(f.n.) – Se non fossimo così interessati al funzionamento ed alle sorti del nostro Ospedale, trascorreremo il tempo sfogliando le pagine della “politica politicante”, scivolando da una serie simil horror, al più esilarante degli intrighi caserecci, elaborati dal genio periferico, dei personaggi più in vista del Parlamento. Ma…ce la va sans dire, che gli innumerevoli interrogativi, generati dalla riflessione sull’operato degli affidatari della nostra salute passata, presente e futura, ci portano inevitabilmente ad analizzare metodi e sistemi in uso, nell’Azienda Ospedaliera ad Alta Specializzazione e di Rilievo Nazionale. E allora… oggi parliamo di privacy, perché no? Il paziente che viene ricoverato per una determinata patologia, in un reparto sensibile del nostro Ospedale, è assai improbabile che si interroghi in merito alla riservatezza, con cui saranno trattati i suoi dati personali e clinici, anche perché…qualora avesse la forza e la lucidità nonostante il malessere da urgenza, di interrogarsi in merito, darebbe per scontato, come ognuno nelle sue condizioni, che la riservatezza, soprattutto in un luogo di cura, sia esso Ospedale o Clinica privata o altro, è un dato acclarato ed automatico…Ma, è appena il caso di evidenziare companeros, che non è assolutamente così e che nell’Aorn Sant’Anna e San Sebastiano, la riservatezza, per quanto obbligatoria, non è assolutamente scontata. A sostegno di questa ennesima sfumatura di grigio, che offusca l’effetto luce (sic) dell’ensemble vi raccontiamo una storia vera, che dovrebbe far abbassare la cresta a più di qualcuno…Qualche tempo fa, con grande interesse, abbiamo ascoltato dalla viva voce di un medico, (avete compreso?, un medico!), l’esperienza vissuta da ricoverato, nel nostro Ospedale. Il dottor X oltre a sentirsi una cavia, per le innumerevoli volte che era stato visitato, dai vari colleghi specializzandi, si era sentito umiliato e addirittura annullato, perché nessuno gli diceva cosa gli stava accadendo. È appena il caso di sottolineare che, tutti erano a conoscenza che si trattasse di un medico ed inoltre anziano. Il dottor X, per nulla soddisfatto del trattamento ricevuto, decise di dimettersi volontariamente e di recarsi a Milano per farsi curare. Sorvoliamo sulla polemica che converrebbe innescare a questo punto, sulle ragioni antiche e moderne, per le quali, ad un certo punto, qualcuno decide di fuggire verso il Nord…A distanza di qualche mese, il dottor X riceve una telefonata da un non precisato specializzando del professor Y del nostro Ospedale, che gli chiedeva notizie riservate, sul suo stato di salute, sulla terapia e sugli eventuali effetti collaterali. La reazione del dottor X dinanzi ad una evidente e volgare violazione della sua privacy, è stata piuttosto aspra…ovviamente! E non finisce qui, dal momento che qualche giorno fa, siamo stati contattati dal figlio di una paziente affetta da “demenza” che ci ha segnalato, con un certo sconcerto, una strana vicenda. Il signor B, tempo fa, aveva accompagnato sua madre in un ambulatorio ospedaliero, per la valutazione e la diagnosi di “demenza”. La visita era stata accurata ed approfondita, nulla da eccepire. Poiché il signor B lavora e vive al Nord decide di far visitare la sua mamma in una struttura del luogo e telefona al nostro ospedale chiedendo di parlare con la stessa neuropsicologa, che aveva visitato sua madre ma, incredibile a dirsi, scopre che non esiste…in Ospedale c’è una sola psicologa strutturata, ma il nome non corrisponde a quello di cui era a conoscenza il signor B e che eventualmente figurava sulla diagnosi. Appare evidente che nessuno gli aveva detto che chi aveva valutato sua madre non era una strutturata ospedaliera…Al di là della inqualificabile cofecchia di base, la domanda sorge spontanea: ma…l’accesso a dati così sensibili è violazione della privacy, oppure no? Se qualcuno di voi, companeros, si degna di lanciare uno sguardo al sito aziendale, come facciamo noi sovente, si accorgerà che vi sono numerose delibere, relative a convenzioni con diverse Università, che riguardano studi, frequenza volontaria e tirocinio. Il tutto regolato da norme, procedure e regolamenti che, non sempre vengono rispettati, soprattutto quando si tratta di accesso ai dati personali e riservati dei pazienti. A nostro parere, la raccolta di dati utili agli studi o da presentare ai diversi congressi o da cedere ai vari professori universitari in convenzione, senza informare i pazienti interessati, è violazione della privacy e quindi reato. Pertanto, tornando all’inizio del percorso, il paziente deve sapere se la persona che si trova di fronte, è uno studente o un ricercatore o un professionista non strutturato, che si trova lì in quel momento, per raccogliere i suoi dati e non per curarlo. Il paziente deve essere informato del fatto che, tutte le informazioni che gli vengono chieste, cioè i suoi dati sensibili, la sua vita privata, verranno inserite in un data base di ricerca. Il paziente quindi, potrebbe non essere d’accordo, la qual cosa sarebbe nel suo pieno diritto. L’interlocutore del paziente deve essere un professionista strutturato, al quale il paziente stesso si affida con piena coscienza e consapevolezza. Per avere contezza piena di ciò che affermiamo, abbiamo letto il regolamento relativo alla frequenza e al tirocinio e sembra proprio che il personale non strutturato, non possa svolgere operazioni o ricoprire mansioni in modo autonomo e qualsiasi raccolta di dati, presuppone l’autorizzazione del Comitato Etico che, siamo certi non essere soltanto una sofisticata nomenklatura fine a se stessa, o no? Ed a tale proposito, non risulta in alcun modo che vi sia da qualche parte, una qualsiasi autorizzazione del Comitato Etico, relativa alla raccolta dati menzionata dalla convenzione, tra il reparto di Neurologia e l’Università, mentre, ad esempio, come peraltro abbiamo avuto già modo di affermare qualche tempo fa, figurano molte autorizzazioni a sostegno dei numerosi studi dell’Unità di Cardiologia. E allora?, chi ha il compito di vigilare? Per quale motivo non vengono regolarmente informati i pazienti? Quando uno specializzando, un tirocinante o un frequentatore volontario “fanno ambulatorio” senza uno strutturato che, puntualmente, interviene in un secondo momento, per firmare l’avvenuta visita, non è una ‘ntecchia fuori regolamento?, ah già, scusate…avevamo dimenticato che qualcuno potrebbe considerarla addirittura prassi, vista e considerata l’immunità a prescindere, di cui godono i congiunti delle galline bianche…Ma, al di là dei privilegi, chi cancellerà lo scuorno della figura da quattro soldi, che ha fatto tutto l’Ospedale ma, in particolar modo la Direzione generale presieduta dal gaio Dg Gubitosa e resa coreografica dalla stupefacente Ds Annicchiarico, nonché amministrata dalla silenziosa Carrara, quando, attraverso una telefonata all’Ospedale, il signor B residente al Nord, ha scoperto casualmente la cofecchia della visita a sua madre, effettuata da un/a tizio/a e legittimata da un altro/a? Di cosa parliamo? Hasta la vista!