ENRICO LETTA E LE SPOGLIE DEL PARTITO DEMOCRATICO

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   –   di Nicolò Antonio Cuscunà   –                                               

In un’organizzazione (politica) è sufficiente sostituire l’uomo al comando per avere un nuovo corso politico?  Nicola Zingaretti, mollando la segreteria, l’ha detto chiaro e certo: “Non posso continuare ad arginare lotte di potere finalizzate alle poltrone”. Nelle aziende, semplici o quotate in borsa, con regole e varianti d’economia e finanza, sostituire l’uomo al comando spesso, ma non sempre, si ottengono risultati positivi (non in Italia: vedi Alitalia, ILVA, Autostrade, ecc.). In un partito, per giunta post ideologico, nato da fusioni a freddo per necessità elettorali, non crediamo sia sufficiente invertire la marcia. Non è facile tracciare un nuovo corso strategico-politico tenendo unite differenti concezioni di filosofia-economica e sociale. Il PD è un coacervo di mondi, assemblati per strategie numeriche, legittime o meno, solo numeriche. I fallimentari tentativi di amalgama e tagli (rottamazioni), non sono serviti a tenere insieme le tante diverse anime, neanche con lo sventolio di “fantasmi del passato da combattere”. A Roma o in periferia, nel PD, le scelte di coalizione, sono d’infinite tonalità di colore. Ed il colore non è più neanche il rosso con le sue tinte e sfumature. Gli esempi si sprecano. Napoli, Ente comune amministrato da un arancione col PD all’opposizione. L’Ente regionale campano, amministrato, per la seconda volta, da un non allineato vestito con abiti rosso-populista-civico. Per rimanere in Campania, in Salerno e Benevento scompaiono le tonalità per assumere coloriture camaleontiche d’occasione. Caserta, addirittura il rosa del PD è abbondantemente contaminato con tutti i colori dell’arcobaleno (civico-affaristiche). Scientificamente la scomposizione della LUCE -Iride – teoria di Isaac Newton – scinde 5 colori+1 -. Di fatto, mescolando i 3 colori primari + i secondari e l’indaco, viene fuori un non definito colore scuro. Il bianco ed il nero sono la somma e la scomposizione di loro stessi. A Caserta, il nero contamina (si fa per dire, sono dello stesso pigmento) la coalizione del PD di Carlo Marino, con tinte reazionarie e affaristico-fasciste.

Dal governo Conte due al Draghi, il PD ha mescolato tavolozze di colori senza limiti e dignità. L’ha continuato a stemperare (governo Draghi), nel tentativo di nascondere proprie, gravose, responsabilità pandemiche (morti), economiche -153 miliardi di spese a debito-. Nell’attuale governo, il PD, ha mescolato il rosa (non più rosso) al verde della Lega, al lilla di Renzi ed al verde di Di Maio, con risultati cromatici “indefinibili”. Provate a mescolare un’unghia di rosso (primario magenta) con un’unghia di verde (secondario), scegliete Voi: verde bandiera, pisello, smeraldo, garda, ecc), verrà fuori un colore cupo, sporco.

Zingaretti, dimessosi da segretario, ma non da presidente della Regione Lazio, ha posto in essere un’altra fusione a freddo: PD con grillini (ex falsi oppositori). Analoga circostanza matureranno al Campidoglio (?!). La poltrona vale più di principi, valori e ideali. Zingaretti, sbattendo in malo modo la porta, rivendica libertà d’azione per salvare Roma e regione Lazio. Altro non poteva, visto l’annunciata colata di bronzo a “cera persa” di Giuseppe Conte federatore pentastellato, prosciugatore dello stagno PD.

In questo dipinto a tinte fosche, di uno stile non ancora censito dalla critica d’arte, Errico Letta, o chi per esso, è stato ripescato per “indurire l’acqua”, di più non potrà fare.

Anche i non conoscitori d’arte e di stili, osservando opere astratte, ad esempio di Jackson Pollock, individuano fruendone armonie, equilibri e infinite cromaticità chiare e distinte.  Nell’annunciata ricerca di “novello stile”, di Errico Letta, da presentare alle elezioni d’autunno e alle future del 2023, non si notano elementi stilistici nuovi. Lo scappato francese, sarà anche un conoscitore d’arte, ma non dispone di una ricca tavolozza di colori. I colori, passati dal convento, oltre a profonde differenze cromatiche, si presentano scaduti, esauriti, aperti e induriti, consumati o composti di pigmenti tra loro non compatibili (colori ad olio, acrilici, a tempera, cera o inchiostri).  Per creare un nuovo soggetto politico credibile, non è sufficiente un’acclamazione virtuale.  Usando le metafore dell’arte: “…per ottenere l’arte moderna, ci vollero anni e anni di ricerca…”. Fallimenti, miserie e fame, povertà e squilibri mentali di artisti e pensatori. Gli impressionisti venivano perseguitati, esclusi dalle esposizioni. In vita Vincent Van Gog non vendette mai un suo dipinto, Schiele veniva deriso, Munch ritenuto folle, eppure, senza questi grandi non avremmo avuto il “rinnovamento dell’arte e la nascita dell’arte moderna“.

Cercare un nuovo corso politico del riscatto e rilancio, nello Ius Soli e col voto ai sedicenni è riduttivo e fuorviante, oltre che patetico e inutile. Tentare di placare la guerra tra bande, per coalizzarle contro ipotetici “avversari” di governo è continuare nel lento e inarrestabile declino.

Le “correnti culturali, divergenti in visioni e concezioni del divenire politico, sono crescita, sono vitalità. La storia è piena di contrapposizioni politiche interne a partiti e movimenti. Le correnti culturali, condotte con valori e principi politici, sono state genesi di nuove idee riformatrici e innovatrici. Al contrario, quelle falsamente ideali, sostenute con personalismi di potere, assemblate nelle emergenze elettorali, hanno sortito morti, scissioni e oblio.

In Italia c’è assenza di socialdemocrazia. I vecchi contenitori non rappresentano i valori d’origine. I luoghi, indicativi di occupazione spazio-luogo sono desueti, superati e non credibili. Gli attuali soggetti sono stancamente privi di indirizzi valoriali. Residui steccati divisori crollano nel breve volgere di governi, quello che era certo ieri non lo è oggi. Il liberismo avanza su tutti i fronti, le stantie contrapposizioni delle “lotte classiste” albergano solo strumentalmente in frange estreme, da tutti avversati. Il governo Draghi, da quasi tutti abbracciato senza clausole e condizioni, è lampante dimostrazione di piattume ideologico anche se coperto dal telo pandemico.

Errico Letta, sa bene non riuscirà a fare approvare l’annunciato riconoscimento dello ius soli. Al massimo gli tornerà utile come collante interno, non certamente aggregherà né amplierà la coalizione.  In piena pandemia, aprire uno scontro interno al governo accettato dalla maggioranza degli italiani, è pura follia. La conta dei morti in aumento, i vaccini fasulli, i debiti da pagare, l’economia ristagnate, le riforme da fare per il recovery plan, l’aumento del malessere sempre più pericoloso, consigliano ben altre e credibili strategie. Gli italiani vogliono uscire dalla pandemia, non entrare nello ius soli.

Il PD è ad una svolta.

Errico Letta non rischia l’oggi né la corsa al Colle. Rischia il tracollo storico, se non saprà imboccare e percorrere la strada valoriale-identitaria. Riformismo europeo: sviluppo sostenibile sociale e ambientale in vista del nuovo patto di stabilità non congiunturale ma strutturale – giovani, ambiente e innovazione digitale, formazione, disabili e esclusi-. In caso contrario, l’annessione al grillo-contismo sarà distruttiva.

Socializzazione nel mondo del lavoro, risolvere l’atavico conflitto tra “capitale e sfruttamento della forza lavoro“, rimane la svolta epocale. Chi saprà farla propria avrà futuro.

I nemici del PD non sono le “cosiddette destre”.  Sono Giuseppe Conte e i pragmatismi opportunistici pentastellati. Più che fantasmi da sventolare, servono idee credibili e innovatrici.  La storia l’insegna e l’obbliga.