IL BOSCO E LA VERGOGNA

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–   di Vincenzo D’Anna*   –       

Il neo presidente del Consiglio Mario Draghi, brancola ancora nell’indeterminatezza per adottare una nuova strategia in grado di contrastare la pandemia di Covid. All’orizzonte però si scorgono buone notizie provenienti dalla stampa scientifica e dalle pubblicazioni, che accreditano la terapia fatta con anticorpi monoclonali come efficace e risolutiva nel 75% dei casi. In soldoni: solo ora qualcuno, nel comitato tecnico scientifico nazionale e nei reparti anti coronavirus, si azzarda a correre il rischio di prendere una decisione, fuori dal cosiddetto “protocollo-tipo” delle cure. Ritardi decisionali che vanno dai vertici alla base, avvalorano, in questa fase, l’idea che tutti vogliano coprirsi dal pericolo di poter essere ritenuti responsabili dell’alto numero dei decessi per Sars Cov2. Una specie di diffusa rassegnazione si percepisce, anche ad un anno di distanza dall’insorgere della malattia. Insomma, andiamo sempre a traino degli altri paesi, con la prudenza esasperata di coloro che debbano guardarsi le spalle più che offrire il petto nella lotta al virus. Tuttavia, le notizie dall’estero arrivano e qualcuno si comincia a porre domande al culmine della terza ondata, dell’ennesima chiusura generalizzata delle attività socio economiche più diffuse, sotto il gravame di aver già superato la soglia di centomila decessi, dichiarati come Covid dipendenti. È noto da tempo che l’uso degli anticorpi monoclonali incide sensibilmente nei processi di guarigione, salvando tre malati su quattro. A differenza dei vaccini, i monoclonali prevedono una sola infusione senza richiami. Si prevede inoltre che questi farmaci coprano anche tutte le infezioni da varianti note del virus. Il via libera alla distribuzione è arrivato solo ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza, unico uomo politico rimasto, in trincea, a metterci la faccia, coadiuvato, in questo frangente, da Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (rivalutato rispetto agli “scienziati televisivi” dei nostri tempi) e dal nuovo direttore dell’Aifa (l’Agenzia Italiana per il Farmaco) Giorgio Palù, una tra le poche voci dissonanti, ai tempi della cosiddetta “omologazione sanitaria”. Il Ministro ha dunque firmato un decreto d’urgenza con il quale si autorizza l’uso del farmaco, ancora in corso di verifica. Sperimentazione a parte, finora i risultati provenienti dai paesi che hanno usato gli anticorpi monoclonali, in primis Israele, sono stati entusiasmanti, con il 75% di guarigione dei malati. Un’arma potente, dunque, che consente di diversificare le vecchie strategie antivirali. Eppure questa tipologia di farmaco, già disponibile e venduta all’estero, è prodotta anche in Italia!! Ma c’è di più: un’altra casa farmaceutica del nostro Paese (con stabilimenti anche a Firenze) ha annunciato l’imminente immissione in commercio di questi anticorpi a costi più contenuti rispetto agli attuali 2mila euro a flacone. Inutile ribadire concetti già espressi, anche sulle colonne di questo portale, ovvero che sostenere questo versante delle ricerche e della produzione, come per i vaccini, avrebbe anticipato gli eventi e ridotto di gran lunga i costi del prodotto (pensate: l’Italia ne acquisisce, oggi, 150.000 dosi ancorché la Germania ne abbia già acquistati, da mesi, due milioni di dosi!!). Ormai, lo si è capito, la parola d’ordine di questa epidemia è “attendere gli altri”. Cosa altro puoi aspettarti, in termini di assunzione di responsabilità, efficienza e tempestività, dall’apparato statale di una Nazione, la nostra, che oggi celebra eroi che, statene certi, un domani diventeranno moltissimi? Tutti insigniti a pari merito, se le cose andranno per il verso giusto! Insomma, l’aforisma che la vittoria avrà cento padri e la sconfitta sarà sempre orfana, non si smentisce. Non è mancato neanche il giorno della memoria, quello nel quale per decenni commemoreremo i deceduti e daremo solidarietà ai parenti di vittime, dopo aver negato loro la giustizia. Un bosco intero crescerà, in nome loro, a Bergamo, città martire di questa epidemia, con alberi piantati per l’occasione. Oltre ottocento i fusti, quanti i morti da ricordare. Molto pochi innanzi alle cifre totali, che darebbero vita ad una foresta con oltre centomila alberi piantati. Molte di quelle persone sono morte perché private di cure e diagnosi adeguate, perché a nessuno passò per la mente di assumere iniziative. L’autopsia su dieci cadaveri avrebbe svelato le cause dei decessi e salvato migliaia di vite. Non bastano i boschi. Occorre uno Stato efficiente nel soddisfare le necessità sanitarie ed individuare quelle giudiziarie. Quel bosco inaugurato da Mario Draghi non diventerà un parco che onora il ricordo dei morti, senza dare loro giustizia. Viceversa diventerà un paravento celebrativo, un artifizio per coprire la vergogna.

*già parlamentare