di Alessandro Barbieri
Non immaginavo di aver suscitato un interesse particolare con il mio breve intervento sulle ultime elezioni.
Non che non mi faccia piacere, così da poter appagare le mie (spero) piccole tendenze narcisiste, ma ho registrato un vivo interesse sul tema.
La spiegazione che mi sono dato è estremamente semplice.
L’attenzione non è per me o per quanto ha riportato, l’attenzione è nata perché il popolo del PD vorrebbe dire la propria e non riesce a trovare interlocutori.
Un popolo apparentemente silente ma che scalpita per poter parlare.
Allora provo ad interpretare ciò che mi è stato detto, concludendo con una mia personalissima proposta.
Del resto uno dei principi fondanti che ho sempre seguito nella mia vita è quello di ragionare e confrontarmi, soprattutto con chi ha idee diverse dalle mie, per poter meglio comprendere la realtà che ho di fronte per poi decidere cosa fare.
Negli ultimi giorni ho sentito proferire parole sensate solo dai nuovi iscritti del PD quali il ministro Calenda ed Oliviero Toscani, mentre la classe dirigente del PD osserva un silenzio assordante.
Eppure era divenuto il partito dei rottamatori, di coloro che tutto sapevano e che riuscivano ad interpretare il volere degli elettori carichi di una nuova consapevolezza televisiva, di un rinnovato fervore dirigista.
Così tra un proclama ed un programma elettorale roboante si lasciava indietro la base, l’elettorato, il popolo del PD: non vi era più bisogno di ascoltarlo, quel popolo, tanto vi era l’onnisciente segretario che percepiva e traduceva in atti politici l’investitura avuta.
Ricostruita così, la vicenda mi terrorizza, perché mi ricorda l’impostazione totalitaria del secolo scorso.
Spero di sbagliarmi, unitamente a Calenda ed a Toscani.
Tuttavia qualcosa di inquietante continua ad aleggiare.
Il tentativo, disperato, di condizionare nei prossimi mesi l’inizio della legislatura non è confortante.
Ma mentre a Roma si odono gli ultimi colpi di coda di una classe dirigente che si è – incredibilmente – autorottamata, nelle nostre terre nulla accade.
Da più parti i miei vecchi compagni di avventura politica mi segnalano che le classi dirigenti in altre regioni, prendendo atto di quanto accaduto sul loro territorio, stanno rimettendo alle assemblee locali le loro dimissioni favorendo, così, un franco confronto tra gli iscritti.
Non conosco cosa stiano facendo gli esponenti locali del PD ma, nel mio piccolo, mi sento di poter suggerire un percorso minimo di rinascita, essendo convintamente appartenente al centrosinistra che non ho mai abbandonato, anche quando sembrava tutto perduto.
Convochino assemblee pubbliche ed aperte, riconcilino gli elettori di centrosinistra in un nuovo e rinnovato assetto democratico, ascoltino quella che viene chiamata volgarmente la base.
Tornare tra la gente, aprire sedi dove discutere, iniziare finalmente a risolvere concretamente problemi senza fare proclami potrebbe essere un gran bel passo in avanti.
Ascoltino, insomma, il Popolo Democratico…prima che sia troppo tardi.