: Giustamente? Non ho capito, giustamente se me lo  spiega bene, se vuole.

Imputato: Dottò, ho detto ingiustamente è brutto avere una condanna.

P.M.: Ah, ingiustamente, ho capito. Senta, mi scusi, nel processo di appello erano stati esaminati dei collaboratori di giustizia? Bidognetti Domenico e Diana Luigi?

Imputato: Allora, in primo grado… in secondo grado è stato esaminato… nel 2005 collaborò questo Diana Luigi, e fece delle dichiarazioni e accusò tutti. Poi per dire c’era il professor Martucci…

P.M.: Anche Domenico Bidognetti?

Imputato: Sì sì sì, anche Domenico Bidognetti, c’era il professor Martucci che mi difendeva, fece la Cassazione… fece le motivazioni e fece la Cassazione; alla Cassazione fecero un annullo con rinvio, lo mandarono alla seconda Corte di Appello e poi uscì questo Bidognetti. Però Bidognetti, per dire, penso che le sapete le dichiarazioni, e se non le sapete, ve le spiego. Disse: “Setola Giuseppe era presente, però l’omicidio l’abbiamo fatto: io, Cantiello e Dell’Aversano Giuseppe, dice però Setola Giuseppe io l’ho mandato perché non era una festa, noi dovevamo ammazzare una persona, eravamo sette o otto di noi, mica dovevamo fare la festa?”. Però, per dire, c’era la Barra Angela, come dicono la convivente… io non la conosco proprio, la convivente di Bidognetti Francesco, e questa barra dice: “guardate, questo Setola Giuseppe io non lo conosco proprio, non l’ho mai visto in questa casa”, dice: “io ho chiamato la battuta e sono partiti da casa mia”. E sono stato condannato, dottor Milita.

P.M.: Lo sapeva lei che doveva essere assassinato Pagliuca Genovese?

Imputato: No, vi dico la verità: se mi dicevano “vai ad assassinare Pagliuca Genovese”, io andavo ad assassinare i fratelli di Barra che violentarono a quella ragazza, D’Auria.

P.M.: Senta, e sapeva che Pagliuca Genovese stava disturbando Bidognetti Francesco e i suoi figli? Imputato: A me non mi risulta, perché penso che quello era un lavoratore, avranno disturbato la fidanzata e l’hanno ammazzato pure, dottor Milita.

P.M.: Senta, sapeva la questione del fatto che Pagliuca Genovese chiedesse giustizia per la violenza sessuale subita dalla fidanzata?

Imputato: Sì sì, però non l’ha avuta questa giustizia, ha avuto l’ingiustizia, l’hanno fatto cornuto e mazziato.

P.M.: Quindi sapeva che lui rivendicava giustizia?

Imputato: Sì.

P.M.: E mi spiega perché non gli è stata data giustizia, tra virgolette?

Imputato: Dottore, questo  lo dovete domandare a (pare dica: D’Auria) perché non ci hanno dato giustizia, non lo possiamo domandare al povero  Pagliuca, che non c’è più… la Giustizia… perché la  ragazza è andata a denunciare questo fatto, e poi le hanno ammazzato anche il fidanzato, ha fatto tutto quella ragazza per non farlo ammazzare. E questa è la giustizia che ci hanno dato: a farlo morire, ringraziando questo Bidognetti Domenico.

P.M.: Scusi, sa chi è stato l’artefice di questo omicidio?

Imputato: Eh, se l’è accusato Bidognetti Domenico, domandatelo a  lui, dice che è stato lui: Cantiello Salvatore e Dell’Aversano Giuseppe.

P.M.: Dell’Aversano Giuseppe era del suo clan, no?

Imputato: Del mio clan? Io non ho mai avuto il clan!

P.M.: Non ha mai operato nel clan Bidognetti?

Imputato: Io? Sì!

P.M.: Quindi era un affiliato del clan lei all’epoca.

Imputato: Sì sì, dal ’97.

P.M.: Dal ’97, scusi, visto che…

Imputato: Dal ’97… scusate, prego, prego!

P.M.: Visto che molti affiliati erano coinvolti in questo omicidio, e lei dice di sapere che Pagliuca Genovese stesse rivendicando qualcosa, lei sapeva… aveva cognizione di quello che stavano facendo i suoi compagni?

Imputato: Dottore, allora vi spiego una cosa: come detto da Bidognetti, dicono che per dire… Di Matteo Giovanni e…

P.M.: No  no, Setola, Setola, non mi  interessa quello che dice Bidognetti Domenico, mi interessa quello che lei sa…

Imputato: E che vi interessa, dottò? Come?

P.M.: Mi interessa quello che  lei sa, non quello che dice Bidognetti Domenico.

Imputato: Dottò, io sono stato affiliato nel ’97 e per dire ho un ergastolo del ’95, questo so, non so niente di questo fatto!

P.M.: La mia domanda era: visto che erano i  suoi compagni quelli che hanno assassinato Pagliuca Genovese, lei sapeva che avevano in animo di assassinarlo?

Imputato: No! E  mica lo dicevano a  me? Bidognetti era il capo, Bidognetti Domenico, mica lo diceva a me?!

P.M.: Ho capito, quindi lei non fu coinvolto. Senta, ma lei che ruolo aveva nel clan? Che faceva materialmente all’epoca, nel ’97?

Imputato: Allora, vi spiego una cosa: mi sono sposato il 22 aprile del ’97, sono andato in Brasile, sono ritornato e sono andato a dare dei regali, per dire, a  Anna Carrino e a Bidognetti Aniello, e Bidognetti mi disse: “guarda, questi ci vogliono ammazzare”, dissi: “chi?”, “i fratelli Diana, De Vita, tutte queste cose”. Abbiamo anche un processo, sono uscite telefonate contro di me, “ammazzare”, “non ammazzare”, e queste cose qua.

P.M.: Quindi c’era una  guerra contro Cantiello?

Imputato: Cantiello e Diana. Il fetentone era Diana, non Cantiello, perché Cantiello si è distaccato dal ’96, però non ha mai fatto un agguato contro la famiglia Bidognetti, li rispettava e, quando c’era una cosa, lui veniva da me, e diceva:” “guardia, Peppì, dici ad Aniello questo questo e questo, dici di comportarsi bene, perché noi abbiamo fatto tanti sacrifici per il padre, ci abbiamo fatto tanti anni di carcere e non ci mandano i soldi e loro fanno i signori”, io ce lo andavo a dire e e… facevo il tramite!

P.M.: Ci sono stati degli omicidi in questa guerra in questa guerra con i Cantiello?

Imputato: Cinquanta/sessanta omicidi, dottò.

P.M.: Lei ha mai ucciso qualche persona?

Imputato: No, non ho ammazzato nessuno, dottò. P.M.: E che faceva, la bella statuina, durante questa guerra?

Imputato: Dottò, però non dobbiamo fare qui spiritosi, io vi rispetto e non vi offendo, non facevo la bella statuina: facevo le estorsioni, nascondevo le armi, facevo queste cose qua. Io sto rispondendo sincero, se poi credete solo ai pentiti, credete solo ai pentiti!

P.M.: No no, io le faccio  le domande, va bene, quindi..

Imputato: E io sto rispondendo, dottò, sto rispondendo con molta calma, però lei mi deve rispettare, perché non sono una bella statuina, non la sto chiamando bella statuina!

P.M.: Setola, sì, va bene. Quindi lei praticamente era addetto alle estorsioni e alla custodia delle armi?

Imputato: Sì.

P.M.: Senta, e quante armi avevate?

Imputato: Poi, se volete sapere… scusate, se volete sapere degli omicidi, domandatelo a Bidognetti, a Diana, a tutti questi pentiti, e loro vi diranno…

P.M.: Setola, non… io le faccio le domande, però una cortesia, Setola, se può parlare un po’ più lentamente perché l’acustica non è ottica, quindi, se lei parla troppo in modo concitata, non la sentiamo bene, e quindi o capisco male io o capisce male la Corte, e quindi poi alla fine debbo rifarle  la domanda. Quindi se può parlare in modo leggermente più pagato e  soprattutto lento, senza eccedere nella foga di rendere… di rispondere, se riesce a fare questo.

Imputato: Sì, dottò, e… Presidente:  Mi scusi, e anche un po’ più lontano dal microfono, così c’è meno rimbombo.

Imputato: Va bene, va bene, dottoressa.

P.M.: Così è perfetto. Senta, Setola, quindi lei custodiva le armi, praticamente, quindi le conosceva le armi… Imputato: Sì, facevo… prego prego, scusatemi.

P.M.: Senta, quante armi avevate a  disposizione in quel periodo?

Imputato: Dottò, questo non lo so, ognuno di noi aveva una pistola, poi quando… chi aveva un Safari, chi aveva… queste cose qua, di preciso non lo so, io per dire… ho nascosto qualche Safari, qualche pistola.

P.M.: Safari e pistole, Kalashnikov ne avevate?

Imputato: No no no.

P.M.: Senta, lei, oltre a custodire armi e a fare le estorsioni, guidava la macchina, accompagnava le persone? Mi spiega un attimo?

Imputato: No no no.

P.M.: No? No che? Imputato: No, non accompagnavo nessuno, e  non guidavo.

P.M.: Guidava bene lei, era bravo nella guida?

Imputato: Guidavo normale, mi hanno dato la patente.

P.M.: Guidava normale .

Imputato: Guidavo normale, non ero Schumacher, come dice Bidognetti Domenico.

P.M.: Ho capito, non era Schumacher, e Cirillo Alessandro era più bravo a  guidare?

Imputato: Cirillo  Alessandro? Come, guidava meglio di me, guidava meglio di me, sì!

P.M.: Era il più bravo come persona del gruppo alla guida?

Imputato: Questo non ve  lo so dire se era il più bravo o il più cattivo, questo non ve lo  so dire.

P.M.  Quante unità disponeva? Quante persone eravate?

Imputato: Eravamo: io, Dell’Aversano Giuseppe e Aniello Bidognetti, eravamo tre persone, dottò, contro cinquanta/sessanta persone.

P.M.: Tre persone, Setola, soltanto, mi sembra un po’ difficile.

Imputato: Sì sì, dottò, dopo un anno, un anno e qualcosa, per dire, c’erano un paio di elementi, non faccio il nome per… sono anche stati ammazzati. Abbiamo affiliato a Cirillo e poi a qualche altro ragazzo che ora non mi viene a  mente il nome.

P.M.: E quanti eravate nel 2000, prima del suo arresto? ’99/2000?

Imputato: Quattro o cinque persone, dottore.

P.M.: Quattro o cinque persone? E stipendiavate Bidognetti Francesco?

Imputato: Lo  stipendiava il figlio a Bidognetti Francesco, dottò, noi ci stipendiavamo con i soldi che facevamo le estorsioni e mandavamo anche qualcosa di soldi ai carcerati.

P.M.: E quanti erano i carcerati che sonvezionavate, finanziavate, cioè sostenevate? Imputato: Una quindicina.

P.M.: Una quindicina. Senta, ma il capo di questo gruppo in quel periodo chi era? Di questo gruppo, insomma, un po’ ridotto numericamente, chi era?

Imputato: Fuori.. com’è, dottò? Fuori? P.M.: Il capo, il capo, il capo chi era? Imputato: Dico fuori, fuori? Quando stavamo fuori?

P.M.: Fuori.

Imputato: Era Bidognetti Aniello.

P.M.: E dentro, nel carcere, c’era qualcuno che mandava ordini?

Imputato: No, non ha mai mandato ordini ha nessuno, almeno a me, poi se agli altri li hanno mandato altri non lo so, a me mai mandato ordini.

P.M.: Setola, perché alla mia domanda chi era il capo, allora mi ha chiesto “fuori o dentro?”? Imputato: Perché fuori o  dentro chi è il capo? Il capo, per dire, per me è Bidognetti… Cicciotto “‘e mezzanotte” è il capo, perciò vi ho domandato fuori o dentro…

P.M.: Ah, ecco…

Imputato: Quando ci mandava l’imbasciata, andare a fare i colloqui il figlio.

P.M.: Quindi il capo era Bidognetti Francesco, sostanzialmente.

Imputato: Sì sì, è stato sempre il capo, dottore.

P.M.: È rimasto sempre il capo, anche quando poi lei è evaso?

Imputato: Io?

P.M.: No, Bidognetti Francesco, pure in carcere, è rimasto sempre il capo, quando lei è evaso nel 2008?

Imputato: Sì, dottore, io l’ho sempre rispettato, a me personalmente non mi ha mai mandato nessuna imbasciata, dal carcere, e questo lo potete dire… Anna Carrino andava i fare i colloqui, domandate se ho fatto qualche volta qualche reato che mi ha mandato a dire, io non lo conosco proprio, e non… (sovrapposizione di voci) …pure.

P.M.: Non è arrivata mai una ambasciata da parte di qualcuno che dicesse che era un ordine di Cicciotto?

Imputato: A me mai,  a me mai, mai mai mai!

P.M.: Mai? Senta, quando… quindi lei mi ha detto che è evaso sia perché Alfiero Massimo diciamo l’ha indotta ad evadere sia perché aveva questa sentenza prossima a passare in giudicato, quella sentenza di condanna per Pagliuca Genovese?

Imputato: Presidente, la condanna… scusate, dottor Milita, la condanna è stata un po’ una cosa accentuata, però la cosa che diciamo a  me mi ha fatto andare un po’ fuori di testa è il fatto, che io sono in custodia cautelare, che volevo ammazzare… ho dato l’ordine  di ammazzare a Cirillo e a  ammazzare a  Letizia. Quelli sono miei amici, io Cirillo lo  conosco da piccolo! A Giovanni l’ho conosciuto nel carcere,  nel 2003/2004, abbiamo fatto un paio di anni di detenzione insieme. Lui era accusato di un omicidio, gli hanno ammazzato un suo compagno e giustamente è uscito assolto. P.M.: Ha mai dato autorizzazione ad Alfiero Massimo di assassinarli a Letizia e al Cirillo?

Imputato: Dottò, se davo l’autorizzazione, per dire, di ammazzarli, quello li ammazzava? Ci andavo io ad ammazzarli! Eh!

P.M.: Le ho chiesto: ha mai dato l’autorizzazione? Ho capito…

Imputato: Mai! Mai mai mai! Ci ho detto sempre: “Massimo,  che stai facendo? Quelli, per dire, hanno più esperienza di te, tu sei da un anno per dire… quello che fai non lo so”, dice: “io mando gli stipendi”, “e fai bene, manda gli stipendi, perché i soldi mica sono tuoi?”.

P.M.: Le disse Alfiero Massimo, quando venne da lei a Pavia, che aveva organizzato e tentato di assassinare Cirillo e Letizia?

Imputato: Sì, ho la custodia cautelare, dottò.

P.M.: Quindi glielo disse. E lei, di fronte a  questa informazione di Alfiero, che cosa fece, lei? Imputato: Ho fatto prima di lui! Sono scappato e l’ho messo a posto, “mettiti a fare quello che fai, non disturbare la gente”.

P.M.: Mi scusi, ma quando fu organizzato l’omicidio, lei era ancora a Pavia? La mia domanda era ancora se…

Imputato: Non lo so.

P.M.: La mia domanda era…

Imputato: Prego prego, dottò.

P.M.: La mia domanda era se, quando lei era ancora agli arresti domiciliari a Pavia, fu informato del fatto che stavano organizzando oppure avevano tentato di assassinare Cirillo e Letizia.

Imputato: Dottò, lui mi disse: “guarda, Cirillo si ruba  i soldi, Giovanni si ruba i soldi”, io dissi: “tu non ammazzi a nessuno”, e poi lui, per dire, con la sua testa e altri suoi componenti, che sono collaboratori, e penso che le sapete le dichiarazioni, hanno tentato di fare quell’omicidio. Però, some so io… (sovrapposizione di voci) …Giovanni dice: “quello ci hanno fatto l’appuntamento, e noi non ci siamo andati, però non è che noi non ci siamo andati perché avevamo paura, noi non ci siamo andati perché non ci avevamo niente a che fare. Noi, per dire”… sia Letizia che Cirillo non avevano niente a che fare con questo Alfiero, e non avevano mai avuto niente a che fare!

P.M.: Senza fare  riferimento all’ordinanza di custodia cautelare che è stata messa, dagli atti (incomprensibile), all’epoca chi gliela raccontò questa vicenda?

Imputato: Dottò, mi fate sempre la stessa domanda, scusate se glielo dico, l’ha raccontata…

P.M.: No, Setola,  le rifaccio la domanda perché a volte lei parla un po’ concitato e quindi non capisco con precisione se stia rispondendo alla mia domanda o stia facendo un’altra indicazione. Quindi a volte le rifaccio la domanda sempre perché lei parla un po’ troppo serrato. Capisce? Quindi le rifaccio la a domanda perché non ho capito se, quando gliel’hanno detto, e chi gliel’ha detta, oltre ad Alfiero Massimo, la a questione relativa al progettato agguato di Letizia e Cirillo. Imputato: Allora, ripeto piano piano, dottò: me l’ha detto Alfiero Massimo, dice che Cirillo si rubava i soldi, Letizia si rubava i soldi e li voleva ammazzare; io dissi: “tu non ammazzi a nessuno” e basta. Lui non ha mai avuto niente a che fare con noi, perché lo potete domandare, non so, a Tartarone Luigi.

P.M.: Sì, Setola, Setola…

Imputato: Poi si hanno fatto un gruppo a fatti suoi…

P.M.: Setola, allora volevo chiederle: siccome ha fatto riferimento al fatto che Cirillo e Letizia non erano andati all’appuntamento perché temevano di essere uccisi, ma perché non volevano avere niente a che fare con Alfiero Massimo. Questo fatto, che Cirillo e Letizia non erano andati all’appuntamento per questa ragione, a lei chi gliel’ha detto?

Imputato: Dottò, forse io sono un po’ scemo, ve l’ho detto già tre volte, me l’ha detto Massimo Alfiero.

P.M.: Scusi, che Cirillo e Letizia non fossero andati all’appuntamento non perché temevano di essere uccisi…

Imputato: Ah, sì sì, avete ragione, scusate, dottò, avete ragione! Me l’ha detto sia Cirillo che Giovanni Letizia.

P.M.: E quando gliel’hanno detto. Imputato: Scusate! P.M.: Era questa la domanda: quando gliel’hanno detto, quando era ancora a Pavia o quando era evaso? Imputato: No no no, quando sono evaso, a Pavia non avevo contatto o con nessuno, avevo contatto con mia moglie e con mia figlia, dottò! Presidente:  Diamo atto che Cirillo Alessandro… poi dopo… lo costituiamo dopo per non interrompere l’esame.

P.M.: Ho capito, quindi praticamente glielo hanno detto dopo, quando è evaso. Senta, mi scusi… Imputato: Prego.

P.M.: Quindi Cirillo e Letizia ce l’avevano con Alfiero Massimo!

Imputato: Dottò, Cirillo e Letizia ad Alfiero Massimo non lo pensavano proprio, non lo calcolavano proprio! Quando, per dire sono scappato e sono andato, dico: “che è successo?”, dice: “Pe’,  se questo ha detto che ci hanno rubato i  soldi, noi siamo qua, se è qualcosa, fai quello che voi di noi”.

P.M.: Setola, io ho capito..

Imputato: E io..

P.M.: Ho capito che non lo calcolavano. Quando hanno saputo che Alfiero li voleva uccidere e aveva organizzato di assassinarli, non lo calcolavano proprio oppure, diciamo, avevano un po’ di astio nei i suoi confronti oppure si preoccupavano del comportamento di Alfiero Massimo? Questa è la domanda, insomma.

Imputato: Dottò, l’astio l’ha sempre avuto Alfiero Massimo, infatti si è buttato mezzo pentito da voi, loro si fecero una risata, dissero… si fecero una risata!

P.M.: Ho capito. Visto che Alfiero Massimo aveva astio nei confronti di Cirillo e Letizia, Cirillo e Letizia, rispetto a questo astio, come…? Si preoccupavano, temevano di essere uccisi? Si i cautelavano? Non so, mi dica lei! Che rapporto avevano quindi con Alfiero Massimo? Non lo calcolavano e basta oppure, non so, in qualche modo, si tenevano in guardia quanto meno da Alfiero Massimo?

Imputato: Dottò, uno, non lo calcolavano, due: non lo se se ha ammazzato qualcuno, tre: ve lo ripeto di nuovo, non l’hanno mai calcolato!

P.M.:  Non l’hanno mai calcolato.

Imputato: Una volta sola hanno detto vicino a  me, scusate se vi interrompo, dice: “guarda, Pe’, noi abbiamo mandato i soldi a Bidognetti…”, non mi ricordo neanche più i nomi,  a Bidognetti… “Cicciotto ‘e mezzanotte, dai! Raffaele Bidognetti, e Bidognetti Aniello”, “e quanti erano?”, dice: “erano ventimila euro”,  “embè? Che è successo?”, dice: “quello se li  è rubati”, e questo è Alfiero Massimo.

P.M.: E Alfiero Massimo diceva la stessa cosa di Letizia e Cirillo, praticamente, che si rubavano i  soldi anche loro?

Imputato: Intanto per dire: “mi ha sistemato a me Alfiero Massimo”, mi ha fatto scappare, non per dire quello ha fatto, mi è venuto a dire le bugie, e io, per dire, dopo tanti anni di sacrifici, sfortunatamente a stare scarcerato, senza vedere mia figlia e mia moglie, ho creduto ad Alfieri Massimo e mi sono sbagliato. Io mi scuso pure con i compagni miei.

P.M.: Mi scusi, Setola, lei tra Cirillo e Letizia ed Alfiero Massimo, visto che erano insomma non nella stessa linea quanto meno, lei, tra queste due o tre persone, con chi aveva avuto… aveva un rapporto, da quando è evaso, migliore: più stretto, di maggiore vicinanza, di maggiore fiducia? Di chi si fidava di più?

Imputato: Di quelli che erano uomini!

P.M.: Di chi? Tra Letizia, Cirillo o ed Alfiero, di chi? Imputato: Letizia e Cirillo.

P.M.: Letizia e Cirillo. Senta, Alfiero Massimo, quando è evaso, è diventato reggente del clan Bidognetti?

Imputato: Quello… quello non poteva mai diventare reggente!

P.M.: Cosa vuole dire, no, questa risposta? Non ho capito.

Imputato: Dottò, no perché non eravamo noi  reggenti, per dire: specialmente io che mi sono fatto… mi sono fatto la galera, sono stato tanti anni, per dire dal ’97, come lo faceva lui il reggente? Il reggente di chi? Ha fatto il reggente di due o tre pentiti come lui.

P.M.: Setola, non ho capito la sua risposta, io le ho chiesto, non si è sentita bene e neppure, almeno non l’ho sentita bene io, io le ho chiesto se lei, lei Setola, è diventato il reggente quando è evaso? Imputato: È stato il reggente chi? Dottò, sono un po’ sordo, scusate!

P.M.: Ho capito, allora, siccome non ci aiuto la videoconferenza, le rifaccio la domanda: lei, quando è evaso, è diventato il capo del clan?

Imputato: Io!

P.M.: Lei.

Imputato: Io? No!

P.M.: E chi era il capo del clan, quando lei è evaso?

Imputato: Nessuno, dottò! Io, Letizia e Cirillo ci rispettavamo e facevamo… io mi facevo mandare a prendere qualche volta, quando lo incontravo, dicevo: “facciamo i soldi di estorsione a queste persone e mandiamo i soldi ai carcerati”. E mandavamo i soldi a cinquanta/sessanta persone. E  me, quando sono scappato da via  Cottolengo, mi hanno trovato una lista che per dire pagavo tutti questi stipendiati, e il mio Avvocato per dire… penso che lei ce l’ha sicuro, però il mio Avvocato la può consegnare, e pagavo… questo io facevo! E poi mi curavo la salute.

P.M.: Setola, mi scusi, quindi praticamente, quando lei è evaso, il suo clan era ridotto a tre  unità? Letizia, Cirillo e lei, ed eravate tutti pariordinati, cioè eravate tutti allo stesso livello  di quanto… insomma, di capacità di dirigere il clan?

Imputato: Sì…

P.M.: Quindi una banda di tre persone!

Imputato: Dottò, perché vi dovrei dire una bugia? Eravamo quindici/venti di noi, tutti incensurati quelli che stavano attorno a noi: chi ci portava il pranzo, chi ci portava il vestito, chi per dire era addetto a portarci la nostra famiglia ogni mese, due mesi, tre mesi, quando potevano, perché c’erano sempre i Carabinieri. Maroni ha mandato 1.500 Carabinieri per farmi arrestare a me!

P.M.: Quindi eravate, lei dice, quindici venti persone del gruppo in quel periodo?

Imputato: Sì, dottore.

P.M.: Non lo avevo capito. E queste altre tredici: diciassette persone, oltre voi tre, prendevano ordini da lei? Da lei, Letizia, Cirillo o da tutti e tre insieme?

Imputato: Io sono stato molto molto più chiuso di loro, però, quando veniva qualcuno, per dire: veniva da me e dice: “guarda, Giovanni deve parlare con questa persona, così così, ci vuoi andare pure tu?”, dico: “guarda, Giovanni mica è muto? Chiama ad Alessandro, ci vanno insieme e risolvono questo problema”.

P.M.: Non ho capito la risposta, la mia domanda era se da queste dodici/diciassette persone del clan, se prendevano ordini… da chi prendevano ordini, non ho capito la sua risposta, se può… Imputato: Sì sì, ve la ripeto: ho detto che io sono stato più chiuso di tutto perché…

P.M.: E questo l’ho capito!

Imputato: Va bene, allora veniva per dire qualche  compagno nostro pulito e diceva: “guarda, Giovanni, devi parlare con qualche Tizio e Caio”, sempre qualche imprenditore che stava facendo qualche lavoro grande, queste cose qua, per chiudere il lavoro: il 5 per cento, il 10 per cento, ora non ricordo neanche, io dicevo: “guarda, mica Giovanni è muto?! Sa parlare bene, è un ragazzo che…”… per dire: è una persona che sa parlare bene, “chiama Alessandro e vedono cosa devono fare”, e questo facevano, dottore.

P.M.: Quindi, scusi, lei dava agli alle altre persone che poi davano gli ordini agli affiliati? Non ho capito.

Imputato: Se lei vuole dire che io davo ordini, allora davo ordini! Che le devo dire. Ho detto che veniva una persona da me e mi  diceva: “guarda, c’è l’impresa così così, Giovanni ha mandato a dire che devi parlare con questa impresa”, e io dicevo: “Giovanni non è muto, sa parlare, però si chiama per dire a Alessandro e ci parlano insieme e chiudono questa situazione”. Il lavoro è un miliardo? Si facevano dare il cinque per cento, il dieci per cento, queste cose qua, però questi soldi noi non li abbiamo mai messi in tasca, li abbiamo sempre mandati ai carcerati, e qualche volta pagavamo anche gli Avvocati. (continua)