MA SE ALLA FINE AVREMO UN GOVERNO DI “GRAND COALITION” A CHE SERVE ANDARE A VOTARE?

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Che finisca tutto a tarallucci e vino è l’opinione ormai popolare che si è radicata nella maggior parte, se non nella totalità, dell’esercito di quegli elettori svogliati che si preparano a compiere un atto importante, travestito da azione democratica, che è quello del voto alle prossime politiche. La scandalosa preparazione delle liste, e la più scandalosa legge elettorale, hanno dato il colpo di grazia a chi credeva ancora nella rappresentatività del popolo sovrano.

Com’è cambiata in 72 anni la nostra Repubblica, come sono lontani i tempi dove stringevi la mano al candidato o frequentavi le segreterie politiche, è cambiato tutto, è tutto veloce, troppo veloce. Un esempio è l’ultimo tweet di Giggino Di Maio da Pomigliano d’Arco, che aprendo chiaramente alla possibilità di accordi post elezioni, palesa la pochezza del Movimento 5 Stelle, che da integralista è diventato uguale se non peggio ai loro odiati partiti “tradizionali”. La fuga di notizie sputtanata sideralmente dall’agenzia Reuters, che non è avvezza a pubblicare fake news, sull’intenzione dei pentastellati di chiudere un accordo post voto con PD, Forza Italia e Lega, e alla quale Giggino tenta maldestramente di metterci una pezza a colori, con una dichiarazione che in realtà è una conferma di quella volontà ma solo più melliflua, è la prova che oggi la velocità è diventata il comune denominatore che caratterizza la politica, e non solo. Una specie di politica futurista è quella che stiamo vivendo, dove tutto è veloce, in continua evoluzione, ma che non credo sarebbe piaciuta a Marinetti, come a Balla o a Boccioni. Veloce è la notizia che in un secondo fa il giro del mondo, veloce è il tempo che dura! Le tue grandi esclusive di oggi serviranno ad incartare il pesce di domani – lo diceva Pulitzer, oggi la notizia non è più notizia proprio perché è in continua evoluzione, così come tutto ciò che ci circonda, così come la politica. Fermiamoci, respiriamo, questa è la nostra vita, che nel quotidiano è fatta di piccole cose, di certezze. Non siamo pronti per correre dietro ad un mondo che va molto più veloce di noi. Dovremmo ritornare ad avere la consapevolezza che viviamo nel Belpaese, dove vige la cultura dei ritmi lenti. Insomma viviamo al ritmo di uno slow. Sullo slow mode abbiamo costruito quello che ci rappresenta nel mondo, le nostre bellezze architettoniche, i prodotti enogastronomici, le pratiche burocratiche o le liste di prenotazione al CUP. Insomma nel bene e nel male, siamo italiani. Vogliamo certezze. Tremiamo perché il Silvio nazionale ha avuto un mancamento, anche se poi diciamo di votare per Renzi perché lo vogliamo rottamare. Siamo un popolo di eterni indecisi, e per questo motivo abbiamo bisogno di tempo per pensare. Ci mancano le strette di mano dei candidati, le promesse no (quelle ancora oggi ce ne sono anche troppe), ma ci manca il contatto, le sale d’aspetto delle segreterie politiche, ci mancano i “le faremo sapere”, ci manca la speranza … quella speranza che era il sale della vita, che ti ridava quel falso ottimismo che ti permetteva di andare avanti, magari arrancando, tra sacrifici e delusioni, ma comunque convinto di avere ancora un asso nella manica … quel voto, quella preferenza, un segno su di un foglio di carta che per un breve lasso di tempo ti faceva sentire importante, parte di un progetto, un pezzo di questa Italia.

Il bagatto