– di Cristina Bruno –
Negli ultimi anni, il rapporto tra i giovani e il cibo è diventato un tema sempre più discusso, che purtroppo affligge un numero crescente di adolescenti e giovani adulti. Si parla con maggiore frequenza di disturbi dell’alimentazione e della nutrizione: una realtà complessa e delicata, da non sottovalutare, che merita ascolto e consapevolezza.
Secondo gli esperti, le donne rappresentano circa il 60% dei soggetti affetti da questi disturbi, e i primi segnali possono comparire già in età prepuberale, intorno ai 13 anni. Per quanto riguarda gli uomini, si manifestano con maggiore frequenza disturbi come la vigoressia e l’ortoressia, mentre il binge eating disorder e il night eating disorder colpiscono entrambi i sessi. Anoressia e bulimia, invece, continuano a riguardare prevalentemente la popolazione femminile.
Tra i disturbi più frequenti si registra l’anoressia, anche perché è più facilmente individuabile. La bulimia, invece, è spesso invisibile agli occhi degli altri: chi ne soffre può mantenere un peso stabile, nascondendo il proprio disagio dietro un’apparente normalità. La vigoressia, soprattutto tra i giovani uomini, è spesso confusa con l’attenzione alla forma fisica e alla continua ambizione di un corpo definito, e quindi difficilmente riconosciuta come disturbo.
Nel caso dell’anoressia, il controllo sul cibo e sul corpo diventa una strategia per gestire l’impotenza percepita rispetto al mondo esterno. Un’illusione di potere che, seppurDISTURBI distruttiva, dà un senso momentaneo di sicurezza.
La bulimia, invece, segue una dinamica opposta: si alternano abbuffate e condotte di compenso, accompagnate da un forte senso di colpa e perdita di controllo. Uno dei fattori che ha contribuito alla diffusione di questi disturbi è l’evoluzione dei modelli di bellezza nel tempo. Nel dopoguerra era apprezzata la formosità, ispirata a icone come Sophia Loren. Negli anni Novanta, con la diffusione della cultura del biologico, si iniziava ad ambire a un ideale più asciutto. Nel 2000, l’immagine dominante era quella della magrezza estrema, quasi scheletrica, prendendo ispirazione da figure come Kate Moss. Oggi, invece, il modello estetico dominante si rifà a corpi “da bambola”: vita stretta, gambe snelle, ma curve abbondanti. Un ideale irraggiungibile, influenzato dalla diffusione dei social network.
Rispetto al passato, infatti, il giudizio non proviene più da una cerchia ristretta, ma da una platea potenzialmente composta da milioni di utenti: ogni contenuto pubblicato online può essere soggetto a critiche e paragoni, con effetti spesso devastanti per chi è più fragile.
Fortunatamente, il sistema sanitario sta rispondendo a questa emergenza. Sono sempre più numerosi i centri che offrono percorsi terapeutici dedicati, grazie a equipe multidisciplinari composte da psichiatri, psicoterapeuti, dietisti, nutrizionisti e tecnici della riabilitazione psichiatrica. Alcune strutture includono anche attività innovative, come la musicoterapia, che lavora sull’immaginazione e sull’ascolto come strumenti di cura.
Inoltre, vengono organizzati gruppi di psicoeducazione sia per le pazienti che per le loro famiglie, e vengono proposti percorsi di terapia familiare, fondamentali per la guarigione. In molti casi, infatti, il contesto familiare gioca un ruolo chiave. Alcuni centri parlano di “famiglie anoressizzanti”, dove il bisogno di perfezione o la mancanza di ascolto possono diventare terreno fertile per il disturbo. In altri casi, le pazienti si convincono che sia proprio la malattia a diventare un collante che tiene insieme un nucleo familiare in crisi.
Per questo motivo, in molte strutture vengono attivati percorsi specifici per i genitori. L’obiettivo è ricostruire un canale autentico di comunicazione e presenza, con il desiderio comune di comprendere e sostenere.
Secondo i dati, la possibilità di guarigione è alta, a patto che si intraprenda un lavoro profondo su di sé e sul proprio contesto. In un’epoca dominata dal perfezionismo e dall’esibizionismo, è fondamentale ricordare che chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza.