I COLLABORATORI VARGAS E VENOSA: “JAMBO ERA DI MICHELE ZAGARIA”

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NUOVA VISITA PSICHIATRICA PER ALESSANDRO FALCO, ACCUSATO DI ESSERE PRESTANOME DEL BOSS SOPRANNOMINATO CAPA STORTA

di Francesco Capo

“Depressione reattiva” non idonea comunque a sfociare in comportamenti psicotici e quindi compatibile con il regime carcerario. Era stata questa la diagnosi del dottore Salvatore De Feo, psichiatra consulente della Procura a seguito della visita medica effettuata il 23 gennaio scorso su Alessandro Falco, l’imprenditore del centro commerciale Jambo accusato di essere un prestanome del boss Michele Zagaria e di aver custodito e gestito, nell’interesse del clan, ingenti somme di denaro. Il rischio di suicidio era dunque stato escluso dal perito.

L’avvocato  Paolo Trofino, difensore di Falco, ha invece esposto al Tribunale un aggravemento della situazione clinica dell’imputato e ha fatto rilevare che lo psichiatra del carcere dove è detenuto Falco ne ha disposto la sorveglianza giorno e notte. Trofino ha chiesto al consulente della Procura se un prolungamento temporale del processo possa esporre il Falco al rischio di suicidio. Il dottor De Feo ha risposto che “i gesti suicidiari sono imprevedibili”, ribadendo che al 23 gennaio questo rischio non c’era.

Il pubblico ministero Catello Maresca, pur domandosi se in poco più di un mese possa essere cambiato il quadro clinico, ha chiesto che venga ascoltato lo psichiatra del carcere. Il giudice Donatiello, Presidente del collegio giudicante, ha infine disposto che venga effettuata una nuova visita, in modo da avere una situazione sanitaria aggiornata e rivolgendosi a Falco ha detto che “è premura del Tribunale fare in modo che il processo termini nel più breve tempo possibile”.

L’udienza è poi proseguita con l’esame di Salvatore Venosa e Roberto Vargas, entrambi collaboratori di giustizia. Sia Venosa che Vargas hanno affermato che il Jambo era di fatto di proprietà di Michele Zagaria e che Falco era un imprenditore legato al boss soprannominato capa storta.

Il dottor Maresca ha interrogato Venosa, facendogli ricostruire le vicende che lo portarono ad occuparsi del centro commerciale Jambo.

Nel novembre 2010, dopo l’arresto di Antonio Iovine, Venosa, in quanto uno dei uomini più anziani, ereditò la gestione di tutti i suoi affari. Lo stesso avvenne per le attività di Michele Zagaria, quando nel dicembre del 2011 quest’ultimo fu arrestato. Fu così che Venosa venne in possesso della lista degli imprenditori taglieggiati dai diversi clan. I soldi versati periodicamente dagli imprenditori servivano a pagare gli affiliati.

Nella lista Zagaria c’era anche il nome di Gaetano Balivo, che insieme ad Alessandro Falco ha fondato il Jambo (Balivo ha scelto il rito abbreviato ed è stato condannato a 14 anni di reclusione. La sentenza è stata appellata ed è in corso, a Napoli, il processo dinanzi la Corte d’Appello).

Sulla lista, scritta a penna, a fianco al nome di Balivo c’era un segno grafico: una “x”. Venosa si pose il problema di capire cosa significasse questa “x”. Massimo Diana, un affiliato del clan Iovine, gli disse che “il Jambo versava tre rate a Pasqua, a Ferragosto e a Natale, ognuna di trentamila euro”. Tuttavia Venosa doveva parlare con qualcuno dei Zagaria. Contattò allora Attilio Pellegrino, uomo di fiducia di Michele Zagaria e organizzò un incontro con Antonio Zagaria, il fratello di Michele.

“All’incontro con Antonio Zagaria – ha detto in aula Venosa – andò Oreste Reccia, un mio pari all’interno del clan”. Antonio Zagaria avrebbe detto a Reccia: “qua non dovete andare. Il Jambo è come se fosse di mio fratello Michele e Balivo è un imprenditore che stava un pò in disgrazia e Michele ha risollevato”.

L’avvocato Trofino ha chiesto a Venosa come mai Jambo pagasse tre rate da trentamila euro pur essendo di Zagaria. Venosa ha risposto che a pagare “non  era Zagaria, ma i negozi presenti all’interno del centro e le imprese di pulizie”.

Il pubblico ministero Maurizio Giordano, che ha curato le indagini con il dottor Maresca, ha interrogato Roberto Vargas, collaboratore di giustizia da maggio 2011.

Giordano ha fatto ricostruire al collaboratore il suo percorso criminale. Vargas iniziò nel 1992 con il clan Bidognetti  e nel 1995 passò con Francesco e Nicola Schiavone, per i quali commise attività estorsive e omicidi fino al 2009, anno del suo arresto. Nel 2008 “dopo gli arresti di diveri affiliati e il processo Spartacus 3, entrai anche nella gestione del clan, con il compito di riorganizzarlo” ha detto Vargas.

A parlargli del centro commerciale Jambo fu Nicola Schiavone: “Michele Zagaria è socio di fatto del centro con Alessandro Falco e Gaetano Balivo e Michele Griffo (l’ex sindaco di Trentola Ducenta sotto processo e difeso dall’avvocato De Stavola, ndr), è stato fatto eleggere più volte da Zagaria”. Fondamentale sarebbe stato, secondo Vargas, il contributo dell’ex sindaco Griffo nello sviluppo edilizio del centro commerciale: “i terreni per ampliare il centro  furono acquistati grazie all’amministrazione Griffo”. “I parcheggi del centro e anche il McDonald era gestito da Zagaria, ovviamente tramite prestanomi”, ha dichiarato il Vargas.

“Perché sentì il bisogno di parlare con Nicola Schiavone del Jambo?” ha chiesto il p.m. Giordano a Vargas. “Nel 2008, quando presi la gestione del clan, Schiavone mi diceva che Trentola Ducenta (dove si trova il Jambo, ndr) apparteneva a Michele Zagaria”, ha risposto Vargas.

“I rapporti tra gli Schiavone e i Zagaria erano di buon viso a cattivo gioco”, ha raccontato il collaboratore di giustizia: “Zagaria aveva messo lo zampino in molte nostre zone ed affari e dovevamo aspettare solo il momento giusto per colpirlo”.

Inoltre “su Trentola Ducenta c’erano i fratelli Cantone, detti i mala pell, che conosco bene perché abbiamo fatto insieme diversi omicidi”, ha rivelato Vargas. “I Cantone erano in origine affiliati a Bidognetti, poi transitarono con gli Schiavone e infine, nel 1997-98, subentrarono con Zagaria”.

L’avvocato Trofino ha fatto emergere in udienza che Vargas ha detto di aver parlato del centro commerciale Jambo e di Alessandro Falco “in diversi precedenti verbali” di interrogatori resi davanti a pubblici ministeri. Tuttavia nelle carte processuali in possesso sia di Trofino che dell’avvocato De Stavola risulta esservi un solo verbale. Anche il p.m. Giordano ha confermato che nel suo fascicolo il verbale è solo uno e si è impegnato con il collegio giudicante a compiere un’ulteriore ricerca nei database per verificare se ci siano altri verbali resi in passato da Vargas anche con altri inquirenti.