L’INCREDIBILE STORIA DEI RAGÙ, SIMBOLI DEL GUSTO MADE IN ITALY

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bolognese g6368f1705 1920 LINCREDIBILE STORIA DEI RAGÙ, SIMBOLI DEL GUSTO MADE IN ITALYQuando si parla di preparazioni che rendono ancora più speciale quello straordinario patrimonio che è la cucina italiana, un doveroso cenno deve essere dedicato ai ragù. Sì, hai letto bene: è stato utilizzato il plurale e non a caso. Uno dei sughi più importanti della nostra gastronomia ha infatti due anime, legate nello specifico alla città delle due torri, la rossa, la grassa e la dotta, e a Napoli.

La sua storia è iniziata nel 1773, quando è stato nominato per la prima volta da Vincenzo Corrado nel suo trattato di gastronomia Cuoco Galante. In quelle pagine si parlava del ragù con un’accezione diversa da oggi. Il celebre cuoco pugliese, chiamato alla corte nobiliare di Napoli, lo vedeva in maniera molto simile a come si intende attualmente lo spezzatino.

Per poter sentir parlare di un condimento affine all’attuale ragù alla napoletana è stato necessario attendere fino al 1790 con il trattato L’Apicio Moderno di Francesco Leonardi.

Cosa dire, invece, del ragù alla bolognese? Che è apparso sulla scena molto dopo, con la pubblicazione, da parte di Pellegrino Artusi, del suo indimenticabile La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene. Uscita nel 1891, questa “bibbia” della gastronomia italiana descrive per la prima volta i maccheroni alla bolognese e quello che, secondo molti, è da considerato un embrione del ragù, ossia un sugo a base di pancetta di maiale e carne di vitello insaporite con diverse verdure.

Mentre stiamo scrivendo queste righe, le varianti di ragù esistenti sono numerose. A dimostrazione di ciò, si può chiamare in causa la possibilità di comprare sughi pronti artigianali su shop come quello di Cesarine, per toccare con mano la ricchezza di proposte per quanto riguarda questo straordinario sugo.

Entrando nel vivo delle opzioni appena citate, un doveroso cenno va dedicato, giusto per iniziare con un esempio celebre, al ragù di castrato, tipico delle Regioni del centro Italia e in particolare dell’Abruzzo, dove viene utilizzato per accompagnare piatti come gli spaghetti alla chitarra, oltre agli inconfondibili arrosticini.

Tornando nel territorio gastronomicamente sorprendente dell’Emilia Romagna, non si può non chiamare in causa il ragù alla modenese che, a differenza del “rivale” bolognese, prevede meno pomodoro e, almeno anticamente, l’utilizzo esclusivo di carne di maiale (oggi, in alcuni casi, si aggiunge anche quella bovina).

Non c’è che dire: dietro a quello che è oggettivamente il sugo più famoso della tradizione gastronomica italiana, ci sono storie, aneddoti, errori, cambiamenti, un mondo fervente che simboleggia al meglio la magia della cucina ausonica.

Tracciarne i contorni in maniera efficace vuol dire, per forza di cose, riprendere un attimo le fila della storia del ragù alla bolognese ricordando, per esempio, che della sua associazione con le tagliatelle si è iniziato a parlare seriamente solo all’inizio del ‘900. Da allora, è abitudine consolidata l’inserimento del pomodoro. Per la carne di maiale fresca – dettaglio reso immortale grazie alla ricetta presente in un altro volume simbolo della cucina italiana, Il Cucchiaio d’Argento – è stato necessario attendere fino al secondo conflitto mondiale.

La storia della nostra cucina è davvero bellissima e l’epopea dei ragù ci ricorda ogni giorno quanto gastronomia e cambiamenti sociali quotidiani si intreccino, dando vita a delle meraviglie che il mondo ci invidia.