NON SI AMMINISTRANO LE CITTÀ CON GLI EFFETTI MEDIATICI DEI LEADER

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–   di Nicolò Antonio Cuscunà   –                 

Col tramonto delle ideologie, in attesa di sperimentare egli effetti vaccinali anti Covid 19, l’avanzata dei partiti dei leader mediatici, scopre l’inconsistenza della nuova classe politica. Luogo di contatto ravvicinato, tra la politica e la gente comune, sono gli Enti Locali. Paesi e città, grandi e piccole, con i doverosi confronti rispetto alla realizzazione della “democrazia servizi”, scoprono la fragilità del loro essere. Non si notano grandi differenze ideologiche e strutturali programmatiche tra i differenti schieramenti in via di “definizione”. Oramai sembra alquanto anacronistico riferire a schieramenti indicativi del secolo trascorso, destra, sinistra, annacquati dal centro o dai residui fallimentari pentastellati. In questo, senza superficialità, possiamo affermare che l’uno vale l’altro. Entrambi annaspano, non riuscendo a proporre una adeguata e credibile classe dirigente locale. Destra e sinistra continuano a spartirsi posti e poltrone, di sindaci, dirigenti di banche o di Enti statali, con vecchi metodi e attingendo, per la maggior parte, a persone della cosiddetta “società civile”. Termine desueto, ondivago, fuorviante, inconsistente, indicativo solo del “fallimento della politica”. Queste amare constatazioni non devono rappresentare scoramento e sfiducia rispetto le scelte partecipative da farsi: elezioni, degli amministratori locali. Scelte, il più possibile oculate e finalizzate al solo utile di vedersi riconoscere i propri diritti. Sappiamo non essere scelte semplici da farsi, anche in ragione del caotico sistema, ad arte montato, per confondere, sviare e fare dimenticare la delicatezza e l’importanza della posta in campo.  Dalla scelta del sindaco dipendono i fattori basilari, essenziali della vita di ogni individuo rispetto al proprio nucleo familiare e al contesto sociale in cui sceglie di vivere. Quell’elemento basilare definito “qualità della vita” dipende ed è determinato dalle scelte che ogni singolo effettua nell’eleggere i propri rappresentanti. Basterebbe solo questa considerazione per fare comprendere l’importanza e l’accortezza della scelta. Altro che pubblicità spicciola, urlata ed affidata a post mediatici. La vita di ogni individuo non la si può affidare all’imbonitore di turno, all’urlatore più urlatore di altri.

Oramai è divenuta quasi luogo comune, l’orrida costumanza, definita dei “transfughi”, per cui, questi individui assumono valore e decidono per tutti.  Mestieranti maneggioni, approfittatori della ignoranza e dello sconforto collettivo. Lo stato passivo in cui è stata ridotta l’opinione generale, ha generato i “padroni” dei voti, capizona a cui si affida la propria vita e quella degli ignari, “assenti non partecipi”, ed inutili idioti. Questi drammi, sono maggiormente percepibili nelle piccole realtà territoriali, causati dall’assenza dei “veri partiti” selezionatori e garanti di un’adeguata classe dirigente indispensabile a garantire un “buon governo locale”. Città grandi o piccole, paesi e quartieri metropolitani soffrono dell’assenza di guide politico-amministrative, assenze sempre più marcate e percepite direttamente da chi vive queste realtà. A nulla serve lamentarsi per l’assenza di servizi (sicurezza delle strade, servizi a domanda, trasporto pubblico, diritto allo studio, allo svago, allo sport e alla cultura, assenza di verde, bassissima qualità dell’aria, costi esosi per i servizi collettivi, ecc.), affidandosi allo sfogatoio del web.  Ogni singolo individuo deve prendere coscienza dei propri diritti rivendicandoli a piena voce. Il “mercato delle vacche” deve finire. L’indecoroso balletto sulla scelta dei sindaci deve cessare immediatamente. Leader nazionali a cavallo di un mondo virtuale, leader d’immagine col vuoto intorno, non possono decidere al pallottoliere le sorti di milioni di italiani.  Non possono continuare in eterno col girotondo d’incontri dove non decidono o, nella migliore delle ipotesi, decidono con parametri percentuali dei quotidiani sondaggi. Il futuro delle città non può dipendere da questi personaggi o dagli umori, convenienze, dei loro scagnozzi. Amministratori di città non si diventa urlando per strada, possedendo voti d’eredità o cariche elettive roboanti. Amministrare bene una città non è proporre altisonanti programmi, questi sono già scritti nella storia stessa delle città. I programmi si chiamano PUC- piani urbani comunali – nati dall’analisi storica e vocazionale della città. I PUC si decidono con la città, si approvano e si pongono in essere in continuità a prescindere di chi è sindaco. Milano, Napoli, Salerno o Caserta, non possono più attendere le comodità di padri, figlio o parenti. Le sorti delle città non scaturiscono né dipendono da calcoli di convenienza personali. Non si chiedono sacrifici o rinunce, si pretendono competenze e capacità, dedizione e onestà, spirito di rinuncia e amore per la propria città.

Gli elettori escano dall’assente passività per assurgere all’attiva consapevole partecipazione. Da ciò dipende il proprio presente e futuro. La bella gente non deleghi in bianco i maneggioni e mestieranti della politica, carrieristi e opportunisti, assuma la consapevolezza di scegliere oltre le barriere di stantie, superate e vetuste ideologie. La buona vita non ha colori, al massimo è tinta da quelli dell’arcobaleno.