“STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI”: GLI ORRORI DEL NAZISMO E L’IMPORTANZA DELLA CULTURA

0

di Mariantonietta Losanno 

Una visione come antidoto agli orrori della guerra: “Storia di una ladra di libri”, tratto dal romanzo di Markus Zusak, è una pellicola comunicativa, che affronta il tema dell’Olocausto dalla prospettiva di coloro che l’hanno vissuto direttamente – le persone comuni, non i perseguitati – e ciò rende la rappresentazione atipica ed interessante.

%name “STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI”: GLI ORRORI DEL NAZISMO E L’IMPORTANZA DELLA CULTURAGermania, gennaio 1938. La vicenda viene narrata dalla Morte, che racconta come si senta misteriosamente affascinata dagli essere umani e, per questo, si prende l’impegno di osservare, ogni tanto, la vita di qualcuno di loro. Liesel (Sophie Nélisse), una bambina rimasta ormai sola, dopo la morte del fratellino più piccolo e dopo essere stata abbandonata dalla madre costretta a lasciare la Germania per le sue idee politiche, viene adottata da Rosa e Hans Hubermann (Emily Watson e Geoffrey Rush): la nuova “mamma” è sgarbata e irascibile, e la considera solo un ottimo modo per ottenere un sussidio dallo Stato; Hans, invece, la tratta sin da subito con ogni riguardo e le insegna addirittura a leggere. Nonostante li ritenga inizialmente due estranei, riesce ad integrarsi nella famiglia Hubermann: grazie al padre, Liesel diventa un’accanita lettrice di libri che ruba – o meglio, “prende in prestito” – e crescendo inizia a comprendere le conseguenze disastrose che il regime nazista sta portando. Soprattutto grazie agli insegnamenti di Max, un ebreo che Hans e Rosa tengono nascosto dalle SS nella loro cantina, la bambina comprende la vera forza e l’importanza delle parole e della cultura. Perché le parole alimentano la coscienza, aprono spazio all’immaginazione e rendono sopportabile persino la reclusione: “La scrittura mi protegge. Vado avanti facendomi scudo delle mie parole, delle mie frasi, dei miei paragrafi abilmente concatenati, dei miei capitoli astutamente programmati”, ha detto a conferma di questo George Perec. “Storia di una ladra di libri”, diretto da Brian Percival, dunque, è un racconto di formazione che si inserisce nel contesto della Seconda Guerra Mondiale: i libri e la letteratura cercano di “indebolire” la violenza e l’assurdità della guerra. Il film racconta una crescita forzata, una maturazione indotta dalla crudeltà, che Liesel cerca di combattere salvando i libri dalle fiamme di uno dei tanti “roghi” organizzati dai nazisti, coltivando la sua voglia di imparare ad essere “altro” rispetto all’atrocità del partito di Hitler. 

%name “STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI”: GLI ORRORI DEL NAZISMO E L’IMPORTANZA DELLA CULTURA

Per certi versi, la pellicola si presenta in alcuni passaggi come una “favola” che però si scontra brutalmente con la realtà spietata e cruda della Seconda Guerra Mondiale. È paradossale come, nello scenario della “non cultura”, una bambina riesca attraverso i libri ad imparare a leggere – tra le righe – capendo quello che la circonda, sviluppando uno sguardo personale e consapevole. Ad ogni rogo della follia, Liesel riesce a sottrarre non solo dei libri, ma anche delle speranze: “Storia di una ladra di libri” è il racconto di un padre che protegge sua figlia dall’orrore grazie alla potenza delle parole dei libri, mentre Hitler invece ordina ai suoi “figli” di bruciare quei libri. A ridosso del 27 gennaio, Giornata della Memoria, ci troviamo di fronte ad una realtà inconfutabile: non c’è nessun mezzo a nostra disposizione per potere affrontare (e soprattutto comprendere) tutto questo dolore. Una soluzione nuova (e mai tentata) l’ha proposta “Jojo Rabbit”: quale modo migliore per denunciare il nemico se non con fantastica e ironia? Non si tratta di sminuire la sofferenza, né di voler trovare un modo per sfuggire alla realtà dei fatti, forse abbiamo bisogno della cultura (come della geniale genuinità di “Jojo Rabbit”) perché non abbiamo altre armi sufficientemente potenti per poter contrastare un nemico così incredibilmente sadico. Tramandando il valore della Memoria, possiamo provare a farci “salvare” dal valore della cultura.