PROSSENETI DI OGNI RAZZA E COLORE

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  d anna disegno piccolo 150x150 PROSSENETI DI OGNI RAZZA E COLORE

–   di Vincenzo D’Anna  –                          

“Un caffè egizio, affollato di prosseneti elogianti la merce(…)”. Così recita una novella dal titolo “Il mio sogno” di Guido Gozzano, il poeta crepuscolare torinese, che ebbe traversie sentimentali ed un problematico rapporto con le donne, oltre a quelli di salute. L’autore di “Cocotte” e della “Signorina Felicita” si ammalò infatti di tubercolosi, una malattia che ne condizionò non poco il carattere e l’attività letterarie, finendo per stroncarlo a soli trentatré anni. Rileggendo , appunto, qualche opera di Gozzano che è venuta in mente l’espressione iniziale di questo articolo, laddove si fa cenno ad una figura ormai desueta, che ci rimanda all’antica Grecia: quella del prosseneta. Si tratta di una specie di ambasciatore, di console, poi degradata nel suo significato a quella di mediatore commerciale a fini di lucro, che osanna la mercanzia esposta ed offerta agli acquirenti. Un sorta di sensale di matrimoni, inteso tuttavia nel senso più deleterio del termine, fino ad identificare quasi un “ruffiano”, quello che un tempo lontano favoriva le nozze combinate, oppure addirittura un lenone pronto a sfruttare il meretricio delle donne. Ed è questa figura piuttosto squallida, melliflua, affaristica, che non lascia spazio alcuno ai valori morali ed ai sentimenti ideali, che pare essere alla moda di questi tempi, assumendo ruoli di rilievo sulla scena politica mondiale. Oggi lo chiamerebbero, più elegantemente, un operatore di marketing, un professionista che favorisce transazioni commerciali e societarie, inseguendo il guadagno venale. E tuttavia in pieno Terzo Millennio l’intera politica dei rapporti tra gli Stati sembra essersi trasformata in un affare di sfruttamento, anche per mano militare, delle ricchezze naturali di nazioni che abbiano subìto una lesione alla propria sovranità nazionale (leggi Ucraina), oppure che potrebbero subirla come la gelida Groenlandia o il grande paese dei laghi e delle foreste, ad etnia mista franco-inglese, come il Canada. Tutto è partito dal desiderio di potenza di un cinico dittatore, un sicario del vecchio Kgb della Russia dei Soviet: Vladimir Putin. Costui prima ha invaso l’Ossezia, poi si è preso la penisola di Crimea. Successivamente ha schiacciato nel sangue i moti indipendentisti della Cecenia ed infine è dilagato nel Donbass Ucraino. A dargli manforte, in questi giorni, ecco arrivare un nuovo sodale: il presidente degli Stati Uniti, il miliardario newyorchese Donald Trump. Costui non si definisce più come il capo della potente democrazia occidentale né si propone di essere l’epigono di quella grande tradizione di difesa delle libertà politiche, civili ed economiche della nazione più ricca ed evoluta del mondo, con l’esercito più potente sulla faccia della terra. All’opposto, si definisce semplicemente come un imprenditore che deve recuperare, con ogni mezzo, parte del dissesto derivante dal debito pubblico accumulatosi negli States. Entrambi prima che di politica si intendono sulla “convenienza reciproca”, sugli scenari futuri per poter sfruttare i beni scarsi di cui necessitano le industrie dei loro paesi, ovunque queste siano allocate. Sia l’inquilino della Casa Bianca che quello del Cremlino hanno posizionato il mondo su di un piano inclinato dal punto di vista politico e diplomatico, riducendo al lumicino la prospettiva di una pace vera e duratura. Putin sparando missili finanche sui giardinetti pubblici ove giocano bambini ucraini; Trump mettendo dazi sulle merci estere che giungono in America sabotando, in tal modo, le borse valori del pianeta e creando ulteriori scompensi economici. Prima di vedersi “viso a viso” i due hanno attivato una rete di consultazioni diplomatiche e di minacce contro gli eroici Ucraini per indurli ad accettare una pace capestro. Mischiando affari e politica, valori, diritto e diplomazia con le transazioni commerci. Dunque sono molti i mediatori in questa fase, i “prosseneti” in azione tra le due sponde dell’Atlantico. Resta solo da vedere, sotto la tazza capovolta del cielo della vecchia Europa, chi siano i nostri “mediatori” che si dispongono a piegarsi, paludati con il lacero mantello delle buone intenzioni e della moderazione pensosa, a questa becera logica, sia politica che commerciale. In sintesi, a farsi schiacciare dalla tenaglia costituita dal tracotante “tycoon” americano e dal satrapo guerrafondaio russo. Alcuni prosseneti pare vogliano farlo mossi da vocazione pacifista di facciata, come quelli che marciano contro il riarmo europeo e quelli che, per tenere unito il governo, danno spazio e cittadinanza alle capriole di Matteo Salvini. Questi dialoga con i sovranisti come l’ungherese Orban, i francesi Le Pen e Bardella, lo Spagnolo Abascal ed annovera, secondo i sondaggi, tra gli elettori del proprio partito, il 60% di tifosi di Putin. Celebrano un congresso con Il loro nuovo profeta, con Elon Musk che prende il posto del generale Vannacci. Insomma: prosseneti di ogni razza e colore occupano la scena politica nel mondo.

*già parlamentare

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