SANITÀ, ANALISI NURSING UP. ANTIBIOTICO-RESISTENZA: CONSUMI ANCORA TROPPO ALTI IN ITALIA. LA STEWARDSHIP SI VINCE CON LA COMPETENZA DEGLI INFERMIERI E CON L’AGGIORNAMENTO COSTANTE IN TERMINI DI FORMAZIONE

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Una qualificazione professionale tra le più robuste d’Europa – che contempera circa 2.000 ore di tirocinio clinico – e performance confermate all’estero, dove oltre il 90% degli infermieri italiani viene stabilizzato già dal primo anno e supera gli standard internazionali negli esami clinici.

Una minaccia che sta cambiando la medicina

ROMA – La resistenza antimicrobica è una delle principali emergenze sanitarie globali: nel 2023 oltre 1,3 milioni di decessi sono stati direttamente attribuiti a infezioni sostenute da batteri resistenti.
In alcune regioni asiatiche la resistenza ai fluorochinoloni ha superato il 70%, mentre anche in Europa cresce la circolazione di ceppi di E. coliKlebsiella pneumoniae e Acinetobacter spp. refrattari ai carbapenemi, antibiotici salvavita.

Perché l’Italia è un Paese a rischio estremamente elevato

Il punto critico è chiaro: consumiamo troppi antibiotici e li usiamo troppo spesso ad ampio spettro.
Secondo i dati AIFA 2023:

  • 22,4 DDD/1.000 abitanti-die: valore superiore alla media UE.
  • Un indice di utilizzo di antibiotici ad ampio spettro pari a 13,6 (media UE 5,5): quasi il triplo.
  • Prescrizioni territoriali ancora eccessive per infezioni respiratorie e urinarie, anche quando la letteratura raccomanda approcci più selettivi.

Significa una cosa semplice, ma fondamentale: più antibiotici utilizziamo, soprattutto se troppo potenti o troppo a lungo, più alimentiamo la selezione dei batteri resistenti.
L’AMR non è un fenomeno casuale: cresce dove il consumo è elevato.

L’infermiere è il motore clinico-assistenziale della stewardship

La stewardship non si gioca solo sulla scelta del farmaco, ma su ciò che accade dopo: tempi, tecniche, precisione, sorveglianza.
Una revisione internazionale documenta che, quando l’infermiere è parte attiva dei programmi AMS, l’uso inappropriato degli antibiotici si riduce fino al 25–30%.
Il motivo è evidente:

  • garantisce campioni microbiologici raccolti correttamente;
  • controlla rigidamente i tempi di somministrazione;
  • osserva e segnala precocemente variazioni cliniche;
  • guida l’educazione terapeutica del paziente, cruciale nel territorio;
  • contribuisce allo switch EV→orale in condizioni appropriate.

Formazione, variabilità, governance: ciò che in Italia manca

Una ricerca nazionale su oltre 1.600 infermieri ha evidenziato competenze disomogenee sulla farmacocinetica, sui meccanismi di resistenza e sui criteri di de-escalation terapeutica.
La volontà c’è, la responsabilità pure. Manca una cornice nazionale strutturata: formazione avanzata obbligatoria, ruolo definito nei team AMS, indicatori misurabili nei reparti.

Il paradosso italiano: professionisti eccellenti, sistema ancora arretrato che “ingabbia” i talenti

Negli ultimi tre anni la presenza di infermieri italiani nelle strutture europee è aumentata del +18%, segno di professionalità riconosciute e richieste all’estero.
Mentre fuori dall’Italia l’infermiere è protagonista della stewardship, nel nostro Paese il suo ruolo è ancora sottoutilizzato.
Un paradosso evidente: competenze altissime in un sistema che fatica a valorizzarle.

Competenze infermieristiche italiane: perché investire sui nostri professionisti è indispensabile. L’analisi del Nursing Up

Per sostenere con argomenti concreti la richiesta di investire sugli infermieri nella gestione responsabile degli antibiotici, non basta richiamare in astratto il “ruolo centrale” della nostra professione: servono dati che mostrino, passo dopo passo, quanto sia già oggi elevato il livello di competenza raggiunto dalla componente infermieristica italiana, in Italia e all’estero.

I numeri che seguono fotografano sei dimensioni decisive — formazione, performance clinica, sicurezza del paziente, uso appropriato degli antibiotici, efficienza nei contesti più complessi e impatto sull’antibiotico-resistenza — e dimostrano che puntare sugli infermieri non è una scelta ideologica, ma una strategia fondata su evidenze misurabili.

È da qui che parte la nostra richiesta di investimenti strutturali e di formazione avanzata continua. Ecco i punti chiave della nostra analisi-riflessione

  1. Standard formativi tra i più rigorosi in Europa

La laurea in infermieristica italiana garantisce un livello formativo tra i più solidi dell’UE, che contempera circa 2.000 ore di tirocinio clinico obbligatorio, più della Francia e della Germania. A questa base si aggiungono i percorsi post-laurea in area critica, terapia intensiva, infettivologia e gestione del rischio clinico, che raggiungono un tasso di occupazione superiore al 94% nei primi mesi dal titolo. È un segnale chiaro: il mercato del lavoro riconosce immediatamente la qualità dei professionisti italiani.

  1. Performance clinica certificata dai sistemi esteri

Negli ultimi dieci anni, gli infermieri italiani sono stati assunti e stabilizzati nei Paesi del Nord Europa con una conferma oltre il 90% già al primo anno di servizio. Nel Regno Unito, il superamento degli esami OSCE tocca livelli altissimi, con un 92% di successi rispetto a una media globale del 78%. Sono risultati che attestano una preparazione solida, competitiva e molto apprezzata fuori dai confini nazionali.

  1. Capacità tecniche che incidono sulla sicurezza del paziente

Nelle unità italiane dove sono presenti infermieri formati sulla gestione delle infezioni, la compliance all’igiene delle mani è aumentata fino al 35%. Nei reparti in cui il personale ha competenze avanzate nella gestione dei presidi — cateteri, accessi venosi, ventilazione — le infezioni correlate all’assistenza si sono ridotte tra il 20 e il 30%. È l’evidenza diretta che la professionalità infermieristica migliora la sicurezza del paziente.

  1. Contributo documentato all’appropriatezza antibiotica

I team dedicati alla gestione responsabile degli antibiotici, quando includono infermieri con formazione specifica, registrano una riduzione del 25–30% dell’uso inappropriato. L’intervento infermieristico nella transizione dalla terapia endovenosa a quella orale permette inoltre di accorciare i trattamenti di circa due giorni, mantenendo inalterati gli esiti clinici. La presenza dell’infermiere fa la differenza nella qualità e nella durata delle terapie.

  1. Efficienza nei servizi ad alta complessità

Le terapie intensive, l’emergenza-urgenza e le subintensive italiane sono tra i contesti europei dove gli infermieri ottengono le migliori performance in termini di tempi di intervento, monitoraggio dei parametri e gestione sicura dei presidi invasivi. Anche nella gestione delle cronicità complesse — diabete, BPCO, insufficienza cardiaca — il contributo infermieristico ha ridotto i ricoveri evitabili fino al 18% nelle realtà più virtuose.

  1. Perché investire sugli infermieri è strategico per l’AMR

Questi indicatori convergono in un’evidenza univoca:
l’Italia dispone già oggi di infermieri altamente performanti, tecnici, preparati e riconosciuti anche in Europa.
Serve puntare sulla formazione avanzata continua, definire ruoli chiari nei team AMS e ampliare gli spazi decisionali in tutte le fasi della cura.
Ridurre l’uso improprio degli antibiotici significa affidarsi alla figura che osserva il paziente minuto per minuto, che gestisce presidi e transizioni, che intercetta le variazioni cliniche e che può orientare la terapia verso scelte più appropriate.

La posizione di Nursing Up

Nel commentare il quadro nazionale, il Presidente Antonio De Palma evidenzia che «continuare a consumare più antibiotici della media europea significa continuare a generare più resistenze. È un meccanismo lineare e pericoloso. L’infermiere vive la terapia minuto per minuto ed è l’unica figura capace di spezzare questa catena, con competenze cliniche, assistenziali e di educazione sanitaria che nessun altro professionista possiede allo stesso livello. I nostri infermieri sono tra i più apprezzati in Europa: ora servono formazione avanzata, ruolo chiaro nei team AMS e investimenti reali. Non chiediamo privilegi, chiediamo strumenti per proteggere l’efficacia degli antibiotici, una risorsa che il Paese rischia di perdere.»

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