Paolo Poletti è stato vicedirettore della Intelligence nazionale e oggi è il Presidente di Sicuritalia Security Solutions. Sulla sicurezza sanitaria l’ex generale ha le idee chiare e le ha messe al servizio di un accordo che potrebbe fare da apripista nel Paese. Sicuritalia infatti, insieme ad Artemisia Lab, la rete di centri diagnostici ad alta specializzazione diretta da Mariastella Giorlandino, ha messo a punto un piano per la messa in sicurezza cibernetica del gruppo sanitario privato, sotto l’aspetto della protezione delle reti, dei dati e delle informazioni e di tutti gli apparati diagnostici collegati alle reti stesse.
Praticamente ha visto la luce un sistema che rende sicura l’elaborazione e la conservazione soprattutto dei sensibilissimi dati sanitari. Per l’occasione, Sicuritalia ha messo a disposizione tutta la propria esperienza e si è avvalsa anche di aziende partner, leader di settore. Così, ad esempio, un Security Operation Center monitora costantemente il buon funzionamento delle reti di Artemisia Lab, mentre strumenti di intelligenza artificiale analizzano il flusso dei dati per individuare quelle anomalie che possano costituire tentativi di attacco, specie i temuti “Zero-Day”, quelli cioè completamente nuovi e per i quali non sono state ancora sviluppate difese.
Altri elementi del piano che Poletti mette in evidenza, sono l’adozione di modelli di automazione “Industria 4.0” per la diagnostica strumentale (che prevede anche Big Data Analytics e Robotica Collaborativa) e l’avvio del servizio di telemedicina di Artemisia Lab. Qui la sicurezza sarà “by design”, cioè incorporata all’origine quale parte essenziale del progetto. «Siamo soddisfatti dei risultati fin qui raggiunti – ci spiega Poletti. Alla fine del periodo di implementazione – che dovremmo concludere in vari step entro la metà del 2021 – Artemisia Lab sarà una delle strutture sanitarie italiane messe in totale sicurezza dal punto di vista dell’Information and Communication Technology».
Poletti, quanto è importante la sicurezza nel comparto sanitario?
Generale, quando lei parla di hacker nella sanità fa riferimento anche allo spionaggio industriale?
«Ovviamente. Disporre di cartelle sanitarie e di dati sensibili, specie in tempi di COVID, significa di fatto ridurre il costo delle ricerche epidemiologiche. Non possiamo escludere che vi siano, non tanto in Italia ma soprattutto all’estero, operatori borderline che si rivolgono ad hacker organizzati per sottrarre dati da riutilizzare per le proprie ricerche».
In Italia in questi giorni si è sviluppato un intenso dibattito sull’uso dei test sierologici rapidi per il coronavirus. Ma sull’auspicabile sinergia tra pubblico e privato non c’è ancora una parola definitiva. Ed è una confusione che non giova. Qual è la sua opinione?
Sulla possibile seconda ondata e le misure per affrontarla si registra una difformità di punti di vista diverse tra lo Stato e le Regioni e all’interno degli stessi enti locali.
«La riforma del Titolo V della Costituzione – avvenuta nel 2001 – ha affidato la tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, delineando un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere e ampliando il ruolo e le competenze delle autonomie locali. Purtroppo, tale “concorrenza” ha perso il significato di complementarietà, generando un federalismo sanitario atipico. La riforma del Titolo V, delegando a Regioni e Province autonome l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari, puntava ad un federalismo solidale: ha finito invece per generare una deriva regionalista, con 21 differenti sistemi sanitari dove l’accesso a servizi e prestazioni sanitarie è profondamente diversificato. Su tale impianto oggi si impone, a mio avviso, una riflessione. Detto questo di fronte all’epidemia la difformità di comportamenti e di dichiarazioni tra le regioni non è stato un buon esempio. E poi diciamolo chiaramente: ai cittadini italiani in questo momento non va offerta l’ennesima polemica tra istituzioni dello Stato, ma unità di intenti e di vedute per battere sul tempo il possibile e probabile ritorno dell’epidemia in autunno. L’Italia ha dato una buona risposta nel periodo peggiore. Credo e mi auguro che possa farlo anche oggi, con i contagi di ritorno che sono statisticamente prevedibili. Sottolineo poi che la sfida sarà anche quella di riadattare le strutture sanitarie alla vita di tutti i giorni, perché si sono create liste d’attesa spaventose».
Si aspettava l’esplodere incontrollato della movida tra i giovani?
Un’ultima domanda Poletti. In queste settimane abbiamo assistito ad un fiorire di tesi negazioniste sul Covid. La cosa singolare è che tutti costoro, provenienti anche da aree politiche lontanissime, si appellano alla libertà contro quelli che ritengono i soprusi del potere costituito. La convince questa lettura?