L’AQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICA

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di Andrea Zippapanoramica laquila LAQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICAIl silenzio, alcune volte, può essere assordante!

È il silenzio del dolore, delle ferite, dell’afflizione, dell’abbandono, di chi ha perso tutto ma, di certo, non la dignità.

Un silenzio che porta con sé più di mille parole e che riesce ad abbattere le resistenze, anche le più forti, proveniente da altrettanti silenzi nati da discorsi gravidi di grandi promesse che si risolvono poi in false speranze e disillusioni per i cittadini comuni.

Un silenzio che ha la forza di un urlo sovrumano, di chi ha voglia di rialzarsi e di rinascere, di tornare a vivere e non più sopravvivere, abbattendo l’indifferenza generale.

Sono ormai passati dieci anni da quel tragico 6 aprile, una data impressa nelle menti di tutti noi, che ha aperto una profonda ferita, per l’Abruzzo e per l’Italia in generale, non ancora rimarginata. La terra trema a L’Aquila e, nel bene e nel male, nulla sarà più come prima.

È una tranquilla domenica sera d’inizio primavera: la vita notturna scorre regolare nella solita movida giovanile dei fine settimana; superata abbondantemente la mezzanotte, come di consueto, i commercianti cominciano, ad uno ad uno, ad abbassare le serrande, le insegne si spengono, le strade si svuotano e si ritorna a casa nell’attesa del lunedì successivo e dell’avvio di una nuova settimana di lavoro; nessuno avrebbe mai potuto immaginare che l’alba di quel lunedì non avrebbe mai visto il familiare gorgoglio del caffè che sale, il suono degli sbadigli assonnati degli studenti, il ticchettio delle suole che fanno risuonare le strade del centro: alle 3.32 tutto si blocca in una sospensione tra morte e vita. Sono bastati solo pochi, interminabili secondi perché tutto divenisse polvere, la città venisse ribaltata e cessasse di esistere come è stata conosciuta fino a quel momento. Alla scossa della notte tra 5 e 6 aprile di magnitudo 5.9 della scala Richter, avvertita, addirittura, fino a Napoli, si susseguono nei giorni successivi altri eventi sismici. Il bilancio finale è tragico: 309 vittime, alcune delle quali sorprese nel sonno, e 1178 feriti, oltre 65 mila sfollati e innumerevoli danni economici e al patrimonio storico-artistico del Paese a causa della completa distruzione del centro storico aquilano e dei paesi limitrofi, alcuni dei quali divenuti paesi fantasma; è questo 20190405 153025 839759A4 LAQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICAil caso di Onna, frazione de L’Aquila, che ha, purtroppo, il maggior numero di vittime del terremoto, 40, a fronte di una popolazione di 340 persone: il borgo, già spopolato prima del terremoto, non ha conosciuto neppure un ripopolamento dato l’alto numero di edifici distrutti e non più ricostruiti, tanto che dei 21 cantieri previsti, ne sono stati avviati solo 6 e completati solo 3, tra cui quello della chiesa di San Pietro Apostolo ricostruita, tra l’altro, da un team tedesco.

Ulteriore elemento di fastidio è lo sciacallaggio che viene compiuto su una simile situazione: infatti, sono acclarati alcuni episodi vergognosi che vanno dal furto di oggetti di valore tra le macerie al furto di generi alimentari senza dimenticare la vendita di prodotti di prima necessità a prezzi enormemente maggiorati: tutto ciò ha richiesto l’intervento dell’esercito a presidiare le zone colpite dal sisma; si sono avuti, inoltre, anche casi di sciacallaggio telematico, false raccolte fondi per le vittime e persino il caso di falsi appartenenti alla Protezione Civile che invitavano a Roma e a Tempera, paese in prossimità de L’Aquila, ad abbandonare le proprie case, causa imminente terremoto.

Accanto a queste situazioni così ignobili è da segnalare, tuttavia, la grande generosità degli italiani che va dalle raccolte fondi agli aiuti concessi dalle compagnie telefoniche, dai broadcaster, da varie organizzazioni e compagnie come Ferrovie dello Stato e Poste Italiane, nonché dai paesi esteri. Immediato è stato anche l’intervento delle forze dell’ordine che hanno garantito piena collaborazione agli sfollati e aiuti di vario genere sin dalle prime ore seguite al sisma. La Protezione Civile ha immediatamente mappato l’area ed effettuato controlli di agibilità sugli edifici, stabilendo la zona rossa, resa inaccessibile ai cittadini, corrispondente al centro storico aquilano.

Sin dai giorni successivi all’evento, per eliminare le tendopoli che sono state impiantate nell’area provvisoriamente, il governo Berlusconi IV propone la costruzione della cosiddetta “New Town” aquilana, una serie di nuovi edifici progettati come antisismici da installare nelle zone periferiche alla città: ed è allora che cominciano i problemi. Infatti, la popolazione locale si oppone ampiamente al progetto, temendo un abbandono del centro storico; si aggiunge a ciò la volontà del governo di affidare i lavori ad aziende del Nord Italia, ritenendo che le imprese locali non fossero idonee o adatte a sostenere i lavori.

Delle nuove strutture abitative progettate ne verranno realizzate 19 che ancora oggi sono presenti e in funzione; tuttavia, bisogna sottolineare come intorno ad esse non vi sia praticamente nulla: 1478329933097.JPG terremoto  a l aquila il miracolo delle case di silvio berlusconi LAQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICAsono le classiche cattedrali nel deserto, prive di qualsivoglia spazio di socialità e ridotte, praticamente, a trovarsi parte di interi quartieri dormitorio; in più, alcuni di questi edifici mostrano danni dovuti a infiltrazioni, cedimenti strutturali, costruzione con materiali scadenti e necessitano di pesanti costi manutentivi; da ricordare.ED img16282769 1 LAQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICAUlteriori problemi sono causati dalla difficile fase della ricostruzione: a causa del milione di tonnellate di macerie nel centro storico non è stato possibile rimuovere nell’immediato i resti, tanto che, al giorno d’oggi, la cosiddetta “zona rossa” non è stata completamente riaperta e si assiste ancora al puntellamento degli edifici pericolanti; a ciò si aggiunge che la ricostruzione della gran parte dei monumenti storici è stata affidata a ditte private perché ritenute più sicure (ciò che in seguito, non si rivelerà tale, dato l’arresto di 7 imprenditori impegnati nella ricostruzione privata, accusati di trattare con la camorra per ottenere maestranze low cost) a fronte dei fondi pubblici che risultano perduti o congelati. Tra l’altro, sono state aperte anche diverse inchieste per gli edifici collassati, alcune delle quali conclusesi con arresto per crollo colposo o omicidio colposo, dal momento che le strutture non rispettavano le norme antisismiche. A tutt’oggi si assiste ad un curioso caso: le periferie sono praticamente completate mentre il centro storico appare spopolato e ancora in fase di crollo; critica, in particolare, è la laquila LAQUILA: IL SILENZIO CHE NON DIMENTICAsituazione degli edifici scolastici dato che, nonostante i fondi, sono state ricostruite solo due scuole e per di più private, laddove la gran parte degli studenti è costretta a frequentare i corsi nei MUSP (Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio), strutture in lamiera impiantate originariamente in forma momentanea nel 2009 e destinate a sopravvivere solo per un breve periodo di tempo. Degna di nota è, soprattutto, la situazione dell’istituto Cotugno che ha del paradossale: gli studenti vengono fatti rientrare in un edificio del centro storico che, tuttavia, si rivelerà inagibile; a questo punto c’è un nuovo sfratto del personale e degli allievi e le lezioni trasferiti come ospiti di altri istituti scolastici finché al Cotugno non saranno assegnati addirittura cinque MUSP, con il piccolo dettaglio che essi sono sparsi in giro per la città.

Insomma, dieci anni sono passati ma la situazione sembra essere ancora critica e la ricostruzione al di la dal concludersi. In tutto questo però è da segnalare la grande, incommensurabile forza d’animo dei cittadini aquilani, la loro voglia di tornare alla normalità e di abbandonare parole come “provvisorio” e “stato di emergenza”, combattendo tale battaglia in un silenzio pregno di coraggio e dignità, sfidando il silenzio ipocrita delle istituzioni.

Questo perché L’Aquila è viva e respira e ha tanta voglia di tornare a volare!