OSPEDALE…L’ATRIO DEL PADIGLIONE D

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(f.n.) Viaggio attraverso la nebbia…Quando capita di piombare nel bel mezzo di ciò che scrivi e racconti quotidianamente, hai sempre l’impressione assai sgradevole che la realtà superi di molto la fantasia…Capita che ci si avvii lungo il piazzale retrostante la struttura ospedaliera e si entri dall’ingresso posteriore del padiglione D…il famigerato padiglione di cui all’articolo precedente…un viavai promiscuo e di colore smorto…una umanità varia…che trascina buste rigonfie…è quasi l’ora delle visite…che cammina lentamente e si avvia verso le scale…o che cerca una indicazione che non arriva…un cartello che non c’è, una segnaletica inesistente…o non aggiornata…umanità sofferente che va incontro alla sofferenza…umanità frustrata che scivola su un pavimento sporco, dai colori sporchi e grigi della nebbia e del fumo…e  là vicino al battiscopa… una lunga striscia scura racconta di stracci sporchi che passeggiano svogliatamente sullo sporco nell’asse centrale dove avviene il calpestio comune e lasciano le fasce laterali a scurirsi, strati di polvere diventata grasso indelebile e raffermo…sussurri lamentosi…due medici passano velocemente, i camici aperti che si alzano ad ala nella corsa breve…un borbottio che rotola lungo il corridoio e lascia una traccia di protesta, di critica…due medici privi di interlocutore adeguato, stanchi…demotivati…Nell’atrio troneggiano tre contenitori per i rifiuti, regolarmente “non a norma” …Il sindaco di Caserta che, evidentemente ama, ritualmente, ascoltare il suono della propria voce, ha soltanto minacciato di multare l’ospedale, perché non si effettua la differenziata…” minaccette per gradire”…e paradossalmente, non si rispetta neppure la differenziata che osserva l’utenza in transito,  visto che la ditta incaricata della raccolta, alla fine della giostra, secondo la tradizione, mescola tutto e porta in discarica…o chissà dove…Le scale sono luride…così l’insieme…il colpo d’occhio riflette una dimensione scadente…degradata…vien voglia di andare via, di prendersi il malato sulle spalle e andare altrove…in qualsiasi posto…in qualsiasi luogo… dove… almeno l’aria non sia così greve…così pesante…così …triste…così malata…