di Mariantonietta Losanno
Da “Million Dollar Baby” a “I ponti di Madison County”: Clint Eastwood può fare di tutto, persino parlare di romanticismo, nella sua accezione più matura e carnale. Un incontro speciale quello di Robert e Francesca, per certi versi simile a quello raccontato da Ettore Scola in “Una giornata particolare”: Francesca, come Antonietta è una moglie e madre modello, dedita alle faccende domestiche. È l’incontro con Gabriele (Marcello Mastroianni) – e con Robert per Francesca – a trasformare un giorno uguale ad un altro in una “giornata particolare”: saranno i modi eleganti e la cortesia di quell’uomo, agli antipodi rispetto all’atteggiamento volgare e rozzo del marito, a riaccendere qualcosa in Antonietta, a darle modo di riappropriarsi della propria individualità, totalmente repressa e schiacciata. Clint Eastwood indaga l’amore, anzi, più “tipi” di amore.
Francesca Johnson è moglie e madre di due figli, un po’ dimessa e rassegnata. Robert Kincaid, fotografo del National Geographic, giunge a una vecchia fattoria in mezzo ai campi per chiedere indicazioni sui ponti di Madison County, che dovrà fotografare. Così avviene il loro incontro, complice anche l’assenza del marito e dei figli di Francesca partiti per una fiera del bestiame: i due fanno amicizia e in breve tempo il loro legame si trasforma in una profonda passione. Con il ritorno della famiglia, però, Francesca sarà costretta a prendere una decisione: scegliere l’amore ideale seguendo le ragioni del cuore, o restare ancorata ai propri affetti consolidati e preferite un amore più concreto e “reale”. Nessuno ha il diritto di stabilire cosa sia realmente l’amore: può essere sia quello che spinge Francesca a legarsi a Robert, sia quello che le impedisce di andare via con lui. La sua dedizione nei confronti della famiglia prevale sull’alchimia che nasce tra i due, che finiscono per trascorrere insieme solo quei pochi giorni in cui il marito e i figli di Francesca sono fuori città. La sua scelta di non fuggire con Robert è sintomo di paura o di coraggio? Paura di abbandonare i propri affetti per un bisogno “egoistico” di felicità, o coraggio di tenere fede alle proprie promesse e assistere la sua famiglia? Anche in questo caso, nessuno può sbilanciarsi nel dare giudizi.
Quello su cui è importante focalizzare l’attenzione è l’effetto che può sortire un incontro del genere su una donna che ha smesso di apprezzarsi da tempo. Grazie a Robert, Francesca impara a guardarsi, a scoprirsi affascinante; inizia a riappropriarsi del proprio corpo e dei propri impulsi. Per questo, nonostante non sia riuscita a scappare via con lui, sente il bisogno di lasciare una “traccia” di quello che è stato, per renderlo più reale: decide, allora, di mettere per iscritto i proprio ricordi in diari da affidare ai figli, svelandosi così finalmente come persona e donna, anche a chi l’aveva visto solo e soltanto come madre. Il suo, più che un bisogno di “pulirsi la coscienza” è una necessità di rendere eterno quel legame: Francesca letteralmente “affida” nelle mani dei proprio figli la propria intimità, nonostante comporti la confessione del tradimento ai danni del marito. Non c’è ombra di rimpianto, perché forse in cuor suo sente che le persone non si perdono mai davvero: ci sono solo i ricordi e una “sana” nostalgia. Il suo bisogno di “tramandare” la sua storia ai figli la aiuta a tenere in vita anche quello che non c’è più.
Ci sono momenti – come quello della cena a lume di candela – in cui la storia tra Robert e Francesca sembra essere talmente perfetta da non sembrare reale. Eppure il regista riesce, attraverso un minima (quasi impercettibile) imperfezione a stonare quell’istante di assoluta bellezza: qualcosa si muove sul bordo superiore della sedia che si trova al primo piano, forse una mosca, un insetto. Quel minuscolo difetto riporta alla durezza della realtà, alle responsabilità, ai doveri. Quella mosca rappresenta il senso di colpa, la sensazione di una fine imminente, la paura. Però, quello che conta realmente è che un momento perfetto c’è stato ed è stato puro: nessuno potrà mai intaccare quel quadro di assoluta felicità. Forse quella mosca serve a non farci sopraffare dalle emozioni, a mantenere un contatto con le cose, a restare lucidi: forse, è necessario che intervenga una “mosca” ogni tanto anche nella vita di tutti i giorni, per darci la possibilità di vivere ogni momento senza lasciarci abbattere dal dolore, per creare un punto di incontro tra il reale e l’ideale. “I ponti di Madison County”, tratto dall’omonimo romanzo di Robert James Weller, è una storia pura, malinconica, capace di riassorbire ogni “deviazione” morale e sentimentale e raccontare il dolore e l’amore. È una pellicola che al tempo stesso si presenta come un inno alla solitudine, per tutti coloro che riescono a conviverci senza ansie e frustrazioni e senza per questo essere etichettati come dei reietti, e un inno alla vita, un incoraggiamento a riappropriarsi di se stessi qualsiasi cosa accada, senza rispettare dei tempi prestabiliti. Non è un umano non sentirsi mai soli, né non provare mai paura.