“IL DISCORSO DEL RE”: UN RE NATO UOMO 

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%name “IL DISCORSO DEL RE”: UN RE NATO UOMO Colin Firth interpreta Albert “Bertie”, secondo figlio del re Giorgio V. Il vero rampollo della famiglia reale è suo fratello, ma la sua indole irrequieta porta Albert a diventare sovrano, con il nome di re Giorgio VI. Tra le varie incombenze e responsabilità che comporta il titolo reale, c’è l’arte oratoria: il re deve, infatti, tenere discorsi al pubblico. E non solo, deve trovare l’ispirazione necessaria per guidare la sua nazione contro la Germania nazista (corre l’anno 1939). La balbuzie di Albert, che fino ad allora non costituiva un problema imprescindibile, ora si presenta come un vero e proprio ostacolo per la sua vita e per quella del popolo che deve rappresentare. Lionel Longue (Geoffrey Rush) è l’unico in grado di aiutarlo: i suoi metodi sono insoliti, non derivano da studi accademici, ma sono anche gli unici efficaci. Tra i due si instaura un legame basato su scontri e furiosi sfoghi di frustrazione, ma fondato anche su sintonia ed empatia. il discorso del re recensione film 1140x760 1 scaled “IL DISCORSO DEL RE”: UN RE NATO UOMO Tom Hooper dirige con raffinatezza un Colin Forth all’apice della sua potenza espressiva. Il regista si concentra sul vissuto del protagonista, facendo emergere le sue fragilità più nascoste, il suo senso di impotenza nel non riuscire ad esprimere con sicurezza i pensieri che invece si presentano ben delineati nella sua mente. Albert è convinto che la sua balbuzie dimostri la sua inadeguatezza nel ricoprire quel ruolo. E allora come mai, tra i tanti luminari a cui si è rivolto, solo Lionel Longue è riuscito ad aiutarlo? Perché ha conquistato la sua fiducia. Lo ha incoraggiato a costruire e rafforzare la sua autostima, a riprendere il controllo della propria vita, e a vincere prima la guerra con le parole e poi quella contro la Germania di Hitler. Perché a volte si ha bisogno che qualcuno credi in noi prima ancora di noi stessi. “Il discorso del re” è, dunque, anche il racconto di una grande amicizia, al di là delle barriere sociali. Longue non è, infatti, realmente un logopedista, il suo è piuttosto un dono: dopo aver aiutato i reduci di guerra a riacquisire la propria umanità e -di conseguenza- anche la propria sicurezza nel parlare, è ormai esperto nel riuscire a comprendere le cause di questo problema. Per i soldati era il trauma ad impedirgli di parlare, nel caso di Bertie il suo senso di inferiorità nei confronti della sua famiglia.Il discorso del Re Colin Firth Geoffrey Rush foto dal film 1 big scaled “IL DISCORSO DEL RE”: UN RE NATO UOMO Nonostante le ragioni di Stato, gli uomini sono tutti uguali nei confronti delle proprie debolezze. Un impedimento comunicativo costituisce un enorme ostacolo per un re, ma anche per qualsiasi altra persona. E se spesso si immaginano i reali come esseri irreprensibili, agiati in ogni aspetto della loro vita, sono in realtà semplicemente persone comuni. L’insicurezza può bloccare persino un re, e il suo bisogno di sentirsi all’altezza di essere definito re dimostra la sua umiltà: ci si può allora affidare e immedesimare in un re che prima di definirsi tale si mostra solo come uomo. Il suo problema di balbuzie diventa il discorso del re alla radio 1080x600 1 scaled “IL DISCORSO DEL RE”: UN RE NATO UOMO allora un’opportunità di dimostrare a se stesso e al suo popolo di essere degno di essere incoronato. “Il discorso del re” -una pellicola insignita da una marea di premi- è una storia di rivalsa che non si impone sullo schermo con prepotenza ma con eleganza, e in cui al di là delle problematiche conosciute dai più, si sofferma sull’interiorità di un uomo. Il film di Tom Hooper è un inno alla voce, a riuscire a distinguere i momenti in cui le parole devono essere gridate da quelli in cui bisogna saperle proferire delicatamente, quasi sottovoce.

Mariantonietta Losanno