ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA ALL’ESPERTO ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA – IX puntata

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     –     Domande di Francesca Nardi     –              

Nessun commento iniziale e nessun annuncio questa volta, soltanto l’invito ad una riflessione, calma, serena e costruttiva per coloro che nonostante tutto, credono ancora che la verità possa emergere e si augurano, che il suo riflesso possa essere cosi accecante da generare in ognuno di noi la necessità di reagire a difesa di ciò che resta della facoltà di “vedere” al di là delle cose, dei fatti e delle persone…

Dottore Scorciarini Coppola, quali sono i motivi della sua contrarietà all’impiego di un vaccino contro la brucellosi nel comparto bufalino?

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Alessandro Scorciarini Coppola

“Devo prima di tutto premettere che non provo alcuna soddisfazione, a recitare il ruolo della Cassandra o del Bastian Contrario; sono parti che non mi hanno mai gratificato. Analogamente al Progetto Bufala, di cui s’è fatto strame, il mio piacere sarebbe stato quello di aver partecipato al fare, ad aver creato economia e posti di lavoro ed essere per questo ricordato, magari avendo ricevuto, qualche volta addirittura un onorario, piuttosto che apprendere dal TG regionale della presenza giusta, ma incombente, quasi fissa e per anni, dei Carabinieri negli allevamenti e caseifici. Dopodiché, se di tutto ciò, alla fine solo questo, mi dovesse restare, lascerò di buon grado che la medaglia della ragione dei fessi, mi venga appuntata. Certo è che, nonostante io mi sia allontanato da tempo dall’ambiente e sul Pianeta ne siano accadute di tutte e di più, mi dicono che la brucellosi sia sempre lì, quasi come l’ho lasciata, anche perché a diffondere il contagio sono impegnate pure le pecore e le capre. Negli ultimi due mesi, siamo diventati tutti, nostro malgrado, un po’ virologi, spero non a livello dei 60 milioni di presunti Mister della nazionale di calcio, ma io continuo, nonostante tutto, a non ritenermi tale, lasciando confinate le competenze nell’ambito della Economia e Politica Agraria e della organizzazione e sviluppo degli allevamenti e delle nuove possibilità agroindustriali, anche se di quell’argomento qualcosina ne mastico. Venendo subito al vaccino RB 51. contro la brucellosi, poiché detesto i preconcetti e per non dire delle corbellerie, preferisco sempre formarmi un’opinione andando alle fonti, come ripete di fare un noto storico, “spuntuto” come un istrice, che frequento in rete. E’ proprio quello che feci allora, come appresso racconterò, per comprendere che la validità che quel vaccino ha sui bisonti, sui quali e per i quali è stato testato e realizzato, non può essere trasferita tale e quale, ai bufalini, poiché le condizioni geografiche e le tipologie di allevamento risultano negli aspetti fondamentali, addirittura opposte. Ricordo a questo punto, che si tratta di una malattia che si trasmette fra alcune specie animali, bovini, bufalini, suini, ovini, caprini, camelidi e dagli animali all’uomo. E’, quindi una zoonosi e l’uomo può infettarsi e a sua volta infettare i suoi simili essendo una malattia professionale. Nell’uomo il contagio avviene, per lo più, per via orale, come nel caso della ingestione di un formaggio infetto, ma anche attraverso una ferita delle mani o uno schizzo di latte o sangue dell’animale infetto nell’occhio di un addetto ai lavori e poi, sia pur di rado, per via sessuale. Porta febbre altalenante, sudorazione profusa e maleodorante, dolori diffusi, astenia, affaticamento, artrite, depressione psichica e ingrossamento del fegato e della milza. Si pratica una terapia con antibiotici che è sempre molto lunga e debilitante. Inoltre, è una malattia recidivante che, se mal curata, può rivelarsi mortale. Negli animali si trasmette sopratutto con l’allattamento e per via sessuale, motivo per cui si è diffusa la fecondazione artificiale che, per l’appunto, prevede il controllo di questo aspetto, ma può trasmettersi anche per via aerogena e attraverso lesioni cutanee o le mucose. Il decorso è in genere cronico. Porta orchite nei maschi mentre nelle femmine aborto, metrite e ritenzione della placenta. Questa, una volta espulsa, è particolarmente infetta e se ne nutrono gli animali randagi i quali, secondo me, potrebbero partecipare alla diffusione del contagio trasportando la stessa da una stalla a un’altra per consumarla. Altra mia opinione personale, anch’essa tutta da verificare, è che pure i gabbiani, attirati dal mare verso le aree interne dagli enormi cumuli di spazzature realizzati incautamente nei pressi di allevamenti e viste le zampe palmate, potrebbero contribuire alla diffusione del contagio. Ma procediamo per gradi. Parto col dire che sono stato e resto favorevole all’impiego dei vaccini in campo zootecnico, in particolare contro le affezioni respiratorie, specialmente quando questi agiscono contro i virus, tant’è che io stesso mi vaccino ogni anno contro l’influenza. Dato, però, che contro i batteri l’azione dei vaccini, quando c’è, è limitata e la brucellosi è portata da batteri (Brucella Abortus, Brucella Melitensis ecc.) un vaccino contro di essa rientra nel caso in cui, non si avrà una copertura definitiva e illimitata nel tempo per cui, se l’animale vivrà a lungo, il vaccino andrebbe periodicamente ripetuto. Un aspetto, questo, che va osservato per quanto concerne quel che nasconde che potrebbe rappresentare uno dei motivi per i quali, è stato introdotto, un uso, cioè, utile a chi ne fa commercio. Per comprendere le affermazioni, bisogna pensare a malattie che riguardano noi umani, il morbillo, la rosolia e la varicella, che sono tutte malattie virali, delle quali ci si può ammalare una volta sola nella vita. Oltre a ciò, altre due malattie, sempre virali che sono il vaiolo, ormai scomparso in natura, grazie al vaccino e la poliomielite. Una malattia, quest’ultima, che grazie al vaccino antipolio, del quale i più ignorano che, solamente grazie all’enorme sforzo e agli immensi fondi economici messi in campo silenziosamente e senza far clamore dal Rotary International, supportato da filantropi del calibro di Bill Gates, è quasi del tutto scomparsa dalla Terra; persino in quelle aree dove le condizioni sanitarie risultano essere estremamente precarie a conferma della validità dell’azione su di un virus. Una iniziativa partita tanti fa non negli Stati Uniti ma dal Rotary Club di Treviglio, guarda caso della odierna e flagellata provincia di Bergamo. Lo stesso effetto sul quale facciamo tutti affidamento per il vaccino contro il Coronavirus, chiesto in dono nella letterina già preparata e che speriamo di trovare sotto all’Albero di Natale. Un altro punto dolente che mi lascia quanto mai perplesso, sono gli allevatori i quali hanno in genere posto ogni resistenza a che un animale da latte positivo alla brucellosi fosse eliminato; ben sapendo di ricavare poco o nulla dalla carne. Ed è proprio qui, in questo specifico momento, che io mi inserii con il progetto di valorizzazione e produzione della carne, con tutto quello che ho raccontato in altre puntate e che non sto a ripetere. E’ la mentalità corrente che si riscontra in quel comparto, che mi fa paura. L’aspetto sul quale posi nascostamente l’attenzione, il fattore umano, come ho avuto modo di dire in una precedente puntata. L’aspetto che mi fece capire che l’impiego di un vaccino per eliminare la brucellosi non sarebbe stato ben utilizzato considerandolo non per quello che rappresenta, un complemento alla azione, bensì il presidio salvifico per non fare null’altro. Un programma di risanamento con un vaccino che, se applicato nei pochi allevamenti ben condotti, quelli in mano alle poche menti illuminate, avrebbe dato non la risoluzione ma dei risultati. Applicato alla massa degli allevamenti, quelli che diffondono l’infezione ai precedenti, serve solo a coprire e mascherare il problema. E veniamo ai dettagli. Il piano di eradicazione regionale dalla brucellosi è scaricabile in rete, conferma appieno i timori e, ahimè, va pure oltre per quanto riguarda l’approssimazione della stesura, sia pur una bella grafica a colori tenui e le belle immagini a corredo che è possibile ammirare. Su questo nulla da dire ma con errori di approccio al problema e, voglio credere, non solo sperare, di battitura che si riscontrano nelle prime pagine. Nei primi righi della prima pagina il grave problema sanitario, economico legale e di immagine viene infatti subito sminuito con parole a mio giudizio inappropriate che ammorbidiscono e rendono tutto fluido e scorrevole informando il lettore che tanto poi si pastorizza il latte e si può star tranquilli come se non ci fossero, lì ad infettarsi, pure le pecore e le capre oltre che le decine di migliaia di addetti ai lavori, veterinari, casari, mandriani, macellatori, in un turbinio di feti abortiti, placente (un concentrato di brucelle), milze, fegati, urine e secreti vaginali infetti. In quarta pagina, poi, la brucellosi subisce un cambiamento diventando una malattia virale. Sarà da psichiatra d’accatto ma scorgo in ciò il retro pensiero ad aver immaginato, quindi scritto senza rendersene conto, che sia così ben sapendo che non è quasi a cercare di confermare a se stessi la validità del piano. Un errore marchiano che di certo è solo sfuggito agli esperti ma l’approssimazione è chiara ed evidente e ciò è molto grave visto chissà quali onorari sono stati elargiti. Il piano conferma l’utilizzo del vaccino solo sui vitelli dai 6 ai 9 mesi e non sugli adulti ma si sa bene come poi sia andata. Un piano che dimostra di conoscere poco l’ambiente e le persone, gli addetti ai lavori, il fattore antropologico. Aspetti che gli esperti da scrivania dimostrano di ignorare quando sminuiscono il problema e il pericolo di trasmissione, lo ripeto, con il latte che viene pastorizzato come se, poi, non fosse possibile, fosse da escludere, un passaggio di batteri in caseificio dal latte in arrivo, ancora da trattare, al prodotto finito immerso un po’ più in là nelle vasche. Come se i caseifici fossero tutti ampi e funzionali come alcuni della filiera bufalina, i soli che gli esperti forse conoscono, quelli dove si tengono incontri da salotto in abito blu, si servono prosecchi e si fanno visite guidate, progettati e arredati da architetti e non anche gli angusti locali dove molto spesso si producono i formaggi ovicaprini e anche la mozzarella per non dire degli allevamenti che, quando piove a dirotto e gli animali galoppano bisogna essere rapidi a scansare gli escrementi volanti sollevati dagli zoccoli. Quello che allora feci fu fin banale, lo riconosco. Mi procurai semplicemente il foglio illustrativo del vaccino, il cosiddetto bugiardino che dovrei ancora conservare in archivio, per apprendere che lo stesso laboratorio statunitense che lo produce ne indica una validità limitata nel tempo e ne consiglia l’impiego sui vitelli di bisonte per dar loro modo di raggiungere, senza infettarsi di brucellosi, l’età di una ventina di mesi o giù di lì che poi è quella di macellazione. Si tratta, quindi, di un presidio a tempo, valido sui bisonti allevati esclusivamente per la carne il che in pratica si traduce, positivo o non alla brucella, in una vita breve a differenza di quella delle nostre bufale da latte che spesso arrivano a 10 anni e ai miei tempi pure il doppio, restando per tutto il tempo esposte a un possibile contagio. Ecco che così si è giunti immancabilmente a vaccinare, mi fu detto, non solo le vitelle ma pure e ripetutamente le bufale adulte, disattendendo così i proponimenti del piano, visto che una volta che il vaccino è andato in giro, in commercio, mi riferisco a quello lecito e registrato, si è tirato inevitabilmente appresso quello al nero. E qui si torna al fattore umano e sempre per il piacere e l’interesse di chi il vaccino, lecito o non lecito, lo commercializza. Il fatto è che il progetto pare non abbia sortito gli effetti sperati visto che il problema resta poiché, poi, null’altro si è fatto; a parte i soliti abbattimenti di capi qua e là senza il fine ultimo di un impiego remunerativo della carne che è per me rappresenta l’unica strategia vincente. Oltre a ciò si è fatta pure una certa confusione sierologica, da cui più non si recede, restando io scettico anche sul fatto se si riesca o meno a capire, da una analisi del sangue, se una bufala risulti positiva perché è malata o perché sia stata vaccinata. Tornato nel ’96 da un viaggio in Francia dove riscontrai la presenza in quasi tutte le principali città di una catena di ristoranti che servono carne di buffalo cioè di bisonte, i Buffalo Grill, la seconda cosa che feci, essendomi procurarato l’indirizzo della associazione degli allevatori dei bisonti, che ha sede a Denver, la capitale del Colorado, fu quella di scrivere una semplice lettera, ponendo loro una serie di banali domande seguite pure da una telefonata, grazie all’aiuto di una amica di famiglia dall’inglese fluente. Seppi così che il numero dei bisonti era quasi lo stesso dei nostri bufalini di allora, 300mila, che quegli animali erano allevati allo stato brado solo per la carne restando quindi distanziati fra loro e che il poco latte prodotto era assunto direttamente dai vitelli. Una situazione ben lontana da quella dei nostri allevamenti intensivi, dove ho visto animali appartenenti ad allevamenti differenti ritrovarsi separati solo da un muretto e toccarsi coi musi. Altro che distanziamento sanitario! Seppi, infine, ho volutamente lasciato per ultimo questo aspetto, che i bisonti sono allevati in un’area di territorio immensa, composta da ben quattro Stati centrali, il Colorado, l’Idaho, il Wyoming e l’Utah dove qualsiasi virologo d’accatto delle ultime settimane, può fare la differenza rispetto l’area ristretta in cui si trovano confinate le nostre bufale. Ma quanto è costato questo piano in termini di elaborazione e stampa dello scritto, di fiale di vaccino, di onorari per somministrazioni e controlli, di analisi di laboratorio, di ristoro per gli abbattimenti e per la mancata produzione di latte, di perdita di prodotto finito e quote di mercato della mozzarella? Quanto è costato tutto questo in termini di sacrifici personali, energie disperse, ansie patite, malumori, perdita di aspettative? Ne è valsa la pena? Cosa si sarebbe potuto realizzare cinque lustri fa, destinando solo una parte di ciò al Progetto Bufala, quello vero, si perdoni la presunzione, il mio, non quello non a caso anch’esso abortito ma non di brucellosi grazie ad alcuni faccendieri e fallito ovunque sia stato, per così dire, realizzato per spendere un po’ di denaro pubblico? Concludo ricordando che, a uno degli ultimi convegni ai quali venni invitato a tenere una relazione, ultimi per via, lo devo ammettere, delle argomentazioni portate avanti da far torcere sulle sedie alcuni dei presenti chiusi in saggi silenzi, dissi e oggi ripeto che, se il comparto zootecnico, bufale, pecore e capre, un giorno risolverà la brucellosi con le modalità che sta adottando, non avrò esitazioni a strappare in pubblico la laurea saltandoci sopra a piè pari”.