ALLA RICERCA DI SE STESSI, PER ACCORGERSI CHE SI È SOLO E SEMPRE…SE STESSI

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%name ALLA RICERCA DI SE STESSI, PER ACCORGERSI CHE SI È SOLO E SEMPRE…SE STESSICari amici, posso comprendere tutte le perversioni, ma quella di camminare giorni e giorni proprio no, non riuscirò mai a capire o quantomeno mettermi nei panni di chi sceglie di camminare alla ricerca di se stesso. Siamo nel 2020 ormai, nel futuro e viviamo nei tempi moderni “velocizzati” dai trasporti e non come nell’antichità che per andare da Milano a Roma si  impiegavano giorni e giorni, a cavallo o a piedi, oggi fortunatamente e grazie al progresso puoi non camminare affatto. O camminare quanto basta purché salutare e non so quanto sia salutare camminare per giorni e giorni.  Infatti il mio medico dice di camminare almeno 30 minuti al giorno, e io non voglio saperne neppure di quelli, troppa fatica.

Invece esistono persone che incredibile a dirsi, si rilassano così, ma non è questione di rilassarsi, molti affermano di farlo, di mettersi in cammino, per trovare se stessi, e cosa cacchio trovino quelli che trovano se stessi non I’ho mai capito, perché prima cos’erano? E comunque quando hai trovato te stesso cosa cacchio ci fai? Magari lo trovi e ti fa pure schifo, meglio essere un altro. Essere se stessi di per sé non ha niente di positivo, figuriamoci trovare un altro se stesso, e poi dipende da cosa si è; molti farebbero meglio a distruggere se stessi, sia per se stessi sia per gli altri che se li trovano sempre tra le palle. Tutti a fare il cammino di Santiago o la via Francigena per ritrovare se stessi, anziché chiedersi perché non si sono mai trovati, una volta andavano in India, oggi invece camminano per intere settimane, la più ridicola moda alternativa degli ultimi dieci anni.
Comunque è tutto all’insegna della scomodità: dormono nelle celle dei monasteri e conventi e ci si riposa in chiostri deserti per poi riprendere a camminare, camminare, camminare, camminare, camminare e ancora camminare. Che due palle. Mi sono informato ed ho scoperto che si chiama lo  “slow walking”, camminare lentamente alla ricerca di se stessi. Probabilmente solo perché oggi tutto ciò che è “slow” è fico, è moda e si sa quando è moda è moda. Ma allora cosa c’è di più slow che starsene proprio fermi? Inoltre ci sono anche quelli che usano la bicicletta (secondo me imbrogliando perché è vero che se hai voluto la bicicletta devi pedalare, ma se vuoi fare la Via Francigena o il cammino di Santiago devi camminare). Insomma parlo di quelli che capita di vedere ai lati delle strade arrancare con degli zaini grandi sulle spalle, come se avessero con loro la propria casa, a me fanno perfino tenerezza, gli sfreccio accanto in macchina sentendomi come il super eroe Flash sulla Ferrari, mentre loro ci metteranno giorni e giorni per arrivare (chissà dove), come fossero nel Medioevo, poverini, mi viene voglia di dargli pure un passaggio, ma evito, tanto so che non lo vorrebbero. Ti dicono, anzi predicano che la fatica, il dolore e la perseveranza nel cammino ti mettono di fronte ai tuoi limiti, ma io non voglio essere messo di fronte ai miei limiti, già mi sembra di averne troppi cosi. Ti dicono pure che camminando apprezzi meglio i paesaggi, ma a me farebbero solo male i piedi e non me ne importerebbe nulla dei paesaggi. Ti dicono soprattutto che è un esperienza spirituale, ma io non ho proprio idea di cosa sia lo spirito. A meno che per spirito non si intenda la mente, il cervello, e il mio modello ideale di cervello è quello di Einstein nel corpo di un Rocco Siffredi, oppure meglio, quello del grande Stephen Hawking, che era tetraplegico, completamente immobile su una sedia a rotelle, e secondo me se fosse stato in grado di camminare non sarebbe nemmeno diventato il genio che è stato, credo sia diventato Stephen Hawking proprio perché non poteva camminare come un qualsiasi scemo.

PepPe Røck SupPa