“IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT 

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          –           di Mariantonietta Losanno          –               maxresdefault scaled “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT  “Le ali della libertà”, “Il miglio verde”“The Mist”: è innegabile la capacità di Frank Darabont di tradurre Stephen King in immagini. Le sue pellicole sono profonde, acute, umane: il regista “kinghiano” per eccellenza, ha realizzato delle opere capaci di prendere vita oltre lo schermo ed invadere la nostra realtà. I suoi film hanno segnato le generazioni future di cineasti, abituando gli spettatori a nuove prospettive cinematografiche. Darabont, inoltre, è un affezionato del cinema “carcerario”: “Le ali della libertà” e “Il miglio verde” sono due pietre miliari capaci di portare sul grande schermo la realtà detentiva in tutti i suoi aspetti più critici, facendo avvertire in maniera tangibile il senso di soffocamento, la paura e anche la morte.

maxresdefault 1 “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT “Il miglio verde” è narrato in prima persona da Paul Edgecombe, capo delle guardie del Blocco E (chiamato il “miglio verde” perché il percorso verso la sedia elettrica, l’ultimo corridoio che i condannati a morte percorrevano, era caratterizzato da una pavimentazione verde cedro), una sorta di “braccio della morte” del penitenziario di Cold Mountain dove i detenuti venivano portati per trascorrere gli ultimi mesi di vita, prima della sentenza. Paul, ormai anziano, vive in una casa di riposo ed è qui che decide di raccontare i fatti, come se fosse una sorta di espiazione, di rispetto per quelle persone che, come fantasmi, sembrano invadere ancora la sua vita. Ci sono, dunque, due piani temporali: da un lato un Paul anziano che trascorre le sue giornate tra lunghe passeggiate in compagnia di Elaine; dall’altra un Paul giovane a capo delle guardie nel penitenziario. Il personaggio chiave della vicenda (considerando anche il contesto storico, ci troviamo nel 1932, in un’America ancora fortemente il miglio verde scaled “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT razzista), è John Coffey (“come il caffè, solo che non si scrive nello stesso modo”): un uomo enorme di stazza e dall’aspetto minaccioso, ma dal temperamento fragile, timido ed ingenuo (parla poco, piange spesso, ha persino un’infantile paura del buio “quando si trova in un posto che non conosce”). Il detenuto si trova lì per un delitto agghiacciante (di cui, però, mancano delle prove concrete): è stato trovato con i corpi martoriati di due bambine (violentate e uccise) tra le braccia. Disperato, si è giustificato dicendo: “Ho cercato di rimediare, ma era troppo tardi”. Dopo qualche tempo Paul appura che John nasconde una qualità misteriosa: riesce a catturare il dolore dalle persone. Le sue guarigioni, caratterizzate da un alone di magia, sono miracolose e in assoluta contraddizione con l’universo claustrofobico dell’ultimo miglio, in cui durante il tragitto che conduce alla sedia elettrica affiorano le confessioni più intime e le sofferenze più profonde di quelli che lo attraversano.

the green mile 072795694 “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT La pellicola evita di cadere nella retorica, ma suggerisce delle riflessioni interessanti su temi complessi come la pena di morte, i soprusi, il razzismo, la violenza e la solitudine. A differenza di altre pellicole ambientate in ambiente carcerario, “Il miglio verde” offre uno spaccato “reale”, impreziosito inoltre da una spiritualità che avvolge lo spettatore: così come “Le ali della libertà”, anche “Il miglio verde” si distacca sin dall’inizio dall’intento di presentarsi come l’ennesimo film di denuncia sulle carceri americane, puntando più in alto. Darabont riesce ad utilizzare una struttura narrativa che da iperrealista si trasforma in surreale: l’abbinamento dramma-surreale funziona alla perfezione. Un’impresa ardua e pretenziosa, ma di cui si dimostra all’altezza: l’espediente “fantasy” smorza la tensione creando un “contesto favolistico” ma senza intaccare la credibilità dell’opera, che affronta la vita, la morte e la giustizia senza ostentare e spingere alla commozione forzata. Che ruolo ha Coffey? Il suo potere “guaritore” si presenta come una Il miglio verde 1 “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT giustizia soprannaturale che si sovrappone a quella terrena e che aiuta i non colpevoli ma anche i colpevoli pentiti. Non solo: John, oltre a riuscire a guarire, non sopporta il dolore, la sofferenza altrui lo pervade e lo annienta, come se fosse la sua. Emerge costantemente il contrasto tra il Bene e il Male, tra umanità e malvagità, tra Vita e Morte in un contesto tra il soprannaturale e il dramma. miglio “IL MIGLIO VERDE”: IL REGISTRO NARRATIVO IPERREALISTA E SURREALE DI FRANK DARABONT