OGGI SPOSI! 

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    –     di Massimo Moscarella     –        donna scaled OGGI SPOSI! 

Per molti il giorno più bello è quello della nascita del primo figlio, e non nego che anche a me piacerebbe diventare padre, ma per ora mi accontento: domani prenderò in moglie la ragazza più bella e brava che abbia conosciuto.

Luisella.

Dunque per me sarà domani il giorno più bello della mia vita.

Questo non perché in Italia, paese da sempre ipocrita e bigotto, sia stato abbattuto un muro.

No.

Quel muro, infatti, al momento appare insormontabile, però io e Luisella siamo stufi di aspettare, e ci sposiamo lo stesso.

Lo faremo alla presenza dei nostri amici, visto che lei i suoi genitori praticamente non li ha mai conosciuti, e i miei parenti mi hanno tutti voltato le spalle diversi anni fa.

La cerimonia è fissata per le dodici e trenta, e sarà il vecchio Brando a celebrare il rito.

Luisella ed io ci prometteremo amore e fedeltà eterni nella piccola piazzola dei giardini pubblici, in attesa che si decidano ad approvare una legge che consenta a quelli come noi di sposarsi con tutti i crismi davanti all’ufficiale dell’anagrafe comunale.

In verità non è che speri molto in un provvedimento del genere, considerato che ci vollero un sacco di discussioni per concedere a gay e lesbiche il diritto sacrosanto di sposarsi fra di loro.

Tre mesi fa sembrava che fosse arrivato il momento anche per me e Luisella: in un’intervista al Corriere, Michela Vittoria annunciò la presentazione di un disegno di legge che sembrava fatto apposta per noi. Purtroppo un’associazione di famiglie cristiane si mise subito di traverso, dichiarandosi pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale, e mandò tutto all’aria.

Mi ricordo bene le polemiche di quei giorni, che furono anche più accese di quelle che a suo tempo innescò, nelle sedi istituzionali e nelle piazze la legge Cirinnà, che stabiliva le regole per le cosiddette unioni di fatto, ed equiparava le coppie omosessuali a quelle etero.

Anche se il problema non mi coinvolge personalmente, credo che quella legge sia monca, e che ai danni di gay e lesbiche si operi ancora adesso una grande discriminazione: quella di non poter fare i genitori. Si nega ai gay la gioia di diventare padri con il solo pretesto che i loro compagni non possono partorire. Questo perché, secondo i moralisti, un uomo non può portare in pancia un figlio per nove mesi o giù di lì. Un discorso simile lo fanno con le donne: una non deve fare il figlio con un’altra solo perché non può metterla incinta!

E allora la fecondazione artificiale e gli uteri in affitto che li hanno inventati a fare?

I baciapile dicono pure che un bimbo con due padri o con due madri si confonde.

Ma si confonde di che?

Io ho sempre pensato che sia meglio avere due padri onesti, che un padre normale e una madre zoccola.

E sono meglio due mamme serie, che una mamma accoppiata a un padre puttaniere!

Adesso lasciamo stare queste cose e parliamo del problema mio e di Luisella, che si presenta anche più difficile da risolvere.

Perché io e Luisella, secondo il parere di certa gentaglia ignorante, non siamo una coppia bene assortita.

Quanto soffro per questa discriminazione!

O meglio, quanto SOFFRIAMO, Luisella ed io.

La mia fidanzata è bella. Anzi è bellissima. Ma per certe brutte facce di culo, non è perfetta.

Tutto perché lei, secondo gli standard ottusi e intolleranti fissati da gente malata, ha un grave handicap: non parla la lingua italiana.

Chiaramente questo è quanto pensano loro, perché con me Luisella parla una lingua comprensibilissima. Io la capisco benissimo.

Un prete ebbe l’ardire di affermare in chiesa che fidanzandomi con Luisella, io avevo compiuto un abominio.

Parlò di peccato mortale, quel fetente. Non fece il mio nome durante la messa, però tutti capirono a chi fosse indirizzata l’antifona, e un sacco di gente mi tolse il saluto.

Denunciai il prete per calunnia, ma non trovai un solo magistrato disposto ad andare in fondo alla cosa.

Il mio nome – così mi fu spiegato – non era stato fatto, dunque non c’era nulla di cui avrei dovuto offendermi.

L’umanità faceva un salto all’indietro di sei secoli, ed io non dovevo ritenermi leso nei miei diritti di galantuomo!

A volte ho la sensazione che la gente abbia dimenticato il significato della parola  Amore.

Soprattutto certi personaggi che ricoprono delle cariche istituzionali, mi trasmettono quell’impressione.

Anche in mezzo a loro ci sono delle eccezioni, per carità, però le voci che cantano fuori dal coro, come quella della cara Michela Vittoria, sono isolate.

Mi sento tremendamente incompreso, e nel passato più di una volta ebbi la tentazione di farla finita.

In ufficio ero fatto bersaglio di scherzi volgari, e spesso rischiai di perdere la testa. Furente com’ero, ci avrei messo poco ad afferrare un collega, uno qualsiasi, e a stenderlo a suon di pugni e calci, ma per fortuna capii che se avessi reagito con la violenza, non avrei trovato che guai. Quei cavernicoli si aspettavano proprio che io dalla ragione passassi al torto, così i capi avrebbero avuto una buona scusa per licenziarmi. I vermi puntavano sicuramente al mio annientamento, ma seppi tenere i nervi a posto e non gliela diedi vinta.

La forza me la dava il pensiero della mia Luisella e la speranza che qualcuno si decidesse a fare una legge che ci concedesse di amarci alla luce del sole.

Come è andata a finire la proposta di legge di Michela Vittoria, l’ho già spiegato, però nel frattempo sul lavoro hanno smesso di rompermi le scatole. Dubito che approvino le mie scelte, ma la cosa importante è che ora possa fare le mie cose con tranquillità e, finito l’orario, lasci quel manicomio e torni da lei che mi aspetta.

Lei.

Il mio unico amore.

Luisella.

Dopo aver cenato insieme, quella che domani diventerà mia moglie mi fa le coccole e a me passa un po’ di nervosismo. Poi guardiamo la televisione. Io le accarezzo la schiena, e puntualmente mi viene voglia di coricarmi con lei.

Non sempre è possibile, però, perché Luisella è fatta a modo suo.

Ma io so aspettare, perché non sono un animale da monta che pensa solo ad accoppiarsi.

Luisella l’amerei anche se lei smettesse di concedersi del tutto a me.  Dicono che l’istinto nelle questioni di sesso la faccia da padrone, ma io non ci credo. Luisella, tanto per dire, dopo avermi conosciuto non ha più dato tanta confidenza agli altri maschi.

Le sere che non facciamo l’amore (cioè la maggior parte delle volte, purtroppo), prendiamo sonno sul divano e non riusciamo a scoprire come termina il film che stavamo guardando.

Talvolta di notte mi sveglio di soprassalto con il cuore che va a mille; allora Luisella, comprensiva e paziente, sospira, mi si fa più vicina e questo basta a tranquillizzarmi.

Però in certi momenti mi pare che il nostro sia un rapporto senza un futuro, e mi deprimo di brutto.

Da quasi dieci anni, cioè da quando mi sono fidanzato con la mia Luisella, mi sento come su un’altalena. A certi periodi di felicità ne seguono altri di sconforto. Il nostro amore è fuori discussione, sia chiaro: sono le persone cattive a causarmi tanto disagio.

A Luisella sembra che le critiche della gente non facciano né caldo né freddo, e vive con spensieratezza il nostro rapporto.

In fin dei conti questa è la fortuna più grande. E poi, domani io e lei ci diremo SI, e sicuramente certi malesseri passeranno anche a me.

Quando presentai Luisella ai miei, gridarono allo scandalo.

Eppure mia madre erano anni che aspettava che mettessi la testa a posto. Mi ricordava che a trent’anni bisogna smetterla di comportarsi come i ragazzini, e che fosse ora che prendessi moglie e mi sistemassi, come già fatto dagli altri figli.

Facendole conoscere Luisella, credevo di averla accontentata, ma lei fece una faccia ….

Sotto sotto la sua reazione me l’aspettavo: lei aveva sperato che mi mettessi con Carolina Leoffredi, che è di famiglia ricca.

Non avrei onestamente potuto dire che Carolina fosse brutta, ma io non la trovavo per nulla interessante.  Fin da bambino a me piacevano quelle snelle e bionde come Luisella, e quando mi fu presentata una tipa fatta così, e capii che anch’io le stavo simpatico, non me la lasciai scappare.

Mio padre fu anche più duro di mia madre: mi cacciò di casa e mi buttò anche fuori dall’azienda di famiglia, costringendomi a vivere per un po’ di espedienti.

Ancora avrei potuto capire se lo preoccupasse la differenza d’età che c’era fra me e Luisella, ma quando due si amano, non c’è differenza d’età che tenga.

Luisella non mi fece pesare il momentaneo stato d’indigenza in cui mio padre ci aveva costretti a vivere. Anzi, quella magnifica creatura non la smetteva di farmi coraggio con i suoi sorrisi pieni d’affetto.

Lei si accontentava di poco, e anch’io non sono mai stato un amante del cibo.

Insomma ce la cavammo.

Presto trovai anche un lavoro; e presi in affitto un appartamentino in città.

Quando il padre-padrone mi scacciò, i miei fratelli non mossero un dito, e con loro volevo chiudere ogni rapporto. Luisella, a ragione, non li degnava di troppa confidenza, ma in mille modi mi fece capire che la famiglia è importante, e avrei fatto bene a non tagliare del tutto i legami.

Lei, che una famiglia vera non l’aveva avuta, era disposta a passare sopra alle tante scortesie che i miei fratelli le dedicavano, ma io non ci riuscii.

In fin dei conti il mio era solo un esercizio del diritto di difesa: alla loro scorrettezza rispondevo con il mio distacco.

Solo Giovanni, il primogenito, all’inizio si mostrò accomodante, ma poi la sua natura diabolica si manifestò in tutta la sua bruttura.

Voleva consigliarmi, ma che ne capiva dell’amore, lui che a ventitré anni prese in moglie una ragazza brutta e antipatica, che senza troppo entusiasmo gli sfornò in sei anni quattro figli?

Quel coglione ebbe l’ardire di raccomandarmi l’uso del preservativo. Insieme con quella racchia di sua moglie parlarono di malattie dal nome spaventoso, di gravissime infezioni da germi, di sifilide e altra roba simile. Dissero che il profilattico avrebbe preservato Luisella, ma soprattutto me, da un sacco di guai legati alla salute.

Ma per chi ci avevano preso?

Io e Luisella non eravamo mica due degenerati, disposti ad andare con la prima persona incontrata per strada.

Io avevo Luisella, e Luisella aveva me: nessuno si sarebbe sognato di cercare l’amore altrove.

Chiaramente mandai a quel paese Giovanni, sua moglie e le loro idee strampalate.

Luisella è bellissima, e questo mi crea qualche imbarazzo, perchè non passa giorno che qualcuno non mi faccia notare la sua avvenenza.

Non c’è bisogno che certe cose le dicano a voce alta: me ne accorgo dagli sguardi che le indirizzano.

Che lei sia bella sono contento, ci mancherebbe che non lo fossi; il guaio è che in certi modi di guardare non si legge solo l’ammirazione genuina e innocente. Talvolta gli sguardi manifestano delle pulsioni erotiche malate, e a me sembra di impazzire di gelosia.

Non piace solo agli uomini, la mia Luisella. Anche parecchie donne si innamorano di lei a prima vista. Una ragazza addirittura mi disse in faccia che per Luisella avrebbe lasciato il fidanzato!

Cinque estati fa, al mare, un tedesco mi chiese di vendergliela.

Già. Quello voleva comprarla, manco fossimo stati nel medioevo!

Ancora avrei potuto capire se a fare certe proposte oscene fosse stato un marocchino, ma un tedesco! Dai. Non esiste.

Pensando che fosse sbronzo, finsi di non aver capito, ma non ne ebbi pietà quando si mise a ridere e allungò una mano sulla mia fidanzata.

Se ne pentì. Ah, se lo fece!

Dovettero chiamare i carabinieri per togliermelo di sotto.

Era alto uno e novanta, quello scemo, ma non mi lasciai intimidire.

Luisella, manco a dirlo, mi aiutò a dare a quel cafone la lezione che meritava.

L’alemanno uscì dalla scazzottata con un occhio pesto, e in ospedale dovettero dargli pure dieci punti di sutura per ricucire i tagli che gli aveva fatto la mia Luisella.

Eh già. Perché Luisella è buona e cara, ma se toccano il suo ragazzo, cioè me, sono dolori!

Dopo che in caserma avemmo spiegato per filo e per segno come si erano svolti i fatti, i carabinieri ci permisero di tornare in albergo.

Luisella durante tutto l’interrogatorio aveva osservato un mutismo assoluto, e giacché sulla via del ritorno continuava a non aprir bocca, iniziai a preoccuparmi.

Giunti in camera, finalmente si decise a vuotare il sacco; lo fece con sguardo talmente dolce e angosciato, da farmi venire la pelle d’oca.

Mi chiese, povera stella, se in tutti questi anni io avessi mai avuto la tentazione di lasciarla.

– Io rinunciare a te? Giammai! – le risposi – Preferirei morire, piuttosto che perderti.

A lei bastò sentire questo per saltarmi al collo.

Percepii la sua felicità e mi misi a piangere dalla commozione.

Non scendo nei dettagli perché non sarebbe bello, soprattutto per la mia ragazza, visto che non siamo ancora sposati; dico solo che quella notte Luisella ed io ne combinammo di cotte e di crude.

Non era proprio il periodo giusto, e non mi congiunsi a lei con tutte le regole, sia chiaro, però Luisella mi fece contento in mille altri modi ugualmente.

La mattina dopo, l’albergatore mi chiamò da parte e senza perifrasi disse di aver ricevuto un sacco di lamentele dagli altri soggiornanti.

I tapini gli avevano parlato di grida animalesche e continui sospiri amorosi e cigolii della rete del letto provenienti dalla nostra camera.

Insomma, quel lombrico ci invitò seduta stante a fare le valigie.

Stavo per tirargli un cazzotto, ma lui mi rabbonì con una proposta che reputai conveniente: il nostro soggiorno era cominciato sei giorni prima, ma non voleva che saldassimo il conto. Gli sarebbe bastato che lasciassimo quella mattina stessa l’albergo.

Non volli assumermi la responsabilità di decidere da solo per paura che Luisella si offendesse, ma quando tornai in camera e le raccontai dell’idea che era venuta in mente a quello scemo, lei si dichiarò senza indugio d’accordo con me nel cogliere al volo l’occasione.

Insomma, facendo buon viso a cattivo gioco non solo risparmiammo un bel po’ di soldini: facemmo tesoro dell’esperienza, e già sulla via di casa in macchina, stilavamo il programma di vacanza per l’anno dopo. Stavolta non saremmo tornati a Viareggio. A quel punto tanto valeva puntare in alto. La Costa Smeralda poteva andar bene. Ma sì. L’estate successiva avremmo prenotato due settimane filate in uno dei migliori alberghi di Porto Cervo.

Pure in Sardegna ci andò di lusso. Ci bastò fare un po’ di evoluzioni in camera nostra durante la dodicesima notte, per essere buttati fuori l’indomani. Chiaramente senza pagare un centesimo: quei fessi dei proprietari, più del mancato guadagno per una dozzina di giornate comprensive di vitto, alloggio e servizio in spiaggia, temevano chissà quale scandalo, ed agirono di conseguenza.

A quel punto io e Luisella avevamo compreso che l’ignoranza della gente avrebbe potuto costituire per noi un vantaggio: quattro mesi dopo, infatti, ci facemmo a scrocco cinque giorni di vacanza sulla neve a Cortina, e altri cinque a Courmayeur.

Insomma, fra vacanze estive e invernali, tutti gli anni almeno una ventina di giorni in hotel gratis non ce li toglie nessuno!

Di figli non ne abbiamo ancora avuti.

Su questo argomento, secondo Dick, che fra tutti gli amici d’infanzia di Luisella è il più giudizioso, faremmo meglio a non coltivare troppe speranze.

Le sue opinioni le abbiamo sempre apprezzate, però l’anno scorso io e Luisella volemmo ugualmente sentire uno specialista.

Ci ricevette nel suo studio arredato elegantemente, e sulle prime mi sembrò di avere a che fare con un tipo competente e professionale.

Dopo una visita approfondita sostenne che, per com’era assortita la nostra coppia, non avremmo potuto concepire figli. Però, se avessimo usato un metodo molto costoso da lui inventato…

Lasciammo correre. Avevamo capito che quel disonesto desiderava solo approfittarsi di noi.

A quel punto pensai che avesse ragione Dick, e che sarebbe stato meglio non pensarci più. Tuttavia, poiché nella vita non si può mai sapere, volli interpellare un esperto in fecondazione assistita.

Per la prima volta da quando io e lei stiamo insieme, evitai di dirlo a Luisella perché, nel caso in cui anche stavolta avessi ricevuto una risposta negativa, le avrei evitato un’ulteriore delusione.

Questo secondo specialista quando esaminò le lastre e le analisi che avevo fatto fare a Luisella, usò dei toni allarmanti: una gravidanza per la mia ragazza poteva rivelarsi fatale. A parere del ginecologo, infatti, a forza di provare, poteva anche capitare che sei o sette spermatozoi raggiungessero tutti insieme l’obiettivo. A quel punto era conveniente che Luisella si sottoponesse a un parto plurigemellare?

Ero rimasto molto scosso, e ne riparlai con Dick.

Il mio amico, come sempre pacato, riuscì a trovare il modo giusto di spiegarsi:

– Ma no. Stai tranquillo, amico mio. Vedrai che non capiterà niente di così tragico. Però, per quanto riguarda la tua speranza di diventare padre, devi metterti il cuore in pace: credo proprio che Luisella non potrà mai essere ingravidata da te.

Adesso però preferirei mettere da parte ogni tristezza. In attesa che in Italia si approvi una benedetta legge ad hoc che ufficializzi la nostra unione, fra poche ore io e Luisella ci sposiamo ugualmente, e chi se ne frega del parroco che non ci vuole in chiesa.

A quel rimbambito ho anche proposto di mettere una pietra sul passato e di celebrare serenamente il nostro matrimonio, ma lui da quell’orecchio pare proprio non sentirci.

Il mio voleva anche essere un gesto di distensione, ma quello dice che Luisella ed io non siamo una coppia regolare.

– Appunto per questo – ho ribattuto – vorrei che lei ci benedicesse.

Lui mi ha guardato come si fa con un matto.

Comunque, chi se ne frega: al momento del SI canteremo lo stesso l’Ave Maria, così alla mia Luisella sembrerà di essere una sposa in piena regola.

Mi sarebbe piaciuto vederla in abito bianco, ma lei non ha voluto.

Eh già. Luisella è bella, ma non le piace fare la diva.

Anche il vecchio Brando, che celebrerà il matrimonio, è d’accordo con lei. Dice che un matrimonio è una cosa serie, e non una sfilata di abiti e sorrisini scemi.

Pure lui, come Dick conosce Luisella da più tempo di me. Prima che lei ed io ci fidanzassimo, sospetto che per un po’ siano anche stati amanti, ma è ormai acqua passata. Del resto, che si poteva pretendere dalla povera Luisella? Lei era una ragazzina, e non ci dimentichiamo che era una figlia di nessuno, dunque aveva le sue fragilità, e a quel tempo Brando era un giovanotto piacente e in buona salute che faceva strage di cuori femminili.

Ad ogni modo, giusto per sgomberare il campo da equivoci, diciamo pure che Brando oggi è un vecchio saggio che ha lasciato alle spalle le sue inquietudini e pensa esclusivamente alle cose spirituali.

E poi, Luisella mai mi tradirebbe: lei mi ama alla follia.

Alla cerimonia verrà un sacco di nostri amici.

Soprattutto quelli di Luisella, in verità, perché i miei amici di un tempo, per me è come se non esistessero più.

In prima fila ci sarà Dick, naturalmente.

Penso che per Luisella lui abbia rappresentato il padre che non ha mai conosciuto.

Ora devo chiudere, perché si è fatto tardi.

Domani sarà una giornata lieta perché io e Luisella perfezioneremo davanti agli amici più intimi la nostra unione, ma allo stesso tempo sarà stancante, ed è giusto che me ne vada a letto.

Luisella starà già dormendo, visto che mi ha augurato la buonanotte oltre un’ora fa.

Ciao, diario.

Domani sera ti scriverò com’è andata la cerimonia.

–   –   –

Ecco.

Adesso lei, dottore, ha finito di leggere gli appunti che scrissi nel mio diario la sera prima che si celebrasse il mio matrimonio con Luisella.

Ebbene, che cosa ne pensa?

Che sono pazzo?

La storia del mio rapporto con quella bellissima ragazza è racchiusa in quelle poche pagine.

Secondo lei sono pagine di pazzia o di amore?

Chiaramente lei conosce la ragione per cui non potetti mettere per iscritto l’ultima giornata da uomo libero che ho vissuto.

Subito dopo la cerimonia nuziale, infatti, voi interveniste in forze per catturarmi.

Ho ancora davanti agli occhi certi momenti.

Ricordo bene la commozione del vecchio Dick quando Luisella ed io ci scambiammo il primo bacio da sposati.

Lui aveva quattordici anni, e certe debolezze poteva permettersele, giacché aveva abbandonato da tempo gli atteggiamenti da leader.

Fino a non più di due o tre anni fa, quando abbaiava, lo faceva in un modo autoritario, e le confesso che talvolta mi metteva un po’ di fifa addosso. Del resto, da un pastore tedesco della sua stazza certe cose uno se le aspetta, non le pare?

Alla festa c’erano anche quelle gran pettegole di Lilly e Sheila.

Latravano sempre di tutti, ma Luisella voleva bene a entrambe. Per lei erano come due vecchie zie, e ne sopportava le chiacchiere.

C’era anche Thor, che di Dick era destinato a prendere il posto come capobranco; Fido, il bastardino bianco a chiazze nere che con grande gioia leccava tutti; e poi Nuvola, Tosca e Cucciola, le vamp emergenti che avevano già fatto perdere la testa ai maschietti di mezzo quartiere.

Erano presenti anche un sacco di altri amici e amiche, ma adesso, stordito come mi sento, i loro nomi mi sfuggono.

Dick la settimana prima del matrimonio fu nostro ospite a cena. Ci tenevamo, Luisella ed io, ad invitarlo ad una specie di festa di addio al celibato e al nubilato.

Dopo mangiato, Luisella andò in bagno, e Dick sottovoce mi disse che doveva farmi una confidenza. Mi sedetti sul divano con un po’ di ansia, ma lui per tranquillizzarmi pigramente si accucciò ai miei piedi, chiedendomi di accarezzargli la testa.

– Amico mio carissimo – esordì – devi sapere che normalmente i cani vivono molto meno degli uomini, e io sono consapevole che a breve dovrò salutare la compagnia. Tieni presente che anche Luisella non è più giovanissima. Questo però non deve rattristarti, giacché è stata proprio lei a chiedermi di farti questo discorso. Certe cose non se la sentiva proprio di riferirtele di persona. Nessuno di noi è felice della disparità di trattamento con gli umani, ma bisogna accettarla.

Provai una fitta dolorosa al petto.

Mi ricordai che quando la trovai, Luisella aveva all’incirca un anno, e ne sono passati altri dieci, da allora.

Dick è andato avanti:

– Comunque, i nostri anni sono più concentrati dei vostri, e non ne facciamo un dramma quando uno di noi muore. A tal proposito vorrei che ti preparassi, amico mio. Luisella ha undici anni e tu quaranta, ma lei è molto più vecchia di te. Devi perciò aspettarti di restare, prima o poi, vedovo. Però probabilmente tre o quattro primavere da vivere insieme le avete, dunque cercate di godervele.

–   –   –

Egregio dottore, a parole non saprei proprio cos’altro aggiungere. O meglio, lo saprei, ma preferisco non farlo: lei non capirebbe.

E poi voglio essere onesto fino in fondo con lei: non mi va di darle troppa confidenza. Lei in fin dei conti per me rimane un estraneo, e il buon Dick mi insegnò che a volte se si vuole imporre un certo rispetto, bisogna non mostrare troppa docilità con chi si conosce da poco.

Il suo collega che mi visita tutte le mattine dice che la mia è una personalità disturbata, ma se ho fiducia in voi medici, posso guarire.

Ma da cosa dovrei guarire?

Con questa vostra prosopopea non fate che offendermi, e perciò non desidero concedervi né la mia fiducia, né la mia amicizia.

Ma vi rendete conto di cosa siete stati capaci? Proprio nel giorno del mio matrimonio, il più bello dell’intera vita mia, in quattro mi sono saltati addosso, mi hanno incatenato alla stessa maniera di una bestia selvatica e portato in questo postaccio che qualcuno di voi si ostina a chiamare “Centro d’igiene mentale”.

Mi è stato riferito che i miei amici mi hanno difeso strenuamente.

In particolare Dick, malgrado la displasia dell’anca che lo ha afflitto negli ultimi tre anni, si è battuto come un leone

So pure che i poliziotti hanno ucciso lui e un paio di altri miei amici a colpi di fucile.

Gli altri però gli sono sfuggiti.

Anche Luisella, ha lasciato i poliziotti con un palmo di naso.

Luisella.

Il mio amore.

Non so dove sia, adesso.

Spero che un altro come me l’abbia incontrata e se la sia portata a casa. E se ancora non è successo, vivendo in strada per un po’ lei se la caverà, perché è una Golden Retriever di razza pura, e anche se ha all’incirca undici anni, è ancora bella forte.

La sa una cosa, dottore? Non sono più geloso.

Oh no.

E come potrei esserlo?

Io la stellina lucente che per dieci anni mi ha reso felice, la amo, e per il suo bene spero che si affezioni a un altro e viva con serenità i suoi ultimi anni. Se poi la brava Michela Vittoria Brambilla vincerà la sua battaglia politica, e i matrimoni fra cani e uomini potranno avere un pieno riconoscimento legale, sarà il massimo.

Come dice, scusi? Che non è vero? Alla signora non è mai venuta in mente l’idea di fare una simile proposta di legge? Degli animali, poi, a Michela Vittoria in realtà non importa niente?

Mi dispiace, dottore, ma lei si sbaglia. E non si offenda se le dico in faccia che, secondo me, lei non deve starci tanto con la testa.

Comunque, anche se Luisella e il suo nuovo fidanzato non potranno legalizzare la loro unione, sicuramente staranno bene insieme.

Luisella un po’ mi dimenticherà, ma a me sta bene così.

Perché quella poverina non merita di angosciarsi ulteriormente.

Vedrà, dottore, che chi l’ha presa avrà più cuore di voi tutti.

E saprà amarla.

Certo che lo farà.

Può giurarci, dottore.