– di Vincenzo D’Anna* –
Che fosse un parolaio, amante dei colpi di scena, affabulatore di vecchio stampo, imbonitore da mercato, lo sapevano in tanti. Peccato che solo in pochi glielo hanno potuto (o voluto) dire. Sì, perché Vincenzo De Luca ha imperversato per molto tempo sul palco del teatro della politica, recitando più parti in commedia, salvo poi intervenire come deus ex macchina per porre fine all’ingarbugliata storia che egli stesso aveva determinato. Moralista a giorni alterni, il “governatore” ha fustigato e denunciato, con voce stentorea, tutti i mali della politica politicante: clientelismo, familismo amorale, affarismo, opportunismo, occupazione sistematica di ogni ganglio della rete di potere. All’atto pratico però quelle stesse categorie tipiche della sub politica più becera, le ha sempre denunciate e fustigate individuandole nell’agire degli avversari, salvo poi applicarle puntualmente a per se stesso ed i suoi compagni di merenda. Insomma: il vero epitaffio dell’ex “sceriffo” è quello di aver “predicato il sublime e praticato il mediocre”, senza imbarazzi e turbamenti, con una faccia di bronzo immarcescibile!! Astuto commediante, dotato di un buon bagaglio culturale, De Luca ha sposato in pieno il celebre aforisma di Machiavelli allorquando questi affermava che governare, in fondo, significa “far credere”. Ed egli ha lasciato effettivamente credere, da governatore della Campania, di essere sopra ed oltre la politica di piccolo cabotaggio, promettendo risultati mirabolanti: una sanità d’eccellenza, il restyling ambientale nella “terra dei fuochi”, il recupero – in termini di risanamento economico – delle numerose partecipate regionali. E ancora: trasporti migliori, sburocratizzazione delle procedure amministrative e sfoltimento della mastodontica macchina burocratica in una regione che conta il doppio degli addetti ai lavori rispetto alla Lombardia che pure ha il doppio della popolazione residente. In ultimo l’idea di costruire dieci nuovi ospedali laddove non ha voluto chiuderne uno di quelli inutili e pericolosi, fino al progetto di una nuova mastodontica sede regionale denominata “Il Faro”. Un opera, quest’ultima, da allocare nel centro di Napoli ad imperitura memoria della sua opera di novello Pericle ad Atene. E non ha fatto diversamente con la prassi della politica spicciola, piazzando in ogni azienda sanitaria, in ogni partecipata ed uffici regionali, i suoi “scherani” il cui unico merito era quello di appartenere alla premiata ditta deluchiana. Ma questa ormai è cronaca già divenuta storia che può essere consegnata al passato perché, pur avendo tuonato e minacciato per mesi, il terzo mandato non ha visto la luce e dunque anche “don Vincenzo” dovrà uscire, come altri comuni mortali, dall’antro del potere costituito. Ed allora, dopo aver vituperato, irriso e messo alla berlina per anni Elly Schlein e tutto il Pd, De Luca cambia tattica nel tentativo di racimolare qualche vantaggio per sé ed i propri cari nel prossimo futuro. In fondo egli ha in dote un cospicuo seguito di elettori e di piccoli fedeli cacicchi sparsi un po’ ovunque, invero anche nelle patrie galere. Un seguito che dovrà pur fruttare qualcosa di politicamente utile!! L’idealista senza macchia e senza paura, il capitan Fracassa salernitano si è dunque convertito alla temperanza ed al dialogo, emulo di Enrico IV re di Francia il quale, per riconciliarsi con Papa Gregorio VII che lo aveva scomunicato, si recò in umiltà in quel di Canossa per ottenere il perdono del Pontefice e la strada spianata alla successione al trono per il figlio. Così ha dovuto fare De Luca per assicurare, probabilmente, al figlio deputato un avvenire di prestigio in seno al partito di via del Nazareno. Ma c’è di più. L’oramai ex primo inquilino di palazzo Santa Lucia, pur dopo averne dette di tutti i colori sull’argomento, è arrivato al punto di incassare senza più colpo ferire la candidatura del grillino Roberto Fico alla presidenza della Regione. Normale prassi compromissoria si potrà dire. E’ il prevalere degli interessi sulle opinioni. Di sicuro tale candidatura non avrebbe destato scandalo alcuno se De Luca non avesse maramaldeggiato per anni contro l’ignoranzs ed il “dilettantismo” dei 5 Stelle e Sordi e le manovre di corridoio di casa dem!! Parliamoci chiaro: se alzi i toni e ti travesti da eroe dell’anti politica politicante, fustigatore di vizi e tiranni, ecco che il compromesso a cui addivieni si trasforma in un’ignominia, diventando automaticamente il marchio di una doppiezza morale e politica. Ed è tanto clamoroso il voltafaccia da dar vita ad illazioni di ogni genere sulla reale portata del compromesso in termini non solo di potere, ma anche di annessi e più concreti corollari. Insomma a De Luca è caduta la classica foglia di Fico con la quale, a mo’ di statua, si era lungamente illustrato nell’immaginario collettivo. In fondo quello stesso re che si umiliò a Canossa, per poter salire sul trono di Francia abbandonò la religione protestante e si convertì al cattolicesimo, pronunciando la celebre frase “Parigi val bene una messa”.
*già parlamentare
Da elettore “strutturale”, del PD, obiettivamente, non posso che essere d’accordo con l’articolo del dott. D’Anna.
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