L’ICONA FARLOCCA DEL PLAGIATORE

1

%name LICONA FARLOCCA DEL PLAGIATORE  

 –   di Vincenzo D’Anna*   –     

Ci risiamo con le “rivelazioni” di Roberto Saviano, sedicente giornalista (ovvero senza titolo alcuno), filosofo e tuttologo dell’anti camorra. Dopo anni di smentite, proferite con ieratica e sussiegosa certezza, una sentenza (passata in giudicato) ha infatti condannato per plagio l’autore di Gomorra. Costui aveva letteralmente riportato nel libro che gli ha conferito notorietà e ricchezza, più brani di articoli redatti da altri giornalisti, quelli veri. A parte queste egregie referenze da scrittore, v’è da evidenziare come l’autore di Gomorra non abbia mai effettivamente esercitato la professione di cronista, ancorché sia stato santificato dalla sinistra ed elevato al rango di eroe intemerato minacciato dai boss. Tuttavia un primo processo celebrato nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, competente per giurisdizione, ha assolto, in passato, buona parte di quegli stessi camorristi ritenuti mandanti di quelle intimidazioni perché, semplicemente, il fatto non sussisteva. Sulla base di asserzioni auto referenziali, ed ancora non verificate di fatto, nonostante si siano pentiti decine di malavitosi, poi diventati loquaci collaboratori di giustizia, non e mai emerso, a tutt’oggi, alcunché di lontanamente aderente alla narrazione romanzata del plagiatore di professione.  Ciò nonostante egli dispone di una nutrita scorta di protezione a spese del contribuente, utilizzata poco o nulla per difenderlo da reali pericoli, ma che contribuisce ad alimentarne l’aureola di martire della giustizia. Eppure dai fatti narrati dallo scrittore sono trascorsi alcuni lustri senza che un solo riscontro chiaro e netto sia emerso. D’altronde i fatti a suo tempo narrati dal presunto supereroe non hanno avuto mai alcun peso, né disvelato chissà quali decisive notizie utili al lavoro degli inquirenti, essendo quelle stesse news frutto o del plagio oppure estratti dei verbali di procedimenti giudiziari in corso.  Dunque niente che abbia potuto disvelate fatti e circostanze inediti che mettessero in allerta i Clan malavitosi. Insomma un venditore di almanacchi giudiziari, di cose già risapute ed accertate.  In sintesi un gran polverone mediatico per quella che, grazie alla macchina propagandistica di una certa area politica, è stata tramutata in una vera e propria icona intemerata della lotta alla mala. Beatificato attraverso plurimi passaggi televisivi oltre che da numerosi servizi giornalistici, il personaggio Saviano si è arricchito un po’ alla volta, in particolare con la serie televisiva “Gomorra”, di cui è stato sceneggiatore ed ispiratore. Ed oggi eccolo qui ad atteggiarsi ad intellettuale e filosofo, auspice la notorietà che gli è stata letteralmente cucita addosso. Infatti non è raro vederlo comparire in tv per delle prediche pensose intorno al vuoto pneumatico, sedicente esperto negli ipotizzati intrecci tra mondo politico e malaffare, a cominciare da quel grande bluff che si è rivelato il famoso accordo tra Stato e mafia codificato nel “papiello”, il falso documento di Massimo Ciancimino. Ma il giovanotto, che da Napoli si è trasferito in un lussuoso attico a New York, è scaltro ed ammanta le ipotesi e le illazioni malevoli con un eloquio oracolare, quasi una moderna Sibilla, che di tutto sospetta ma mai niente riesce a provare. Propalatore di un chiacchiericcio utile più alle finalità scandalistiche di alcuni programmi di denuncia televisivi che ai magistrati inquirenti. Peraltro il nostro scrittore lamenta una continua vessazione esistenziale, una vita grama per i doveri impostigli dalla scorta che lo protegge dal lontano 2006, quasi fosse un Silvio Pellico nelle malsane segrete delle prigioni dei piombi di Venezia e non uno baciato dalla fortuna, oltre i suoi talenti, che si gode la vita e soldi al di là dell’Oceano!! Insomma: da qualunque parte lo si rigiri oppure lo si valuti, di fatti ipotizzati come certi dal martire dell’anti Camorra non se ne vedono dopo le sue dichiarazioni. Ora, si sa, il mito ha necessità di essere alimentato. Mutatis mutandis (cambiando il tempo e le cose), infatti, si rischia di finire nel dimenticatoio. Ed allora eccolo di nuovo protagonista con dichiarazioni forzate ad arte entrare in polemica con Gennaro Sangiuliano, neo ministro della Cultura!! Questi a dire di Saviano, sarebbe stato, a suo tempo, “affiliato” alla cordata politica di Nicola Cosentino definito (ed ancora ritenuto) uno dei referenti dei clan camorristici di Terra di Lavoro. Il tutto sarebbe scaturito dal fatto che Saviano sia stato, nel frattempo, assolto nel processo intentatogli, per diffamazione, proprio da Sangiuliano. Allora scatta il paradigma illogico e la solita furbizia l’autore di Gomorra.  Questi collega, a modo suo, diverse situazioni giudiziarie traendone ulteriore motivo di denuncia fino ad ergersi al ruolo di martire depositario del verbo. Innanzitutto diffamando Cosentino che, va detto, in nessuno dei tre processi che pure ha subito, è mai stato riconosciuto referente dei clan ed assolto, nel merito specifico, da quella accusa. Cosentino è stato di recente condannato per scambio di voti e concorso esterno in associazione: un reato “immaginario”, di origine giurisprudenziale e, come tale, non organico alle cosche e men che meno referente delle medesime. Sangiuliano ha invece ha alle spalle una limpida carriera di intellettuale, di scrittore e direttore del TG2 da molto tempo.  Non nasconde le sue inclinazioni di destra e se oggi ricopre l’incarico ministeriale lo deve alle proprie capacità e non certo alla sola collocazione politica. Il plagiatore, invece, da icona farlocca, dal proprio cuor l’altrui misura, e mischia le carte per rinnovare la vocazione di mentore intemerato della Giustizia.  Eroe del nostro tempo in cui basta la parola di un pentito ancorché senza prove a dare fiato a Saviano ma giammai sostanza e credibilità a quello che blatera.

*già parlamentare

1 commento

Comments are closed.