INFERMIERI COMBATTONO UNA GUERRA SENZA PROTEZIONI. BOTTEGA (NURSIND): CHI NE RISPONDERÀ?

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ANDREA BOTTEGA NURSIND INFERMIERI COMBATTONO UNA GUERRA SENZA PROTEZIONI. BOTTEGA (NURSIND): CHI NE RISPONDERÀ?
Andrea Bottega, Segretario Nazionale NurSind

“Gli infermieri, in alcune realtà, per compensare le carenze sono costretti a produrre in casa le mascherine, ad usare sacchi di immondizie per costruire camici impermeabili. Alcuni direttori di unità operativa hanno chiesto la chiusura dei centri d’emergenza per mancanza di tutele per i lavoratori. Disposizioni regionali indicano che non è previsto il tampone per il sanitario che, senza mascherina e altri DPI, è entrato in contatto con persona positiva e quindi infetta da Covid-19, finchè non manifesta i sintomi della malattia in atto. Queste situazioni sono inaccettabili. Viviamo in uno scenario di guerra e queste disposizioni, con lo stesso linguaggio, poterebbero essere definite crimini contro l’umanità”, è quanto scritto da Andrea Bottega, Segretario Nazionale NurSind, nella lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

In questa guerra, dove al fronte non ci sono soldati, ma infermieri e medici, costretti a fronteggiare un nemico invisibile con armi di cartone, le disposizioni messe in atto, creeranno un’ecatombe, saranno molti gli operatori sanitari a cadere e con essi chi gli sta attorno.

“Il protocollo firmato tra governo e parti sociali (non la scrivente) per la “regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” prevede al punto 6 che “qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.” In questi luoghi di lavoro, è detto in premessa, non devono entrare persone con sospetta positività – continua Bottega – Appare del tutto paradossale che questo protocollo preveda molto di più di quanto è previsto per le strutture ospedaliere che, in mancanza di idonei strumenti di protezione individuali andrebbero chiuse. Il tenerle aperte e il non fornire i presidi indicati implica che scientemente si ordina al personale di andare incontro a malattia se non certa, molto probabile. Equivale a ordinare ad un soldato di attraversare le linee nemiche senza armi né protezioni. Alla fine dei colleghi malati o morti chi risponderà?”, conclude il Sindacalista.