– di Giuseppe Rock Suppa –
Si chiama Mimmo, e i turisti lo fotografano come se fosse solo un’attrazione, “guarda, c’è un delfino”, dicono, mentre chi di dovere cerca di riportarlo fuori, per il semplice fatto che i delfini non sono in vacanza a Venezia, e non è venuto per farsi guardare. Ma come, i delfini? Così carucci? Così simpatici anche negli acquari? Così sempre felici!?!
Mimmo è apparso dallo scorso luglio e è ormai una presenza fissa soprattutto nel Bacino di San Marco. Secondo i biologi entra e riesce periodicamente dal mare aperto, attratto dal cibo e dal movimento, ma resta imprigionato sempre più a lungo nei canali. la Guardia Costiera ha avviato una campagna per salvarlo, insomma il rischio è evidente: disorientamento, ferite da eliche, stress acustico, (ma come? È così felice! Sorride sempre!). Le indicazioni ufficiali sono chiare: restare almeno a cinquanta metri di distanza, non dargli cibo, non inseguirlo con le barche, lasciarlo in pace, e naturalmente i turisti cosa fanno? L’esatto contrario ovvio! Come è ovvio che “Delfino a Venezia” diventa subito instagrammabile, e le uscite in barca, e le guide che lo segnalano, e i taxi d’acqua che lo inseguono: è diventato tipo una tappa turistica. Nessuno però si chiede se dove lo vedono stare è il suo posto, nessuno pensa che dietro l’entusiasmo ci sia un animale perso.
Non è la prima volta: nel 2021 due delfini furono avvistati nel Canal Grande, anche loro acclamati come visitatori speciali. In ogni caso i delfini non arrivano a Venezia per un weekend romantico: finiscono nei canali e non riescono più a uscirne. Il loro orientamento si basa sull’ecolocazione, un sistema raffinato di suoni e echi che permette di ricostruire lo spazio circostante, e la laguna per loro è davvero una trappola acustica: i motori, le eliche, i muri, le strutture subacque, la gente scema che li chiama. Uno studio dell’Istituto di Scienze Marine del CNR ha mostrato come l’inquinamento acustico alteri le vocalizzazioni e i loro percorsi. Venezia, per un delfino, è l’equivalente di una discoteca senza uscite. Gli esperti del CERT provano a guidarlo verso il mare e ogni barca che gli si avvicina per “vederlo meglio” purtroppo peggiora solo la situazione. Perché Mimmo non è un miliardario con lo yacht, non è nemmeno Jeff Bezos che ha deciso di sposarsi in laguna, è solo un essere vivente che si è perso e noi lo applaudiamo come se fosse una star di passaggio.
Il mito del delfino sempre felice nasce da un errore di forma. La bocca ricurva verso l’alto ci illude che sorrida perennemente, purtroppo è solo anatomia: i delfini non possono sorridere, la muscolatura del muso è bloccata, non hanno mimica facciale. Non possono esprimere allegria, e neppure tristezza, perché il volto resta sempre uguale. È per questo che nessuno ha mai visto un delfino triste, anche quando è triste: sembra che rida sempre.
È l’equivoco perfetto tra la nostra proiezione emotiva (spesso scema) e la sua totale indifferenza espressiva.



















