OMICIDIO DI DINA DORE:

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ANALISI DI ALCUNI STRALCI DELL’INTERVISTA RILASCIATA A FRANCA LEOSINI DA FRANCESCO ROCCA, DETENUTO NEL CARCERE DI ALGHERO  malke OMICIDIO DI DINA DORE:                     

 –      di Ursula Franco  *      –       

Dina Dore è stata uccisa il 26 marzo 2008 a Gavoi, in Sardegna. L’omicida ha colpito Dina alla testa con un corpo contundente, l’ha poi incaprettata e imbavagliata con del nastro adesivo e l’ha messa nel bagagliaio dell’auto che la donna aveva parcheggiato nel garage della casa dove viveva con il marito, il dentista Francesco Rocca, e la figlia Elisabetta di soli 8 mesi. rocca 1 OMICIDIO DI DINA DORE:

Il dottor Francesco Rocca è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per aver commissionato ad un minorenne, Pierpaolo Contu, l’omicidio di sua moglie Dina.

Premessa

In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso. Pertanto, da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che lo faccia spontaneamente. Ci aspettiamo anche che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero.

Un “innocente de facto” non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già dalle prime battute.

Un “innocente de facto” mostrerà di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth) che è un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.

Una negazione è credibile quando è spontanea, ovvero non è pronunciata ripetendo a pappagallo le parole dell’interlocutore.

In sintesi, da Francesco Rocca ci aspettiamo che neghi in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina e che possegga il cosiddetto “muro della verità”.

La frase “io non sono il mandante dell’omicidio di mia moglie Dina”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non sono il mandante dell’omicidio di mia moglie Dina”, è una negazione credibile. Anche “io non sono il mandante dell’omicidio di mia moglie Dina, sto dicendo la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile.rocca leosini scaled e1591622695478 770x480 1 OMICIDIO DI DINA DORE:

Leosini: Rocca, come abbiamo detto, lei intorno alle 21 e 30 rientra a casa, come sempre lei va verso il garage della sua abitazione, però lascia l’auto all’esterno del garage, è così?

È il Rocca che avrebbe dovuto ricostruire i fatti, non la Leosini. Le domande da fare al Rocca sarebbero state: “Ci racconta che cosa è successo la sera dell’omicidio?” e “Poi cosa è successo?”. 

In Statement Analysis, le dichiarazioni di un soggetto invitato a rievocare un evento passato in cui il verbo è coniugato al presente sono considerate non credibili perché ci aspettiamo da lui che parli al passato. Chi falsifica usa il verbo al presente perché parla di fatti che non ha vissuto. 

Il fatto che la Leosini parli al presente (“rientra”, “va”, “lascia”) di un evento passato  ci impedirà di analizzare i verbi usa dal Rocca perché potrebbe influenzarlo. 

Rocca: Sì.

LeosiniEntra in garage, la luce del garage è accesa e a quel punto, qual è la scena che si presenta ai suoi occhi?

E’ il Rocca che avrebbe dovuto decidere da dove partire nella ricostruzione dei fatti. E’ lui il protagonista di questa intervista.

La Leosini continua a parlare al presente. 

Rocca: La sera, specie a quell’ora, sapendo di dover riuscire nonnn… mettevo la macchina dentro il garage, però utilizzavo l’ingresso, la serranda del… del garage per entrare a casa, quindi io arrivopremo, prima di arrivare a casa, la mmm… il tasto del telecomando, la serranda in genere si sollevava e praticamente entro dentro e via, non ricordo se la serranda fosse già aperta (interrotto)

Si noti l’uso del presente da parte del Rocca (“arrivo”, “premo”, “entro”), purtroppo però la sua risposta potrebbe essere stata viziata dal fatto che la giornalista si è espressa coniugando i verbi al presente.

Se la Leosini avesse chiesto “Ci dice che cosa è successo la sera dell’omicidio”, non solo avremmo potuto analizzare i tempi dei verbi utilizzati dal Rocca ma anche le sue priorità, perché sarebbe stato lui a decidere che tempi verbali usare e da dove iniziare il racconto. 

Il Rocca esordisce con una spiegazione non richiesta “La sera, specie a quell’ora, sapendo di dover riuscire nonnn… mettevo la macchina dentro il garage” per prevenire una eventuale domanda dell’intervistatrice.

Si noti in genere”. Si tratta del Normal Factor“. Fare riferimento alla routine è un escamotage usato da chi non dice il vero per evitare di falsificare relativamente ai fatti del giorno del quale parla. 

Si noti che quando il Rocca parla della routine si esprime al passato “si sollevava”.

È un errore interrompere l’intervistato.

Leosini: Mi descriva la scena che lei… lei entra in garage, alza la saracinesca, entra e cosa… cosa vede nel… all’interno del garage?

La Leosini continua a parlare al presente. 

Rocca: Io vedo praticamente la borsa di Dina per terra con vari oggetti sparpagliati nel pavimento.

La parola “praticamente” è superflua, che cosa l’ha prodotta?

Leosini: La macchina.

Rocca: La macchina con lo sportello dell’autista aperto e praticamente con il seggiolino della bimbaaa… poggiato per terra sull’altro lato.

Il Rocca aggiunge ancora la parola superflua “praticamente”, perché?

Leosini: Con la bimba dentro ovviamente.

Rocca: Con la bimba dentro.

Leosini: E la bimba?

Rocca: Con la bimba dentro, la bambina… la bimba dormiva.

Leosini: Dormiva.

È stata la Leosini a costruire work in progress la risposta del Rocca.

Rocca: Ehm in quel stesso momento sono sopraggiunte due ragazze a cui io ho chiesto subito aiuto rendendomi conto che la situazione fosse strana perché io comunque chiamavo Dina, Dina non rispondeva. Di vedere la bambina per terra, lo sportello aperto, la borsa per terra, mi ha fatto pensare subito a qualcosa di strano. Dando mandato alla signora Pina di chiamare la polizia, io sono andato aa… assicurarmi di dove fosse Dina, sono andato a cercarla su. Io ero armato. A loro sembra strano che io sia andato su anziché avvisare la polizia. Io la prima cosa istintivamente che mi è venuta f… da fare è stata quella di cercare Dina.

È inaspettato che il Rocca abbia chiesto aiuto a due ragazze e abbia poi invitato la signora Pina a chiamare la polizia prima di essersi accertato che Dina non fosse in casa.   

Capita di frequente che soggetti che hanno commesso un reato chiedano ad un estraneo di chiamare i soccorsi per evitare lo stress che gli indurrebbe. Salvatore Parolisi, dopo aver ucciso sua moglie, fece parlare con l’operatore del 112 la proprietaria di un bar dove si era recato dopo l’omicidio, lasciando che fosse la signora Giovanna Flamini a riferire ai Carabinieri della scomparsa di Melania Rea. 

Leosini: Comunque Rocca tra lei e me c’è… c’è questo tavolo che ci separa.

Rocca: Sì.

Leosini: Su questo tavolo ci sono 2 verità, c’è la sua verità, Rocca, una verità in base alla quale sua moglie Dina Dore, come lei ha detto, sarebbe stata effettivamente uccisa nel corso di un sequestro finito accidentalmente in tragedia e c’è la verità processuale per la quale lei peraltro sconta l’ergastolo appunto, come dicevo, con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie, uccisa nella simulazione di un rapimento, ma è una responsabilità, è un’accusa orribile alla quale lei si dichiara del tutto estraneo.

Non esistono due verità. Esiste un’unica verità, o il Rocca è il mandante dell’omicidio di sua moglie, o non lo è. 

“è una responsabilità, è un’accusa orribile alla quale lei si dichiara del tutto estraneo” è una libera interpretazione della Leosini, non sono parole del Rocca che non ha mai dichiarato di essere “del tutto estraneo” “all’accusa orribile”. La Leosini aiuta il Rocca a mentire.

Rocca: Assolutamente sì.

Neanche quando viene imboccato il Rocca riesce a rispondere da “innocente de facto”. Dicendo “Assolutamente sì” il Rocca mostra di avere bisogno di convincere.

Leosini: […] Le chiedo Rocca di aiutarci a capire… a capire perché lei sarebbe la vittima incolpevole di un errore giudiziario ed è la cosa che io per… che cercheremo di capire insieme […]

“la vittima incolpevole di un errore giudiziario” è sempre la Leosini a dirlo, non il Rocca, che non solo non ha ancora negato in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie, ma non ha mai detto di essere “la vittima di un errore giudiziario”. 

Leosini: […] perché, sia sincero Rocca, lei la perde la testa per Anna Guiso?

Rocca: Eh io ho avute delle… una relazione con Anna Guiso.

Leosini: La domanda è diversa, lei perde la testa per Anna Guiso?

Rocca: Insomma una cosa un po’ diversa, ci… ci sono due fasi della relazione con Anna Guiso: nella prima, io sto con lei quando Dina era ancora in vita e poi esiste una fase successiva, in cui io dopo decido di riprendere la relazione con Anna Guiso.

Il Rocca tiene a precisare che la relazione con Anna Guiso si sviluppò in due fasi. 

Si noti che il Rocca non dice “prima dell’omicidio di Dina” per evitare di confrontarsi con lo stress che un termine tanto evocativo gli indurrebbe. 

Leosini: […] le sue, Rocca, erano balle da conquistador, oppure lei effettivamente non aveva un progetto di vita futuro con la Guiso?

Rocca: Guardi, io le ho detto prima, quando lei mi ha chiesto se avessi perso la testa, la relazione con la Guiso si articola in due momenti, uno prima di quanto è avvenuto a casa, mentre invece la seconda fase poiii… è diversa.

Il Rocca insiste nell’affermare che la relazione con Anna Guiso si articolò in due momenti. 

Si noti che Rocca non dice “prima dell’omicidio di mia moglie”, ma minimizza dicendo invece “prima di quanto è avvenuto a casa”, perché non vuole confrontarsi con lo stress che il termine “omicidio” gli indurrebbe.

Leosini: […] lei avrebbe lasciato sua moglie per la Guiso?

Rocca: Assolutamente no, tant’è vero che non l’ho mica lasciata io.

Dicendo “Assolutamente no” il Rocca mostra di avere bisogno di convincere. 

“tant’è vero che non l’ho mica lasciata io” è una risposta ambigua.

Il Rocca è capace di dire “tant’è vero che non l’ho mica lasciata io”, perché è vero, non l’ha lasciata, che non esclude però che l’abbia fatta uccidere

Leosini: […] Che tipo era Dina […] come reagiva?

Rocca: Guardi, Dina era la moglie ideale per uno che, tra virgolette, voleva farsi i fatti suoi, nel senso che praticamente non siamo stati mai gelosi l’uno dell’altro, non abbiamo mai avuto… nel senso che nonnn… come dire non c’è mai frullato per la testa che uno potesse stare con un altro o viceversa, quindi non abbiamo mai avuto nessun tipo di problemi di questo genere.

Si noti il ripetuto uso del “mai”.

Il Rocca usa il “mai” per riferirsi al periodo di tempo che aveva preceduto la sua relazione con Anna Guiso, non nega che sua moglie fosse gelosa prima di venir uccisa, né che lui desiderasse stare con Anna, né che tra lui e sua moglie fossero emersi problemi prima dell’omicidio. 

Leosini: […] però glielo richiedo non avrebbe lasciato sua moglie per Anna Guiso?

La Leosini mostra di essere convinta che il Rocca non avrebbe lasciato Dina, lo prova la presenza del “non” nella sua domanda. Una domanda suggestiva attraverso la quale invita l’intervistato a negare.

Rocca: Assolutamente no.

Neanche quando viene imboccato il Rocca riesce a rispondere da “innocente de facto”. Dicendo “Assolutamente no” il Rocca mostra di avere bisogno di convincere.

Francesco Rocca ha scritto il seguente messaggio alla moglie Dina Dore: “Cazzo, neanche quando voglio impegnarmi, riesco a stare con te… voglio solo che tenga presente che ti amo da morire… muoio all’idea di potervi perdere. Ti giuro, credimi, ti farò stare da favola, riuscirò a farti dimenticare questo periodo di merda”.

La Leosini ha affermato che si tratta di uno tra i “messaggi veramente molto toccanti” scritti dal Rocca alla vittima.

Analizziamolo insieme:
1) Rocca esordisce con una inaspettata parolaccia (“Cazzo”) attraverso la quale si mostra dominante e indispone l’interlocutore;
2) non dice “neanche quando mi impegno” ma un debole “voglio impegnarmi” che rivela solo un intento;
3) scrivendo “morire” e “muoio”, ci rivela che la morte, l’omicidio, è già nei suoi pensieri; si tratta di Leakage, ovvero del rilascio involontario di informazioni presenti nella mente di chi si esprime;
4) “Ti giuro, credimi” è il linguaggio dei bugiardi abituali che sperano di essere creduti;
5) chiude con un’altra parolaccia “merda”.

Leosini: […] Tant’è che gli dò anche gli elementi attraverso i quali si mostra come lei abbia fatto di tutto per potere recuperare sua moglie.

Francesco Rocca scriveva questi messaggi per evitare che Dina Dore chiedesse il divorzio, non “per poter recuperare sua moglie”, come affermato dalla Leosini, e nel frattempo pianificava l’omicidio. Un omicidio il cui movente è economico.

Leosini: Senta Rocca, era sincero lei?

Rocca: Come?

Leosini: Era sincero lei?

La domanda della Leosini prevede un “Sì” o un “No” come risposta.

Rocca: Eh certo.

Il Rocca non è capace di rispondere con un “Sì”.

Leosini: Davvero in quel periodo Anna era solo una… una storiella scopereccia, come ho detto.

La domanda della Leosini prevede un “Sì” o un “No” come risposta.

Rocca: Sì ehm… assolutamente. Se io avessi voluto lasciare Dina, l’avrei lasciata, punto.

Il Rocca mostra di avere bisogno di convincere.

“Se io avessi voluto lasciare Dina, l’avrei lasciata, punto” è un’affermazione vera, che non esclude però che l’abbia fatta uccidere.

Leosini: Insomma Rocca lei è all’ergastolo con la più spaventosa delle accuse, quella di essere stato il mandante dell’omicidio di sua moglie, perché perdutamente innamorato appunto di un’altra donna di Anna Guiso […] lei […] proprio a ridosso della tragedia, almeno a quanto sembra, fa di tutto per farsi perdonare da… da Dina, fa di tutto per riprendersi questa moglie giustamente imbufalita e, per lo meno, è quello che traspare da quei suoi messaggi e sono spesso parole in ginocchio le sue, sono spesso, ecco, veramente parole d’amore, anche di desiderio, va detto, per esempio, circa un mese prima della tragedia all’una di notte lei scrive a Dina: “Posso salire a fare l’amore?”

È la Leosini a credere che il Rocca volesse “riprendersi questa moglie”, in realtà il Rocca desiderava solo evitare che Dina si rivolgesse ad un avvocato per divorziare da lui.

Leosini: […] Lei era sincero, o era tutta una farsa quella?

Rocca: No, signora, lì son sincero, eh certo che son sincero.

Il Rocca mostra di avere bisogno di convincere. Si noti il “lì” che ci rivela che in altre occasioni non è stato sincero.

Leosini: […] una farsa per mostrare che quello per cui lei è qui, come mandante dell’omicidio di sua moglie, una farsa per mostrare che invece lei voleva bene a sua moglie e invece quello che è successo non la riguardava, per questo glielo chiedo.

Rocca: Assolutamente.

“Assolutamente” non è l’equivalente di “No”, anzi rivela un bisogno di convincere che gli “innocenti de facto” non hanno.

Leosini: No, se fosse così sarebbe un genio del male lei insomma.

Rocca: Eeeh.

Leosini: Ecco, le farei i complimenti come genio del male insomma.

Rocca: Eeeh.

Si noti che fino a questo momento, nonostante ne abbia avuto l’occasione, il Rocca non ha negato in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina. Francesco Rocca non ha ancora detto “io non sono il mandante dell’omicidio di mia moglie Dina, sto dicendo la verità, sono innocente”.

Leosini: Era tranquillo con la sua coscienza?

Non tutti gli esseri umani sono capaci di provare senso di colpa e rimorso, pertanto la risposta a questa domanda non è dirimente. In ogni caso è una domanda che permetterebbe al Rocca di negare in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina.

Rocca: […] cosa vuol dire se ero tranquillo nella mia coscienza? Io in mia… la mia coscienza, allora come oggi cerca di ottenere quella che sia la verità vera.

Il Rocca prende tempo con una domanda e poi risponde in modo evasivo. 

Si noti che per il Rocca esistono “la verità” e “la verità vera”.  Il Rocca dicendo “verità vera” lascia intendere che sono stati commessi degli errori nella ricostruzione dei fatti da parte di inquirenti e giudici ma non nega di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie.  

Leosini: […] il convincimento di chi l’ha gettato all’ergastolo è un altro…

Rocca: Eh lo so.

Leosini:… che a favorire l’accesso del… di chi ha poi tolto la vita a sua moglie, degli assassini nel suo garage sarebbe stato lei […]

Rocca: Questo lo dicono loro.

Leosini: Purtroppo lo dicono loro.

“Purtroppo” per chi?

Rocca: Eh lo so.

Leosini: l’hanno detto 3 sentenze compresa una cassazione per cui noi siamo qui a parlarci […]

Rocca: Eh.

Uno scambio esplicativo. Le affermazioni della Leosini avrebbe permesso al Rocca di negare in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie ma lui, invece di ribattere, per non mentire, si è limitato a rispondere con “Eh lo so”, “Questo lo dicono loro” e “Eh”. 

Leosini: Lei se lo immaginava che insomma lei era sotto… sotto controllo, che si cominciava ad indagare anche su di lei?

Rocca: Ma io ho avuto il sentore che loro potessero avere qualchee… non loro… cheee mmm… ci potesse essere qualche sentore da parte di qualcuno sulla mia responsabilità, me ne sono accorto in mmm… la cosa non mmm (interrotto)

“mia responsabilità” è un’ammissione.

Leosini: Però lei ha detto… ha usato un’affermazione un po’ strana per lei “che ci fosse sentore che potessi essere responsabile” è una frase brutta eh da parte sua, “sentore” vuol dire “sospetto”, è una cosa, “sentore” vuol dire che lei era responsabile.

È inaspettato che la giornalista interrompa il Rocca, ancor di più lo è il fatto che lo interrompa per contestargli i termini usati.

La Leosini dovrebbe semplicemente prendere atto delle risposte e invece mostra di avere delle aspettative. 

“sentore” significa percezione vaga, sensazione. Anche un “innocente de facto” può avere il “sentore” che si sospetti di lui. Non è “sentore” la parola incriminante, lo sono invece le parole “mia responsabilità”. 

Rocca: Eh assolutamente.

Il Rocca non nega di essere il responsabile. Dire “assolutamente” non equivale a negare. Per non mentire, Francesco Rocca non nega di essere il mandante. 

Leosini: E allora usiamo i termini con… mi deve scusare se io l’ho puntualizzato, ecco.

Non solo la Leosini ricostruisce i fatti per il Rocca e trae conclusioni sganciate dalle parole dell’intervistato, ma lo invita pure ad usare “i termini con…”. È il colmo. Il Rocca usa certi termini perché ha commesso il reato per il quale è stato condannato. “It is what it is”, ovvero “le cose sono quelle che sono” e le parole del Rocca sono la conseguenza delle sue azioni. Non si possono riscrivere i fatti a piacimento, né si può costringere il responsabile di un reato a parlare come un “innocente de facto”.

Leosini […] il fatto che lei avesse taciuto su alcuni punti significativi era motivo di sospetto.

Francesco Rocca: Ma se io fossi un omicida, come loro mi dipingono, sarei così stupido da fare l’amore in macchina con Anna Guiso sapendo di essere ascoltato da loro e poi nego la relazione o faccio finta che nulla succeda? Allora dov’è tutta questa intelligenza del pazzo omicida? Sarei veramente coglione, è diversa la cosa.

È il Rocca ad aprire alla possibilità di essere un omicida, “se io fossi un omicida” sono parole che gli “innocenti de facto” non dicono.

Leosini: Però quando si è innamorati, un po’ coglioni si può essere anche, se me lo consente.

Rocca: Stiamo parlando di 5 anni successivi al delitto. Quindi non è che stiamo parlando di una scappatella. Stiamo parlando di diverse fasi della mia relazione. Io non ho mai avuto problemi a fare quello che dovevo fare in macchina con la Guiso sapendo di essere ascoltato da loro, allo stesso tempo loro dicono: “Ha voluto volutamente tacere la relazione”, e allora son stupido, non sono quello che pianifica, che fa, che introduce dentro casa e… sono stupido eh.

Il Rocca continua a ripetere che ci furono “diverse fasi” nella sua relazione con la Guiso per convincere la giornalista che all’epoca dell’omicidio di Dina non era innamorato di Anna e quindi non aveva motivo di desiderare la morte della moglie.

Leosini: Ci sono state purtroppo al processo molte testimonianze di amici suoi che hanno testimoniato che avevano prestato a lei delle grosse cifre che non hanno mai più rivisto.

Si noti l’inspiegabile “purtroppo” della Leosini.

Rocca: E altri chiamati dell’accusa che invece (interrotto)

Leosini: Eh però…

Rocca:… son stati chiamati per dire che avevano prestato dei miei soldi ed invece hanno dichiarato che sono io che li avevo prestati a loro e che ancora (interrotto)

Leosini: Vabbè, comunque ci sono quelli che purtroppo

La Leosini usa ancora una volta il termine “purtroppo”. 

Rocca:… non me li avevano resi.

Rocca: Quindi ho il dovere, ho il dovere morale, ho il dovere di dire le grandi stupidaggini dette durante il processo.

Il Rocca, invece di cogliere l’occasione per negare in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina, desidera riferire “le grandi stupidaggini dette durante il processo”.

Leosini: […] Ascolti me Rocca, non pensi agli atti, perché, guardi che gli atti li conosc…

Rocca: Sì, sì, sto ascoltando, sto ascoltando, no, io agli atti ci penso eccome…

Leosini: Ma ci penso io agli atti.

Rocca: Non ci dormo io per gli atti.

Leosini: Sì, ma io li ho studiati quanto lei.

Rocca: Figuriamoci se non penso agli atti, gli atti sono importanti.

Leosini: Certo sono importanti, non sarei qua a parlare con lei, sono import…

Rocca: Sono scritti… sono nero su bianco e certificano le bugie dette.

Il Rocca, invece di negare in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina, desidera precisare che negli atti sono scritte delle bugie.

Leosini: Rocca, la prego, quando lei dice bugie ho il dovere di smentirla, non di smentirla, di tutelare diciamo i magistrati che…

Rocca: Vuole qualche esempio?

Leosini: No, in questo momento non voglio esempi, voglio…

Rocca: Se vuole glieli faccio.

Leosini: No, voglio che lei mi faccia dire praticamente quali sono i moventi, il movente che le è stato attribuiti. Il movente passionale, cioè il suo grande amore per Anna Guiso e la sua volontà di spendere la vita con questa donna e il movente economico, perché in base, così, al convincimento degli inquirenti e poi dei magistrati lei non sarebbe stato in grado di mantenere, separandosi da sua moglie, famiglia di sua moglie con la piccola bimba che era nata da 8 mesi e logicamente il suo ménage con Anna Guiso.

Rocca: Eh, questo è quello che sostengono loro.

Ancora una volta il Rocca mostra di essere incapace di replicare alle accuse, non contesta la ricostruzione di inquirenti e giudici, ma torna a dire “questo è quello che sostengono loro”.

Leosini: Questo è quello che è negli atti del processo.

Rocca: Questo è quello che sostengono loro.

Il Rocca è incapace di replicare alle accuse.

Leosini: Perché purtroppo quando si è innamorati… la capoccia si perde.

“purtroppo” il Rocca ha fatto uccidere sua moglie Dina.

Rocca: Si fanno degli errori e di questi errori mi assumo le mie responsabilità.

L’errore di cui il Rocca deve assumersi le sue responsabilità è l’omicidio di Dina Dore, le parole dette e scritte ad Anna sono una conseguenza del reato da lui commesso.

Leosini: Tantè che purtroppo

“purtroppo” per Dina Dore.

Rocca: Tant’è che siamo qua.

Leosini: Qua stiamo a parlarci.

  • Trascrizione di un’intercettazione di una telefonata tra il Rocca e la Guiso, è il Rocca a parlare: 

“SINCERAMENTE MI DISPIACE PER COME GLIELO ABBIANO FATTO, PERO’, CAZZO, ODDIO, DIRLO, ODDIO, DIRLO, MA È STATA CAZZO UNA, COME DIRE, UNA LIBERAZIONE”

In Statement Analysis, a prescindere dal contesto in cui vengono pronunciate, notiamo sempre le parole “mi dispiace” perché è estremamente frequente che vengano emesse dai colpevoli, parole che sono da considerarsi una sorta di “Leakage”. Il “Leakage” consiste nel rilascio involontario di informazioni che stazionano nella mente del soggetto che si esprime.

Francesco Rocca riteneva sua moglie Dina un intralcio.

  • Trascrizione di un’intercettazione di una telefonata tra il Rocca e la Guiso, è il Rocca a parlare: 

HA AVUTO LA FINE CHE MERITAVA, È TERRIBILE, È MACABRO CHE IO LO DICA, MA PEGGIO PER LEI

Francesco Rocca odiava sua moglie Dina.

Leosini: Rocca, io so che la metto in difficoltà nel chiederlo, ma veramente lei in quel momento pensava che sua moglie meritasse quella fine atroce?

Rocca: Non lo so, iooo… tante frasi, tante stupidaggini le ho dette forse per cercare diii… come dire, di farle capire chee… era diventata più importante di quantooo… non fosse stata Dina prima. Io… le frasi che ho detto non hanno giustificazione.

Il Rocca è incapace di rispondere con un “No”. Si noti il “forse” che indebolisce il suo tentativo di spiegare il perché dicesse certe cose alla Guiso.

Leosini: Ma lo pensava veramente?

La Leosini ripete la domanda perché vorrebbe che il Rocca fosse più incisivo. Lo ripeto, quando si interroga o si intervista qualcuno è un errore avere delle aspettative, “it is what it is”. Il Rocca non prende le distanze dalle parole per un motivo preciso, non perché non sappia esprimersi. Francesco Rocca non è capace di negare perché è lui il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina.

Rocca: Ma assolutamente no, si ricordi sempre che io comunque quelle frasi le ho dette sapendo che queste frasi gli inquirenti le leggevano, o le vedevano e quindi, tra virgolette, supponevo che potessero capire che erano frasi dette con lo scopo di, come dire, addolcire Anna e non…, tra virgolette, distruggere il ricordo di Dina. Son state interpretate come (interrotto)

Il Rocca mostra di avere bisogno di convincere, un bisogno che gli “innocenti de facto” non hanno. 

  • Trascrizione di un’intercettazione di una telefonata tra il Rocca e la Guiso:

ROCCA: NO, NON TI HO PRESO IN GIRO, ERO CONVINTO DALL’INIZIO DI POTER RIUSCIRE A TRASCORRERE LA VITA CON TE.

ROCCA: MA DAL MOMENTO CHE IO ERO CONVINTO DI QUESTO FIN DALL’INIZIO CHE CAZZO DI SENSO AVEVA… CHE CAZZO DI SENSO AVEVA TUTTO IL RESTO.

GUISO: CHE COS’E’ TUTTO IL RESTO?

ROCCA: TUTTO IL RESTO E’ FARLA MORIRE, TUTTO IL  RESTO E’ FAR NASCERE QUESTA BAMBINA.

Un’intercettazione che smentisce la storia delle diverse fasi nella relazione con la Guiso e conferma che il Rocca è il mandante dell’omicidio di sua moglie.

Leosini: […] Lei capisce è questo per cui noi ci stiamo parlando.

Il Rocca è in carcere a parlare con la Leosini perché lui è il mandante dell’omicidio di sua moglie, le parole incriminanti da lui pronunciate e registrate dagli inquirenti sono una conseguenza dell’omicidio, non la causa della sua condanna.

Rocca: Eh lo so. Non sono di sicuro frasiii… frasi simpatiche, non esistono giustificazioni a queste frasi, cosa vuole che le dica, io più chee… dire che le ho dette in una fase confusa cercando dii… come dire, di portaree… lei a pensare che l’unica cosa importante fosse lei, più che Dina, più che tutto il resto.

Leosini: […] sono state considerate un’ammissione di colpa, lei questo lo sa adesso.

Rocca: Eh certo che lo so.

Il Rocca non nega per non mentire.

  • Trascrizione di un’intercettazione di una telefonata tra il Rocca e la Guiso:

ROCCA: UN GIORNO LO SAPRAI CHE COSA HO FATTO PER TE E ALLORA TI RENDERAI CONTO DI QUANTO CAZZO TI AMO.

GUISO: COSA HAI FATTO PER ME?

ROCCA: TI AMO, PUNTO. TI AMO. ESISTERA’ UN GIORNO IN CUI QUALCUNO TI VERRA’ A DIRE: QUESTO AVEVA FATTO PER TE TUTTO QUESTO”. E ALLORA FORSE TI RENDERAI CONTO CHE TI AMAVO.

  • Un’altra intercettazione che ci conferma che il Rocca ha fatto uccidere sua moglie Dina.

Leosini: Rocca vuole spiegare a noi, che cerchiamo di capire, cosa intendeva dire ad Anna Guiso.

Rocca: Ma io lo ripeto, quello che ho detto prima, sono frasi che io dico per cercare diii… dii… mmm… di catturare la sua attenzione, diiii… di non farla sentire inferiore a quello che era stata Dina con me. Gli inquirenti attribuiscono questo ad un un fattooo… come dire ad un fatto in particolare.

Il Rocca non dice “omicidio” per non confrontarsi con lo stress che una parola tanto evocativa gli indurrebbe.

Leosini: Eh.

Rocca: Eh ma.

Il Rocca non nega per non mentire.

Leosini: Un piccolo particolare: ammazzare sua moglie.

Rocca: Eh assolutamente non è così.

“assolutamente non è così” non è una negazione credibile, peraltro il Rocca mostra ancora una volta di avere bisogno di convincere. Il Rocca non dice “io non ho fatto ammazzare mia moglie” per non mentire.

Leosini: […] La svolta ha l’ambigua concretezza di una lettera anonima e parlo di ambigua concretezza perché nel buio dell’anonimato spicca nel foglio un dettagliato elenco di nomi fra i quali ci sarebbero stati i responsabili dell’omicidio di sua moglie Dina Dora […] è il 28 marzo del 2008 […] Pierpaolo Contu cerca Stefano Lai […] Pierpaolo glielo dice a Stefano che in quella storia orrida c’era di mezzo lui, che a uccidere Dina Dore era stato lui e ci aveva anche preso gusto. Ma che il mandante di quell’atrocità…

Rocca: Ero stato io.

Leosini: Era lei. Quindi ha mentito…. chi ha mentito? Ha mentito Stefano Lai?

Rocca: Eh assolutamente. Ma del fatto che Stefano Lai ha mentito non ci son dubbi.

Rocca è incapace di rispondere con un “Sì” e mostra di avere bisogno di convincere.

Leosini: È vero che lei aveva stretto con Pierpaolo Contu questo patto di sangue?

Rocca: Ma lasciamo perdere.

Una risposta evasiva. Il Rocca non nega per non mentire.

Leosini: È vero che aveva fatto a Contu tutte queste promesse?

Rocca: Assolutamente no.

Francesco Rocca non è capace di dire “No” e mostra ancora una volta di avere bisogno di convincere.

Leosini: Comunque il 28 febbraio 2013 per lei è una brutta data perché a distanza di 5 anni dalla tragedia, lei Rocca viene arrestato e viene arrestato con la spaventevole accusa di essere lei il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina Dore. Del resto anche ora che ha un ergastolo da scontare lei continua a gridare la sua estraneità alla tragedia.

Di ciò che sostiene la Leosini, ovvero che il Rocca continui a gridare “la sua estraneità alla tragedia”, in questa intervista non v’è traccia.

Rocca: Assolutamente sì.

Francesco Rocca mostra di avere bisogno di convincere.

Leosini: È così.

Leosini: Quindi quel giorno di febbraio il 28 di febbraio hanno arrestato un innocente?

È la Leosini ad introdurre il termine “innocente”.

Rocca: Assolutamente sì. Hanno arrestato due innocenti, non uno eh.

Rocca ripete a pappagallo le parole della Leosini e mostra di avere bisogno di convincere.

Leosini: […] una cosa è certa, in questa storia atroce a fare da protagonista è la menzogna, perché o ha mentito Pierpaolo Contu sul delitto, mi faccia finire, che ha raccontato, lei dice: “Avrebbe”, io dico, ha raccontato a Stefano, dati processuali, una vicenda orrida chiamando in causa anche lei Rocca, o ha mentito Stefano Lai, che avrebbe inventato tutto e soprattutto avrebbe inventato la confidenza di Pierpaolo Contu, si trova?

Rocca: Eh certo.

Rocca è incapace di rispondere con un “Sì”.

Leosini: E avrebbe quindi spedito in galera due innocenti, cioè lei e Pierpaolo Contu, oppure continua a mentire lei?

Rocca: No, io non ho mentit… io non ho mentito e non continuo a mentire, non men… non mentivo prima e non mentirò dopo. Che tutto sia basato sulla menzogna è più che avverato.

Il Rocca riesce a dire di non aver mentito perché non ha falsificato, ha solo dissimulato. Egli infatti, per non mentire, non ha mai detto di non essere il mandante dell’omicidio di Dina.

I non addetti ai lavori ritengono che la maggior parte della gente menta, mentre nella realtà, il 90% dei soggetti che non raccontano la verità, dissimulano, ovvero non raccontano menzogne ma semplicemente nascondono alcune informazioni senza dire nulla di falso. Chi dissimula si affida all’interpretazione delle proprie parole da parte di interlocutori inesperti e quando nega lo fa fornendo risposte che si avvicinano soltanto a negazioni credibili.

In generale la dissimulazione è considerata meno riprovevole della falsificazione perché, essendo un comportamento passivo, fa sentire meno in colpa. Peraltro, chi dissimula può giustificarsi più facilmente di chi falsifica, ad esempio sostenendo di non aver detto tutto a causa di una dimenticanza. 

Giosuè Ruotolo è stato condannato in primo e secondo grado all’ergastolo per il duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza. Riguardo alla dissimulazione sono particolarmente interessanti alcune parole da lui dette alla fidanzata Rosaria nel corso di una telefonata intercettata dagli inquirenti: “Non è che io ho detto bugie, ma ho evitato di dire una cosa, che non significa una bugia”. 

Falsificare è invece molto impegnativo e, con il passare del tempo, chi decide di farlo si accorge che non solo è costretto a ripetere all’infinito la prima bugia, ma che deve far ricorso a superfetazioni sempre più articolate per tenerla in piedi.

Leosini: Comunque Rocca per riassumere Lei sconta un ergastolo come mandante dell’omicidio di sua moglie mentre continua appunto a professare la sua innocenza.

Nulla di più comodo per il mandante di un omicidio di un portavoce che chieda solo di confermare più o meno conditi proclami d’innocenza, peraltro completamente sganciati dalle risposte da lui appena fornite che invece lo inchiodano senza se e senza ma alle sue responsabilità.

Rocca: Eeee.

Il Rocca, per non mentire, non dice “Sì”. 

Leosini: Pierpaolo Contu, le cui impronte peraltro non sono mai state rinvenute sul corpo di Dina né sulfamigerato scotch che ha tolto il respiro a sa moglie e che non ha mai confessato Contu, è stato condannato a 16 anni di reclusione.

Rocca: Non è che non ha mai confessato, si è sempre proclamato innocente.

Dirsi “innocenti” non equivale a negare l’azione omicidiaria.

Rocca: Le forze dell’ordine trovino ignoto 1 chiunque esso sia, non devono evitare di cercare ignoto 1 solo perché sanno che ignoto 1 non è ricollegabile a Pierpaolo e Francesco, devono cercare ignoto 1 perché è ignoto 1 che ha ucciso Dina e questo lo dovrebbero a Dina e a tutto il resto.

Il Rocca, invece di negare in modo credibile, si aggrappa a “ignoto 1”.

Leosini: Senta Rocca, in precedenza ci siamo incontrati e lei a denti stretti mi ha detto: “Dina non ha avuto giustizia”, allora secondo lei, chi ha ucciso sua moglie?

“Dina non ha avuto giustizia” sono parole riportate dalla Leosini, se le avesse pronunciate il Rocca potrebbero semplicemente voler dire che uno degli assassini di Dina non è stato ancora identificato. E chi meglio del mandante ne avrebbe contezza?

Rocca: Io questo non sono in grado dii… di stabilirlo magari potessi essere in grado di dirlo, ioo… faccio tutt’altra professione, peròòò… loro hanno un dato certo che è il DNA di ignoto 1, partano da lì e trovano il responsabile, trovano il mandante e trovano tutto quello che c’era dietro.

Il Rocca si incarta e ci rivela che è a conoscenza dell’esistenza di un “mandante”.

Leosini: Sta sollevando dei dubbi forti su come sono state condotte le indagini.

Rocca: Io sto dando dei dati, sto dando dei dati, non sto sollevando dei dubbi, sto dando dei dati. Io merito un giusto processo. Dina merita giustizia. Lasciamo perdere me, a me mi hanno condannato all’or… all’ergastolo, ok. Lasciamo perdere me. Cerchino ignoto 1, almeno per rispetto di… della povera Dina.

Rocca accetta di essere stato condannato all’ergastolo. 

Leosini: Rocca Il mandante di un crimine è un vigliacco: si macchia la coscienza ma non si sporca le mani. Cosa c’è di lei in questa definizione?

Rocca: Niente… niente, assolutamente niente. E un giorno mi auguro di poterlo… di poter riuscire a dimostrare quello che dico. Io non sono stato il mandante di niente.

“Io non sono il mandante di niente” non è una negazione credibile, Rocca, per non mentire, sostituisce “dell’omicidio di mia moglie Dina” con “di niente”.

CONCLUSIONI

Francesco Rocca non ha mai negato in modo credibile di essere il mandante dell’omicidio di sua moglie Dina Dore; ha mostrato di non possedere il cosiddetto “muro della verità”; non ha mai usato le parole “omicidio”, “assassinio”, “uccisa”, “ammazzata”, per evitare lo stress che gli avrebbe prodotto il pronunciarle; non ha mai speso neanche una parola d’affetto per Dina, mentre, parlando della fine del suo rapporto con Anna Guiso ha detto: “Eh per me è stato un dolore (incomprensibile) io non lo nego che sia stato un dolore, io non ho paura di dire quello che ho fatto, di dire quello che pensavo allora” ed infine, non ha avuto parole di condanna e di disprezzo per gli autori dell’omicidio di sua moglie Dina.

Francesco Rocca non è la vittima di un errore giudiziario.

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ursula franco 1 OMICIDIO DI DINA DORE:* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari