di Alessandro Barbieri*
Come è a Voi noto non sono “politicamente” indifferente.
Non ho alcuna simpatia per il governo pentaleghista e penso, alla luce dei provvedimenti presi, che rapidamente riporterà l’Italia sull’orlo del precipizio.
Provvedimenti presi “o la và o la spacca”, come ad esempio il reddito di cittadinanza, significa non aver alcuna idea di come si possa gestire non dico una nazione ma neanche casa propria.
Avevo, tuttavia, sperato alcuni anni orsono che l’avanzata grillina avesse fatto riflettere i dirigenti del partito democratico.
Ero convinto, dopo le lezioni dell’anno 2013, che fosse chiaro il messaggio che proveniva dall’elettorato sulla necessità della creazione di una nuova classe dirigente, preparata e seria, che potesse affrontare la nuova globalizzazione che stava distruggendo la classe media europea.
Invece è sorto il renzismo.
Fenomeno evolutivo del più noto berlusconismo.
Le similitudini sono inquietanti.
Parole al vento, attività verbali-muscorali in evidenza soprattutto televisiva, inconsistenza allo stato puro e, per non farci mancare nulla, distruzione politica e personale del dissenziente.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: basti scorrere le liste degli attuali parlamentari del partito democratico.
Mi sono domandato se la lezione impartita l’anno scorso dall’elettorato al renzismo sia stata recepita.
Ne dubito seriamente.
Tuttavia mi ha confortato aver notato che durante le ultime elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna i candidati di centrosinistra abbiano chiesto – esplicitamente – di non ricever visite “sgradite” da presunti leader nazionali.
Sintomi di intelligente resipiscenza o, viceversa, strategia carsica di inabissamento per la serie “a volte ritornano”?
La domanda me la sono posta quando ho realizzato che – qualora si decida di votare alle primarie di domenica prossima – i nostri comportamenti potrebbero essere equivocati.
Molti hanno contribuito alla nascita del partito democratico e molti hanno assistito – attoniti – al suo continuo logoramento, senza avere la possibilità di poter offrire un proprio contributo, rispediti continuamente al mittente da un gruppo dirigenziale autorefenziale ed impermeabile ad ogni apertura alla società civile.
La fase di trasformazione di un partito nato dalla fusione di diverse idee politiche, tutte accomunate da un reale spunto progressista e democratico, ma divenuto velletariamente elitario, spero si sia conclusa.
Tale speranza in molti si tradurrà nel recarsi presso i gazebo domenica a votare, come ho deciso di fare anch’io.
Voteremo in molti per dare un contributo al cambiamento, sperando che poi non ci sia una normalizzazione romana.
Stavolta – sono sicuro – non incontrerò esponenti di destra, come mi è capitato l’ultima volta che votai nelle fase prerenzista.
Sempre che riesca a scoprire dove andare a votare…!