L’IDOLO NELLA MASCHERA

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       –    di Adriana Castiello   –            

Molte maschere e pochi volti. Chi sei, chi devi essere, chi vogliono tu sia, chi diventi. Un eclettico gioco tra gli spettri di una società che danza nei meandri dell’apparenza, generando un prisma di possibilità: la fusione di realtà e irrealtà grida alla verità di nascondersi, dipingendo il suo volto del miglior sorriso: ha indossato la sua maschera. La soggettività delle prospettive umane incontra e si scontra con la forzata oggettività di una falsa ipocrisia, che ingabbia le reazioni riconducendole ad un’unica erronea rivelazione: l’esistenza del volto cade nell’oblio e la sua essenza si dissolve nella bellezza della maschera. La persona come entità pirandelliana di identità e personalità viene così incatenata dal personaggio che recita il ruolo assegnatogli dalla società: uno spettacolo, la cui visione non genera catarsi nel pubblico, inconsapevole burattino nelle mani dei numerosi scenografi dietro le quinte del palcoscenico. Siamo accecati da una luce che offusca l’obiettiva razionalità che il buio potrebbe garantirci. Dal grembo della società odierna sono nati veri e propri miti, fonte di orgoglio e commozione, esempio di gloria indiscussa, assunti a modello per le giovanissime generazioni, in quanto emblema della grande eredità che un uomo è in grado di lasciare. Piantare un albero, educare un figlio, scrivere un libro: sono parole di dubbia paternità il cui immenso fascino risiede nella forza della loro delicatezza, in quanto risponde con purezza alla domanda su come si possa conseguire una vita piena e dignitosa. Una semplicità che commuove, di fronte alla quale le luci del palcoscenico non possono far altro che spegnersi. Le maschere si inchinano di fronte alla potenza del candido autentico: questa l’eredità che l’uomo dovrebbe esser fiero di costruire nel corso della propria esistenza, questa l’educazione da cui le puerili menti dovrebbero essere avvolte. La recente perdita del campione del mondo Maradona ben introduce nell’attuale problema del dissidio tra persona e personaggio, quest’ultimo idolatrato per le vesti di cui si ricopre che celano ciò che la società non richiede di considerare. Maradona è indubbiamente un’icona del calcio: il genio alla base della diversa tensione alla realizzazione presente in ogni essere umano, ha qui trovato espressione in uno sport di per sè simbolo di orgoglio nazionale, che la sua figura ha fortemente rappresentato. La sua perdita è stata accompagnata da grida di dolore di un popolo che in lui ha visto il simbolo della rinascita, la forza e la determinazione di un bambino che rincorre un sogno, la gloria di un personaggio che ha vinto e di una persona che spesso ha perso. La predilezione alla contemplazione del personaggio ha però condotto alla dissoluzione di limiti necessari ad una corretta valutazione del giusto: il ragazzo d’oro ha vissuto al confine di una condotta ben lontana dai valori che la persona umana dovrebbe adottare, nel rispetto di se stessi e del prossimo, al fine di conseguire una dignità che ogni giorno si costruisce nella difesa di una carezza e nella lotta alla violenza, versando sulle pagine della propria vita quel candore che deve essere oggetto di stima da parte di chi legge il tuo libro. Il mondo avanza nell’opacità di una gentilezza ormai perduta, celata dai meccanismi che la natura ha sempre negato: il giudizio non ha spazio in questo contesto, dal quale nessuno esce vincitore, il personaggio stesso vive le conseguenze della sofferenza della persona e quest’ultima deve necessariamente divenire la meta verso cui alla società spetta dirigersi. Un esempio di assolvenza al suo compito lo si può riscontrare nella recente espulsione dall’assegnazione del premio César del regista Roman Polański, a causa delle nuove accuse di violenza sessuale che si sommano alle numerose disseminate tra gli anni, prima fra tutte l’accusa di violenza con l’uso di sostanze stupefacenti risalente al 1977. Per lungo tempo il personaggio ha oscurato la persona e Polańsky è stato oggetto di ammirazione per i suoi lavori, vincitore peraltro di numerosi premi tra cui proprio due César, ma finalmente la polvere che ricopre il suo volto ha sporcato anche la sua maschera. Forte è la speranza che il domani sia regnato dal genuino valore del vero e adesso è il momento per impartire ai propri figli la giusta educazione: il valore dell’identità sopra il ruolo che ognuno di noi è portato a rivestire, il valore dell’autenticità, pilastro di una realtà di cui artefice è l’animo umano, il cui unico idolo deve essere il rispetto. Molte maschere e pochi volti: il giorno in cui tale affermazione diverrà erronea, la società iniziare a guarire dalla sua malattia.