Vincitore di 7 Oscar Lawrence d’Arabia del 1962 rientra a pieno diritto nella definizione di capolavoro del cinema e guadagna il suo posto nell’olimpo dei film d’azione secondo solo probabilmente ai 7 Samurai di Kurosawa. Inquantificabile l’influenza che l’opera di David Lean ha avuto nel corso degli anni; basti pensare che stiamo parlando del film preferito di Steven Spielberg il quale ha più volte dichiarato di aver usato l’opera come modello per il suo celebre Indiana Jones. L’opera è basata sull’autobiografia I sette pilastri della saggezza di Thomas Edward Lawrence, generale inglese di stanza al Cairo durante la prima guerra mondiale che ha contribuito significativamente alla Rivolta Araba contro gli oppressori Turchi. Lean non avrebbe mai più diretto un film pari a Lawrence d’Arabia. I suoi film successivi sono certamente più che godibili, e Passaggio in India è persino notevole a suo modo, ma non avremmo mai più avuto un altro Lawrence.

Il momento in cui David Lean fa capire allo spettatore di essere nelle mani di un maestro arriva all’inizio quando Lawrence (Peter O’Toole) avvicina un fiammifero acceso alle labbra e con un rapido soffio d’aria lo spegne. Prima ancora che l’azione sia completata, tuttavia, Lean ha già inquadrato un panorama desertico, con il sole che sorge lentamente all’orizzonte. È uno dei montaggi ellittici più famosi della storia del cinema, secondo forse solo al montaggio con ossa e astronave di 2001: Odissea nello spazio. Ed è solo il primo di innumerevoli momenti memorabili di Lawrence d’Arabia. Lean sembrava capire che i paesaggi impressionanti da soli non sono intrinsecamente interessanti; ma se si inserisce un personaggio affascinante in mezzo a quei paesaggi impressionanti, si può ottenere la magia del cinema: Lawrence d’Arabia in fondo è uno studio del personaggio di un uomo straordinario ma ciò che rende così memorabile l’opera è il contorno artistico che la macchina da presa riesce a creare.

Lawrence è diverso da altri film epici storici del suo tempo. Nella maggior parte dei grandi film ( penso a film come Ben-Hur, Spartacus, Cleopatra, tutti usciti più o meno nello stesso periodo di “Lawrence” ) si ha la sensazione che i registi inquadrassero le composizioni in base a quanto riuscivano a far entrare nei loro obiettivi widescreen. Raramente si vedono personaggi ripresi da una distanza inferiore a un piano americano, e di solito lo sfondo è stracolmo di scenografie sgargianti. Tutto sembra statico e legnoso. Ma in Lawrence, Lean mantiene le sue inquadrature costantemente vive giustapponendo enormi inquadrature paesaggistiche a primi piani estremi dei volti degli attori. In una scena particolarmente brutale, dopo una battaglia che provoca il massacro di molte persone, l’azione si sposta su un primo piano di O’Toole, in preda al panico e alla follia, che stringe in mano un coltello insanguinato come se fosse riluttante a lasciarlo cadere, evidentemente turbato e al tempo stesso eccitato dalla carneficina a cui ha appena assistito. Sono momenti come questo che distinguono Lawrence dagli altri film epici coevi.

Peter O’Toole porta Lawrence d’Arabia quasi da solo sulle sue spalle. Questo non vuol dire che il cast di supporto non sia eccezionale, ma O’Toole svetta su tutti; O’Toole sa che le figure più influenti della storia possono anche essere le più difficili e spietate quando necessario, e offre a Lawrence una caratterizzazione incredibilmente complessa, lasciando il pubblico incerto se adorarlo o temerlo, o forse entrambe le cose.




















