ANCHE I GENI IN VACANZA SI RINCRETINISCONO, FIGURIAMOCI GLI ALTRI

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FB IMG 1586379365233 ANCHE I GENI IN VACANZA SI RINCRETINISCONO, FIGURIAMOCI GLI ALTRI

Penso che le vacanze facciano male, soprattut­to se si va al mare o in montagna, tutti quei posti dove una volta ti man­davano qualsiasi cosa avessi, per il solo motivo dell’«aria salubre». 
Non hanno mai fatto bene soprat­tutto agli scrittori che in vacanza han­no sempre dato il peggio di se stes­si. Nietzsche per esempio amava l’Engadina svizzera, così qualcuno crede basti andare in Engadina per sentirsi filosofo, e ovviamente quelli del turi­smo locale si sono inventati la penisola di Nietzsche, le guide più trash vi suggeriscono di andarci per pensare i pensieri che pensava Nietzsche. Ma mica i pensieri tratti dall’Anticristo o da La gaia scienza, che uno volendo se li pensa tranquillamente a casa, ma piuttosto cose tipo: «Quanto deve esse­re felice colui che prova questa sensazione pro­prio qui, in quest’aria costantemente soleggiata, in questo malizioso e giocondo gioco dei ven­ti dall’alba fino a sera, in questa pu­rissima chiarità e modesta fre­schezza… ». A me sarebbe già passa­ta la voglia di metterci piede, in En­gadina, se mai mi fosse venuta, e se Nietzsche scriveva queste stronzate, figuriamoci che cazzate mai scriveranno i comuni mortali. 
Poi c’è Hemingway, che lo ritroviamo ovunque, io non l’ho mai sopportato, né prima de Il vecchio e il mare, né dopo. Appena ne sento il nome sento puzza di pesce dappertutto. Non sono mai riuscito ad iniziare un suo ro­manzo e continuo a pensare sia sopravvalutato, nonostante il suicidio con stile, peraltro già da vecchio: troppa vita, troppo poco pensiero. Forse inconsciamente è uno dei motivi per cui non mi è mai venuta voglia di andare a Cuba, a parte che mi basta già l’idea di Cuba per non volerci anda­re: mi vengono in mente solo cose brutte come Castro, Jovanotti, Gianni Minà e una mia ex stronza e, appunto, Hemin­gway. Se dovessi andare in vacanza da qualche parte, andrei dove non è stato Hemingway, ragione per cui forse non vado mai in vacanza. Io ci vivo in vacanza. La vita è una vacanza. 
Altrettanto inutile sarebbe farsi le valigie per Cabourg, in Normandia, per ritro­vare l’essenza del mio amatissimo Proust, per il semplice fatto che la Recherche è tutta nella Recherche, un po’ come L’infinito di Leopardi che non è lì davanti alla siepe di Recanati, dove tutti i turisti si fanno imbambolare seguendo stupidi cartelli con scritto «siepe dell’Infini­to », sperando di vedere e sentire chissà co­sa. Però la suggestione di vedere il Grand Hotel di Cabourg è fortissima, ma come in Engadina c’è la penisola Nietzsche, qui non poteva manca­re una «Promenade Marcel Proust», con ombrelloni e cabine stile “fin de siècle”. Le guide turistiche dicono che lì «Proust è nell’aria», e quindi bisognerebbe respirare più che si può, l’aria è compresa nel prezzo. Se poi si vuole sperimentare il top della suggestione sappiate che la camera di Proust è al quarto piano, la 414 per la precisione, prenotabile. Se non la si trova libera si può affittare quella accanto, della mamma. Ma non è la stessa cosa e se non trovate neppure quella libera siete proprio degli sfigati, forse po­tete prenotare la stanza numero 43 dell’Ho­tel Roma a Torino, dove si è ucciso Pavese, o forse vi meritate anche di peggio, come le vacanze in quei po­sti tristi del club Moraviano, a Sabaudia, dove andavano appunto Alberto Moravia e Pier Pao­lo Pasolini. Ci andava pure Italo Calvino, ma poi preferì Roccamare, vicino a Casti­glione della Pescaia, dove ora c’è solo la sua tomba, meravigliosa, appartata, es­senziale, una colata di cemento con nome, cognome, data di nasci­ta e di morte, fine. 
Comunque per me come la si rigiri, farsi vedere al mare è molto lesivo all’immagine: io tro­vo ridicola perfino la foto di Gabriele D’An­nunzio a Francavilla al Mare, che avvolto in un sudario sembrava un Lazzaro risorto, non lo so, sarà magari pure una posa decadente, ma sem­bra uno scemo che si è appena fat­to il bagno e la mamma poi l’ha avvolto nell’asciugamano e sta per infilar­gli il calippo in bocca per farlo sta­re zitto.In quel di Sabaudia comunque solo il peg­gio. Moravia mentre passeggiava a mare andava a telline e ne leggo…«che apriva con infallibili colpi d’unghia per poi suc­chiare», io cre­do che dovesse essere uno schifo a vedersi. Infatti dopo aver suc­chiato le telline Moravia esclamava spesso: «Vado a comprare un bel pe­sciolone », e tornava col pesciolone che poi Dacia cucinava. 
Circondati da pesci grandi e pesci piccoli della let­teratura, nelle estati troppo estive finiva pu­re tutto il maledettismo di Carmelo Bene. Così per un istante mi è ca­duto anche il mito di Bene: uno se lo immagina perennemente al buio, allucinato dal suo stesso genio come in Nostra Signora dei Turchi, e invece una volta è andato pure lui a  Sa­baudia con Moravia e Pasolini. Bellezze in spiaggia? Non lo so, certe cadute di stile non si perdonano a nessuno, figuriamoci a Carmelo Bene. È come immaginarsi De Sade uscire dalla Bastiglia per andare a prendere il sole a Baia Domizia in costu­me, e con la trippa di fuori.

PepPe Røck SupPa