CAMORRA: DONNA UCCISA A NAPOLI, ERA LA ‘TUTTOFARE’ DELLA MOGLIE DI UN BOSS

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I killer l’hanno inseguita e poi, davanti l’abitazione del figlio, hanno sparato senza lasciarle scampo: è morta così, ieri sera a Napoli, Annamaria Palmieri, 54 anni, ritenuta una ‘tuttofare’ del clan Formicola, in particolare della moglie del boss Ciro Formic

 

ola. I sicari non le hanno lasciato scampo: tre colpi di pistola alla testa. Lo stesso trattamento che si riserva a un componente di rango della criminalità organizzata. Intanto prosegue l’offensiva delle forze dell’ordine e della magistratura contro la camorra: all’alba la Dia di Napoli ha sferrato un duro colpo al clan Moccia di Afragola. Complessivamente sono state eseguite 45 misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati. L’agguato alla donna è scattato dopo le 21,30, nel quartiere periferico San Giovanni a Teduccio. A trovare il corpo esanime della donna, e a dare l’allarme, sono stati i parenti. I sicari sono entrati in azione in via dell’Alveo Artificiale, in una zona considerata la roccaforte del clan: Annamaria Palmieri si è accorta della presenza dei killer. Ha tentato di scappare ma i sicari hanno fermato la sua corsa sparandole contro due colpi. Gli altri tre – quelli mortali – sono stati esplosi quando era già a terra. Non è chiaro il movente dell’assassinio: secondo gli investigatori della Squadra Mobile la cinquantaquattrenne potrebbe essere stata eliminata dal suo stesso clan, per uno sgarro. In questo caso, però, a prendere questa decisione non sarebbero stati i vertici. D’altronde, per chi non è del clan, è difficile andare in giro da quelle parti senza essere notato. La seconda ipotesi invece è che qualche clan nemico dei Formicola abbia voluto mandare un avvertimento, molto forte, ai reggenti. Uccidere una persona molto vicina alla moglie del capoclan può infatti considerarsi un messaggio decisamente forte. Sul luogo dell’agguato la Polizia Scientifica ha trovato cinque bossoli calibro 9X21. Sono in corso le perizie balistiche e le indagini che non potranno avvalersi di testimoni e di immagini di videosorveglianza, non presenti nella zona. Intanto, come detto, all’alba un duro colpo è stato inferto da agenti della Dia e della squadra mobile di Napoli e dai carabinieri di Castello di Cisterna, con l’ausilio della GdF, al clan Moccia, attivo in una ampia area dell’hinterland settentrionale di Napoli e nel Lazio: 45 le ordinanze di custodia cautelare eseguite a conclusione di una indagine coordinata della Dda che ha ricostruito il gruppo di vertice dell’organizzazione, dove spiccano i nomi di Luigi e Teresa Moccia, Filippo Iazzetta e Anna Mazza, la ‘vedova della camorra’, morta negli anni scorsi. Un’operazione che, sottolineano gli inquirenti (l’indagine è stata coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, e dai pm della Dda Ida Teresi, Gianfranco Scarfò e Ivana Fulco), “rappresenta l’esito di una poderosa attività investigativa” sulla operatività dell’organizzazione camorristica a partire da un periodo immediatamente successivo al dicembre 2010. Le accuse contestate vanno dall’associazione mafiosa, alla detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni e riciclaggio di ingenti somme di denaro. L’organizzazione, una vera e propria confederazione di singoli gruppi criminali locali, ciascuno dei quali dotato di una propria competenza territoriale, agiva nei territori dei comuni di Afragola, Casoria, Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito, Crispano, Caivano e Acerra ed ha esteso i suoi affari anche nella capitale. Sono state ricostruite – sottolineano gli investigatori – la più recente conformazione del clan, le responsabilità del suo vertice, dei dirigenti e dei referenti sul territorio, le modalità di comunicazione tra gli affiliati, anche detenuti, la capillare attività estorsiva, l’imposizione delle forniture per commesse pubbliche e private, la ripartizione tra gli affiliati, liberi e detenuti, dei profitti illeciti, e le infiltrazioni del sodalizio negli apparati investigativi. Nell’inchiesta sono infatti coinvolti anche due poliziotti: per un ispettore di polizia, attualmente alla Digos ma in passato in servizio alla squadra mobile, è stata disposta la custodia in carcere. E’ accusato di essere in stretti rapporti con esponenti del clan e loro familiari (documentati anche da foto su Facebook) ai quali avrebbe passato informazioni riservate sulle indagini che erano in corso sulla cosca camorristica.