UN TRENO FERMO IN UN LUOGO IGNOTO…

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peppe rock e1734006881476 UN TRENO FERMO IN UN LUOGO IGNOTO…
  –  di Giuseppe Rock Suppa   –                                                                                                                
La depressione mi fa sentire come se fossi in un tunnel buio, senza via d’uscita, e la cosa peggiore è che chi ti sta intorno non capisce un cazzo, scambiando la depressione con una semplice tristezza futile e passeggera. Queste sono parole di Vittorio Sgarbi, che pur nella depressione che vive non ha perso l’esatta contezza nel descrivere non solo la propria condizione, ma quella di chi davvero soffre di depressione.
Lo seguo e ammiro da trent’anni, e mi colpisce molto vederlo depresso, ma anche descrivere la depressione come solo lui poteva fare, con parole precise. “La depressione è un treno fermo in un luogo ignoto”.
Anni fa ho rischiato di soffrirne anch’io perché dopo la morte di mio padre è stata davvero dura, ma fortunatamente l’ho sempre esorcizzata con altro, con le persone che amo, la musica, scrivere, leggere… Come scriveva Cioran: “Scrivere è un suicidio differito”. Sgarbi ha sempre sorvolato, è stato perennemente un ciclone, non poteva fermarsi, non voleva fermarsi, ha invece esorcizzato vivendo dieci vite in una, non restando mai fermo, non lasciando la sua mente mai immobile su qualcosa. La cultura, l’arte, rendere la sua stessa vita un’opera d’arte, in ogni attimo, perfino i suoi libri sono protesi di sé stesso, e diventano spettacoli teatrali con il suo corpo.
La depressione è innominabile perché, come dice lui, nessuno può capirla. È una lucidità esistenziale da cui fuggi per sopravvivere, in un modo estremo o nell’altro. Samuel Beckett, per esempio, chiude L’innominabile con questa frase: “Devi andare avanti. Non posso andare avanti. Andrò avanti”. Infatti per uno scrittore non scrivere più equivale a morire, tant’è che Cesare Pavese, nel suo ultimo messaggio, scrive: “Non parole, un gesto, non scriverò più”. Avrebbe potuto dire “non vivrò più” ma le due cose si equivalgono.
No, nessuno può capire Sgarbi, perché la depressione è una condizione esistenziale di estrema lucidità, e perché Vittorio è sempre sembrato l’opposto. Del corpo, come lui stesso ha dichiarato, non se n’è mai occupato: la sua mente ha sempre trascinato tutto.
Probabilmente essendo consapevole anche del pensiero di Leopardi: “Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che tutto il reale essendo un nulla, non vi è nulla di reale né altro di sostanza al mondo delle illusioni”. Sono le illusioni che ci rendono vivi, e ci tengono lontani dal vedere la realtà. Quando la vedi, nessuno può capirti, perché non riesci a vedere neppure te stesso.