AL DI LÀ DELLA FOLLIA COSIDDETTA

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di Alfredo Grado*

Le chiamano stragi della follia oppure, più semplicemente, follia. Tuttavia, si corre spesso il rischio di considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era “normale” o viceversa, poiché tali definizioni sonot essenzialmente influenzate  dal momento storico, dalla cultura e dalle convenzioni.

In realtà non é mai possibile comprendere le azioni di coloro i quali, improvvisamente, sparano a caso tra la gente o ammazzano per poi suicidarsi, cosi come non sarà mai possibile comprendere appieno le gesta di Davide Mango, l’uomo di Bellona che nel pomeriggio di lunedi 22 gennaio si è barricato in casa, e dopo aver sparato e ucciso la moglie, ferito 5 passanti, ha rivolto la pistola contro se stesso uccidendosi.

Davanti a tali agiti nessun occhio, nessuna mente può addentrarsi, ma solo accostarsi in punta di piedi per cercare di comprendere ciò che appare incomprensibile. Cosi come altrettanto incomprensibile può sembrare una banale lite che finisce in tragedia. Come quella accaduta sempre lunedi, questa volta a Cava de’ Tirreni, dove due coniugi quarantenni sono finiti per accoltellarsi reciprocamente.   La  donna, Nunzia Maiorano di 41 anni, è deceduta quasi sul colpo. L’uomo, invece, è stato trasportato, in gravissime condizioni, all’ospedale cittadino.

Nessun occhio, dicevamo, nessuna mente può addentrarsi nella mente di chi agisce tali comportamenti, poiché sono i loro vissuti a fungere da ago della bilancia e, in alcuni casi, a mettere in moto quei meccanismi che conducono all’omicidio, al suicidio o, in casi estremi, all’omicidio-suicidio.

Un fatto è certo, in un’epoca di turbamenti come la nostra, la vita quotidiana diventa un esercizio di sopravvivenza. In tale condizione,  l’ “Io” non può che ridursi ad un nucleo difensivo armato contro le avversità e contro tutti, fino a percepirne il pericolo e, quindi, contrarsi.

Lungi dal voler proporre una trattazione scientifica, con questi paroloni non si vuole altro che parlare di “equilibrio” psichico. Lo stesso equilibrio che ciascuno di noi tenta di stabilire nella vita quotidiana. Cos’è l’eccessiva “occupazione di se” se non un tentativo di ricerca di equilibrio che assicuri la propria sopravvivenza psichica?

Detto in soldoni, la preoccupazione per la nostra “identità” rivela l’enorme difficoltà a definire i confini della nostra individualità. Tutto ciò, può sfociare in varie forme di conflitti i quali, se sfuggono al controllo medico e specialistico, conducono l’individuo a gesti estremi. Fattori stressanti come lo stile di vita competitivo, la disoccupazione o un licenziamento improvviso, i numerosi travagli familiari e, a volte, i risentimenti profondi non solo adolescenziali, ma anche degli adulti, contribuiscono a dar forma ad improvvisi comportamenti distruttivi che, sovente, vengono rivolti verso le persone a noi più vicine o verso la società nel suo insieme.

*Docente di Sociologia del Diritto – Criminologo