L’ARTE CHE TORNA…

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   –   di Francesca Nardi   –                                                     

Germaine Muller è una splendida artista…una donna che con il sorriso arrotolato ad una erre, che somiglia ad una carezza, avvolge in un attimo, il tempo trascorso nel silenzio ed annulla le lontananze. Scrivere di Germaine, significa farlo in prima persona, riconoscendo nei lampi di memoria, che all’improvviso ti aggrediscono, i giorni trascorsi che sfilano lentamente, ricostruendosi e sgomitolandosi in minuti persi e ritrovati…Inalterato il sorriso inconfondibile, che parte dagli occhi di Germaine e chiama a raccolta le idee sfilacciate, che nessuno ha ricomposto nel tempo e raduna gli entusiasmi che abbiamo lasciato sulla riva del fiume, quel giorno lontano e che lei, per tutti noi, ha rubato al tramonto incombente e, miscelando il dolore taciuto e l’angoscia, ha dipinto magistralmente, nelle trasparenze del cuore. Poi…ad uno ad uno, ha tentato i colori della pioggia, mescolando ai cristalli gelidi della sua terra, frange di sole, lavorando dentro di sé, i pezzi di quell’infinito che lei riusciva a trovare ovunque, nascosto nelle piccole cose del mondo e rimodellava e riproduceva nelle sue segrete odissee, che trovavano infine dimora su magiche tele ospitali. Attraverso l’inesauribile ricerca di Germaine, persino la compiutezza dell’arte concettuale può rivelarsi sospesa, incompiuta, tanto da ispirare l’idea di un “compiersi… forse mai”. L’incontro, lo sfiorarsi, il possedersi a tratti, delle diverse culture, elaborano nuovi orizzonti cromatici, in cui l’ambiguità del grigio, rimodula la sua stessa natura e s’immerge nella passione appena scalpitante di rosso, una passione dapprima controllata, scurita e trepidante ma, che emerge a tratti prepotente e lentamente si ritrae, lasciando zolle appena rimosse, in cui pensieri e riflessioni si adagiano e riflettono esattamente lo spirito cromatico di qualcosa che muta come le stagioni e si ripete e si rinnega, come la vita…  Nell’astrazione, la ritrosia dell’anima nordica si fonde nelle cromie mediterranee, offrendo a me e a chi come me attraverso la conoscenza dell’artista Germaine ma soprattutto della sua anima, molti molti anni fa, ha iniziato a leggere l’affascinante linguaggio segreto dell’arte vissuta dalla parte del pensiero in movimento…cercando di interpretare i misteriosi artifizi del genio. Grazie Germaine.    

%name L’ARTE CHE TORNA…Stasera nei locali di “Spazio nr 7”, in Via Vico n° 7, si terrà l’inaugurazione della mostra personale di pittura di Germaine Muller, curata dal critico d’arte Massimo Sgroi.

 “Germaine Muller riparametra il suo fare arte rileggendo e riscrivendo la percezione che ha dell’arte visuale nel terzo millennio; l’artista lussemburghese parte dall’assunto poetico, da quel confine impalpabile fra il mondo conoscibile e quello inconoscibile, laddove solo la follia dell’artista può realizzare la sua pericolosa danza sul limite della percezione. E, così, ogni opera è un gioco deificato sulla frontiera immateriale dell’opera; figure che appartengono, in senso assoluto, alla memoria collettiva del post 2000 e, quindi, all’osservatore dell’opera. Ogni opera, ogni cromatismo ha un valore differente, poiché diverse sono le relazioni che ognuno di noi ha con la bellezza. Formalmente Germaine Muller sovrappone alle figure computerizzate e stilizzate di questo nuovo ciclo di opere, la potenza evocativa della pittura astratta. Una doppia chiave di lettura che traduce in forma anche l’aspetto del sentimento, figlio di un rapporto istintuale con la dirompente forza della poetica. A noi mediterranei appartiene questa memoria, questo ricordo ancestrale che, nonostante l’era tecnotronica, continua ad essere il fondamento della nostra civiltà. E quando la dea Mnemosyne svela ogni tanto il suo volto noi ricordiamo; ricordiamo ciò che siamo e qual è la nostra intima natura, la nostra discendenza anche quando resina e software si sovrappongono. Nei fatti non è possibile progettare il futuro senza la memoria, senza quella capacità di ricordare che, seppure in una forma plastificata, mutata ed astratta, sopravvive ancora nella nostra mente e nella nostra anima”.

                                                                                                            Massimo Sgroi