ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA ALL’ESPERTO ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA (XI puntata)

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    –     Domande di Francesca Nardi    –     

Saranno le immagini sfocate di un tempo e la firma sbiadita di un grande giornalista a ricordare i silenzi, i disegni di qualcuno, le intenzioni recondite di altri ed infine l’inizio di una battaglia che forse è ancora in corso ed illuminerà i tramonti fino al raggiungimento della verità. L’immagine è quella di un vecchio articolo di giornale e la firma è quella dell’indimenticabile Mario Iannotta.%name ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA ALL’ESPERTO ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA (XI puntata)

Dottore Scorciarini Coppola, in una puntata precedente ha accennato all’impegno che profuse nella vicenda Q8, la raffineria petrolifera che a metà degli anni ’90 si tentò di insediare in provincia di Caserta. Vuole ricordare cosa accadde?

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Alessandro Scorciarini Coppola

“Alla fine del 1994 si iniziò a parlare dello spostamento della raffineria petrolifera Q8 da Napoli alle campagne tra Pastorano e Pignataro, praticamente in mezzo al fior fiore degli allevamenti bufalini e non solo visto che le celebri acque minerali di Riardo sono lì a un tiro di schioppo e tutto intorno è un vero giardino a perdita d’occhio di alberi da frutta e ortaggi di ogni genere. Un assurdo solo averlo immaginato e proposto. L’allontanamento dal Vesuvio e dalla Urbs napoletana prevedeva l’ovvio l’aggiramento della stessa con un oleodotto che non poteva passarci in mezzo tant’è che, alla fine della vicenda, si parlò addirittura di Villa Literno. Montò subito una generale protesta e si formò un comitato di zona che provvide a bloccare l’Autostrada dando risalto nazionale alla cosa. Gli incontri di ore e ore sul tema susseguivano a ritmo convulso da un tavolo all’altro, in Provincia, in Regione, in Prefettura, in Parlamento e in altre sedi istituzionali e non. Mi ritrovai con buona parte della settimana assorbita dalla questione visto che il maggior danno l’avrebbe subito il comparto bufalino nei confronti del quale, si sa quanto io sia critico per via del fatto che lo sviluppo, sia per vari motivi tenuto a freno, ma se oggi ci fosse per qualche motivo da organizzare nuovamente una difesa mi getterei come allora nella mischia. Tornando al fatto, si comprese subito che la politica non sapeva che fare, se assecondare le realtà economiche e le vocazioni storiche del territorio oppure cedere alla spinta dei sindacati e delle masse operaie strumentalizzate. La pretesa di alcuni era quella di mettere insieme bufale e petrolio e non rinunciare ai 500 posti di lavoro che l’opera ciclopica avrebbe impegnato e ai tanti che per cinque anni avrebbero trovato occupazione per erigere il manufatto. Per altri risultò subito chiaro che si trattasse di una impresa impossibile; un minestrone immangiabile. Non erano pochi i favorevoli e, ancor peggio, gli ondivaghi che si aggiravano nel Ministero dell’Ambiente, intorno l’area PdS e in minor parte nel centrodestra ma erano ben contrastati dal partito del NO. Questo era formato dagli agguerriti e appassionati parlamentari casertani di AN Nicolò Cuscunà, Mario Landolfi e Vincenzo Simonelli che ottennero pure una audizione alla Camera dei Deputati alla quale partecipai, dal Vescovo di Teano Francesco Tommasiello e dal Presidente della Commissione Agricoltura e Turismo e Attività Produttive della Regione Campania, Enzo Cappello il quale, nonostante occupasse un posto di rilievo di una maggioranza PPI per certi versi favorevole al progetto, agì secondo coscienza e fu di ostacolo. Tra i tanti episodi ricordo una riunione in Regione nella stanza del Consigliere Cappello col Vescovo Tommasiello che sfoggiava senza timore appesa al petto una grossa e pesante croce d’oro incurante che si dovesse fare poi ritorno nei bui e isolati garage sotterranei a riprendere le auto e, a quel tempo, non c’erano le telecamere di sorveglianza come oggi. Non seppi tacere e al momento del commiato dissi qualcosa del tipo “…Eccellenza, c’è solo l’autista con Lei, faccia attenzione che potrebbe attirare un male intenzionato. Magari si scende tutti insieme così la scortiamo fino all’auto” (ero lì con due noti esponenti del mondo bufalino, il dott. Alfredo Jemma e l’avv. Roberto Auriemma che vedevano le loro aziende e il lavoro di decenni messi a rischio). E lui “… grazie ma non preoccupatevi di me, il Signore mi protegge sempre”.

Gli aspetti peggiori da combattere furono, quindi, il pressapochismo e la scarsa chiarezza per cui, mentre chi era favorevole gettava sul tavolo i posti di lavoro accompagnati da una lunga serie di rassicurazioni, chi era contrario cercava a suo modo di dire qualcosa e trovare motivi per dimostrare la pericolosità del progetto ma, non essendo preparato in nessuna specifica materia, ogni dire risultava vano e la Q8 sempre più vicina. Insomma, parlavano tutti tranne i tecnici specializzati salvo il caso del Vescovo Tommasiello che da esperto, da tecnico dell’anima e della natura dell’uomo, trovò subito le parole giuste per il suo campo d’azione. Un dibattito che trattava un problema molto serio che presupponeva anche la rispettabile certezza di un lavoro per molti e il rischio per altri senza mai citare dati tecnici precisi e senza che ci fosse mai la partecipazione attiva di esperti e scienziati a differenza di quanto noi tutti abbiamo potuto oggi rilevare per la vicenda del Coronavirus. Dissi pure che se la Regione si fosse affidata a una scolaresca si sarebbe potuta avere tra le mani una “ricerca”, di quelle che molti hanno svolto al tempo della scuola, per far trovare la politica un passo avanti per fare la sintesi e decidere.

Ed è qui che mi venne l’intuizione e il merito che mi fu dato: mettere insieme dei tecnici me compreso per preparare un documento che illustrasse i perchè del NO alla raffineria. Le riunioni avvennero a casa mia con mamma che faceva trovare dolcetti e bevande calde agli illustri ospiti. Questi erano i professori di Medicina Veterinaria Giovanni de Franciscis e Adelchi Vaccaro, il veterinario dottor Pasquale Campanile Castaldo e il direttore della Associazione Allevatori di Caserta, il perito agrario Adrianio Paolella. Si aggiunsero, poi, al gruppo un geologo e un ingegnere chimico che aveva lavorato nella raffineria di Livorno conosciuto e subito cooptato a uno dei convegni e che fu determinante ma di cui, come per il geologo, non rammento, purtroppo, il nome.

Gli incontri ci portarono a comprendere, tra gli altri, uno degli aspetti fondamentali della vicenda che erano i lavori dei 50 e più km di oleodotto che sarebbe stato necessario realizzare per collegare il petrolchimico al porto di Napoli. Era quello, poi  si capì, non la raffineria, l’interesse di chi spingeva a favore della realizzazione. Un oleodotto non sono dei tubi che viaggiano nel terreno come fino a quel momento si era lasciato intendere ma un imponente manufatto in cemento armato che quegli enormi tubi li contiene al suo interno che è tutta un’altra cosa. Sarebbe stato sventrato il territorio per tutta la lunghezza dell’autostrada e poi attraverso le campagne per raggiungere la raffineria con rischi enormi di sversamenti causati dalla incuria della manutenzione che certamente non sarebbe mancata.

Alle nostre motivazioni aggiungemmo quelle del Vescovo Tommasiello che avevo curato di annotare. Da tutto ciò uscì il documento “I 50 perché nel NO alla Q8” che ruppe gli schemi fino a quel momento costituiti spostando verso l’alto il livello del dibattito. Gli argomenti addotti spaziavano dall’arbitrio e l’arroganza con cui si portava avanti la proposta, ai costi sociali che ne sarebbero scaturiti; dagli aspetti legati ai vari tipi di inquinamento, ai danni per il sottosuolo dovuti alla forte attinzione idrica necessaria a un impianto lontano dal mare oltre, poi, naturalmente i punti specificatamente legati alla agricoltura, alla zootecnia, alla agroindustria, alle acque minerali e al turismo per finire alla occupazione. Tutti aspetti che avrebbero subito un danno irreparabile. Ci fu l’audizione al Parlamento di cui prima ho detto e circolò voce, a un certo punto, dell’invito a un incontro scontro televisivo al Costanzo Show che in quel periodo dedicava delle serate che qualcuno forse ricorderà chiamate “Uno contro tutti”. E’ passato da allora molto tempo e non ricordo i termini precisi di questa parte della vicenda, fatto sta che dal momento in cui si palesò che la questione finisse in TV, i dirigenti della raffineria, come si dice, levarono mano, cioè tolsero l’incomodo e si diressero altrove, credo in Sicilia, in un sito posto direttamente sul mare, forse Milazzo dove non ci sarebbe stato nessun bisogno di costruire un oleodotto”.