INTERPORT, IL DEPOSITO DEI VELENI VIENE SEQUESTRATO DALLA GUARDIA DI FINANZA

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LA STRUTTURA SI TROVA A SESSA AURUNCA MA È GESTITA DA UN’AZIENDA DI GAETA

       di Salvatore Zinno     –        INTERPORT sequestro INTERPORT, IL DEPOSITO DEI VELENI VIENE SEQUESTRATO DALLA GUARDIA DI FINANZA

È la Interport di Sessa Aurunca l’azienda finita nel mirino della Procura della Repubblica di S. Maria C.V., che per il tramite dei finanzieri della Tenenza di Sessa che hanno condotto le indagini è risultata artefice di inquinamento di corpo idrico superficiale e disastro ambientale.

La Interport con sede a Gaeta ha un deposito logistico a Sessa Aurunca, nei pressi del ponte sul Garigliano dove viene stoccato il famigerato pet-coke, lo scarto della raffinazione del petrolio che viene utilizzato per lo più come combustibile negli altiforni delle industri cementiere.

Il lavoro dei finanzieri guidati dal Luogotenente Feole, è stato attento e scrupoloso, nei giorni scorsi hanno rivoltato tutto il perimetro aziendale controllando anche le aree esterne, ed è proprio fuori dai confini del deposito che è stata scoperta la fonte inquinante. Infatti le attività di lavaggio dei piazzali o di bagnatura dei cumuli stoccati all’aperto di pet-coke, messe in atto dal personale Interport, facevano si che le acque residue confluissero in un canaletto di scolo e senza depurazione o filtraggio scaricavano in un canale di bonifica e da questo direttamente al vicino fiume Garigliano e di lì nel mare a pochi chilometri da Baia Domizia.INTERPORT finanza INTERPORT, IL DEPOSITO DEI VELENI VIENE SEQUESTRATO DALLA GUARDIA DI FINANZALa Interport, per chi è conoscitore della materia, è da anni al centro di grosse polemiche per il tipo di materiale che commercia. Le associazioni ambientaliste locali e del basso Lazio hanno spesso tentato di sollevare il problema dell’inquinamento ambientale senza ottenere grossi risultati. Ricordiamo le campagne portate avanti dal circolo Legambiente di Sessa Aurunca e quelle tentate anche da Paola Villa – ambientalista formiana, oggi Sindaco della cittadina laziale che subisce il passaggio dei camion di pet-coke dal porto di Gaeta al deposito di Sessa.

Ci sono state anche delle interrogazioni parlamentari e di recente un’interrogazione al Presidente della Giunta Regionale della Campania Vincenzo De Luca, da parte del cons. reg. Vincenzo Viglione del gruppo del M5stelle. Tutte concluse senza ottenere alcun risultato.

Lo scoramento degli attivisti ambientali è sempre stato alimentato dal sospetto che il gruppo Intergroup che controlla la soc. Interport, fosse troppo “potente” politicamente da sopire qualsiasi protesta.

Circostanza concretizzatasi fino ieri, a quando i finanzieri della Tenenza aurunca non hanno caparbiamente investigato a fondo sulle attività dell’azienda, scoprendo lo scarico illecito.

Ma di preciso a cosa serve questo deposito di pet-coke?

Come detto, il materiale è utilizzato negli altiforni come combustibile a buon mercato in luogo del carbon fossile; il deposito logistico di Sessa Aurunca, stocca il combustibile per la Italcementi di Colleferro (in provincia di Frosinone) e per la Colacem di Sesto Campano (in provincia di Isernia), due cementifici che sono già nell’occhio del ciclone nelle loro zone per le emissioni in atmosfera giudicate nocive; a questo si aggiunge anche l’inquinamento che l’area aurunca subisce per favorire due attività industriali che non hanno niente a che vedere con il territorio.

Al danno anche la beffa di subire l’inquinamento dei corpi idrici, solo per il tornaconto di industriali che fanno profitti altrove.

INTERPORT Nicola Di Sarno INTERPORT, IL DEPOSITO DEI VELENI VIENE SEQUESTRATO DALLA GUARDIA DI FINANZACui Prodest, si dirà?

Sicuramente il giochetto, giova a Nicola Di Sarno l’imprenditore dominus del gruppo Intergroup che gestisce la quasi totalità delle movimentazioni merci del porto di Gaeta, dove viene scaricato il pet-coke poi stoccato a Sessa e quotidianamente trasferito ai cementifici laziali e molisani a seconda del loro fabbisogno giornaliero. Il perché è semplice: pochissimi porti in Italia autorizzano lo scarico di questo vero e proprio veleno, Gaeta “casualmente” è tra questi e Di Sarno si è organizzato con un bel business trasformando un terreno di famiglia nelle campagne sessane in deposito strategico nazionale per servire i propri clienti fuori regione.

A questo punto, si dovrà stabilire quale seguito vorrà dare la Procura sammaritana, al lavoro portato avanti dai finanzieri sessani.

Si riuscirà a mettere la parola fine allo scempio ambientale che la Interport da decenni perpetra sul territorio aurunco o i poteri forti dell’industria e del profitto commerciale vinceranno di nuovo?

La sfida è tutta aperta ma i finanzieri hanno segnato un ottimo punto di vantaggio…