LE TRACCE DI TERRA REPERTATE SUGLI ABITI DI ELENA CESTE NON PROVENGONO DAL RIO MERSA

0

  malke LE TRACCE DI TERRA REPERTATE SUGLI ABITI DI ELENA CESTE NON PROVENGONO DAL RIO MERSA

–   di Ursula Franco *  –                                                          LUOGO RITROVAMENTO elena ceste LE TRACCE DI TERRA REPERTATE SUGLI ABITI DI ELENA CESTE NON PROVENGONO DAL RIO MERSA

Sono stata consulente della difesa di Michele Buoninconti, di seguito alcune considerazioni sulle tracce di terra ritrovate sugli abiti di sua moglie Elena e ritenute dalla procura di Asti erroneamente un indizio.

Una prima relazione tecnica dei RIS di Parma sullo stato degli indumenti di Elena Ceste ritrovati in giardino e consegnati da Buoninconti ai Carabinieri il 24 gennaio espone quanto segue:

– Gli indumenti sono apparsi in uno stato di apparente utilizzo, il maglione e due collant autoreggenti di taglia e colore diversi erano rovesciati e le calze non mostravano lacerazioni sotto la pianta dei piedi.

– Sui pantaloni sono state rinvenute tracce di varia natura in quantità esigua e ne sono state campionate due. La prima è stata genericamente definita terriccio. La seconda ha mostrato la presenza di granuli fluorescenti attribuibili a materiale di origine vegetale.

– Le tracce di terriccio sono state rinvenute in posizione posteriore.

– Una delle due calze, la più chiara è risultata imbrattata da una traccia di terriccio compatibile con quella rinvenuta sui pantaloni.

– Sulla pianta dei piedi sono stati notati e descritti aloni fluorescenti propri di tracce di sudore come pure di CALPESTIO DI SUPERFICIE UMIDA senza scarpe né pantofole.

Alcune mie osservazioni:

– Le tracce di terra sulle calze e sui pantaloni non sono databili ed, essendo micro tracce, avrebbero potuto trovarsi sugli abiti della Ceste da giorni;

– Sui pantaloni sono state rilevate tracce di varia natura, prova del fatto che quei pantaloni erano già stati indossati.

– È improbabile che gli aloni fluorescenti siano riferibili al sudore vista la fredda stagione invernale ed il breve uso fatto delle calze. Gli aloni fluorescenti presenti sulle calze sono compatibili con la camminata dalla porta di casa al cancello sul terreno coperto di guazza, come affermato dai RIS.

– Nonostante la camminata le calze non si ruppero perché erano calze elastiche molto spesse.

Elena si bagnò la pianta delle calze camminando senza le ciabatte dal tombino al cancello e sporcò la parte posteriore dei pantaloni lasciandoci una zaffata di terriccio e residui vegetali mentre se li toglieva.

Senza sottoporli ad analisi, la procura ha ritenuto di poter affermare con certezza che quegli aloni sotto le calze fossero stati prodotti dal sudore.

Nel sudore sono presenti acqua, urea, immunoglobuline, acidi grassi volatili, colesterolo e ioni di sodio, potassio e cloro. La procura avrebbe dovuto far esaminare le calze ad un esperto che avrebbe dovuto trovare questi elementi in una concentrazione proporzionale alla quantità di sudore che avrebbe potuto creare quegli aloni di umidità sotto le calze.

Come abbiamo visto una prima analisi degli abiti di Elena è stata fatta dai RIS, solo in seguito gli stessi sono stati analizzati da un consulente della procura di Asti, non un geologo ma un dottore in chimica industriale, Ivo Pavan.

Al dottor Pavan era stato posto dalla Procura il seguente quesito: ‘Esaminata la relazione dei RIS Carabinieri di Parma accerti quali approfondimenti possono essere necessari per stabilire l’esatta natura e origine dei terreni…’. Un quesito aperto che gli lasciava carta bianca su eventuali approfondimenti.

Vi ricordo che Michele Buoninconti è padre di 4 figli, 4 figli che all’epoca delle disgraziate indagini su di lui avevano già perso la madre ma nonostante la delicatezza dell’indagine il chimico Pavan si è limitato ad analizzare 7 campioni di terra, tra questi un unico campione di terra proveniente dal giardino di casa Buoninconti-Ceste.

I campioni di terra del giardino di casa Buoninconti e del Rio Mersa furono raccolti da un carabiniere.

In udienza il dottor Pavan ha spesso sottolineato come quelle presenti sui pantaloni e sui collant della Ceste fossero microtracce, tali che la quantità di quel campione non poteva che essere riconosciuta come “estremamente minima”, parole sue, ed “estremamente contenuta”, ancora parole sue, una quantità molto inferiore a quella standard che permette di giungere a conclusioni scientificamente affidabili su una eventuale compatibilità.

Nonostante queste premesse, Pavan ha comunque proceduto all’analisi e al confronto tra i 7 campioni in suo possesso e ha concluso che le tracce di terra repertate sui pantaloni e su uno dei collant di Elena Ceste erano compatibili con i terreni dell’area circostante il Rio Mersa e con il terreno della zona del ritrovamento del cadavere e non erano compatibili con il terreno dell’abitazione di Michele Buoninconti. Una conclusione che ha elevato ad indizio quell’esigua presenza di terra sugli abiti di Elena.

Ma vediamo come il chimico Pavan è giunto a queste conclusioni e quale materiale ha analizzato.

Sono stati oggetto d’analisi:

  • il residuo della calza,
  • il residuo dei pantaloni,
  • il fango del rio,
  • il terriccio della zona limitrofa al rio,
  • il fango della zona rinvenimento del cadavere,
  • le terre nelle vicinanze del rio
  • le terre dell’abitazione di Buoninconti (un unico campione).

Tengo a sottolineare che il dottor Pavan non ha effettuato personalmente la campionatura dei terreni ma ha lasciato che fosse un carabiniere a digiuno di geologia e di chimica a prelevare i campioni sia al Rio Mersa che nel giardino di Buoninconti (un unico campione, ahinoi). Inoltre, il dottor Pavan non ha mai visitato i luoghi d’interesse, come da lui ammesso in udienza.

Dunque, un carabiniere ha prelevato 4 campioni nell’area del Rio Mersa ed un unico campione nel giardino di Michele Buoninconti, vedremo in seguito come questa disparità sia rilevante. Buoninconti, resosi conto della farsa non ha firmato il verbale riguardante quel prelievo, ha invece scritto in calce: “Mi rifiuto di firmare per l’ennesima presa in giro”.

Il consulente della Procura Pavan ha riferito che vi era sui pantaloni di Elena uno “sbaffo” con alcune”particelle” di terreno e, sulla trama del tessuto delle calze vi era un’ombra di terreno. Ovvero microtracce sui pantaloni e una traccia estremamente minima ed estremamente contenuta sulle calze: 6 particelle di terreno sui pantaloni e circa sei o sette sulla calza, una quantità di terreno, sempre a suo dire, estremamente labile ed estremamente piccola ma, nonostante tutto, ha concluso per una compatibilità con il terreno del Rio Mersa e non con quello di casa Buoninconti.

Proviamo a capirne di più.

Una zona antropizzata, come può esserlo un’aia di un’abitazione di campagna, è estremamente disomogenea a causa della costante presenza di fenomeni riferibili alle attività dell’uomo, come il transito delle autovetture, lo scarico delle merci più disparate, merci che possono accidentalmente finire su zone ristrette del terreno caratterizzandolo in quell’area, la presenza in zone limitate del giardino di terricci che possono provenire da serre che hanno cresciuto piante poi trapiantate nel terreno d’interesse o per la eventuale presenza di terre prelevate altrove per ripianare alcune aree, come può succedere quando si costruisce una casa.

In altre parole: un terreno non è una soluzione, non è una miscela omogenea di particelle diverse mescolate e distribuite in modo uniforme tanto che prelevandone un certo volume si ottiene un campione di soluzione con la solita composizione di tutti gli altri campioni. Per questi motivi, quell’unico campione prelevato nel cortile di casa Buoninconti non solo non è rappresentativo di una vasta area come quella ma non lo sarebbe neanche di aree più piccole.

La geologa Di Maggio, consulente della difesa, ha sostenuto udienza che un unico campione prelevato nell’aia di Buoninconti non era sufficiente per una comparazione.

L’unico modo per definire da un punto di vista chimico un terreno così disomogeneo, qual è quello di un’aia di un’abitazione privata, è sottoporlo a svariate decine di prelievi secondo una mappatura a maglia ben disposta e solo dopo averli esaminati tutti e dopo aver fatto una media dei risultati ottenuti è possibile caratterizzarlo con una certa approssimazione.

In ogni caso, a prescindere dalla tecnica di prelievo dei campioni, la quantità di terra ritrovata sugli abiti della Ceste era di molto inferiore alla quantità standard che permette di giungere a conclusioni scientificamente affidabili su una eventuale compatibilità.

La geologa Di Maggio, consulente della difesa, nella sua contro consulenza ha sostenuto che il contenuto di terreno presente sugli indumenti non era sufficiente per svolgere tutte le analisi che di regola vengono svolte sui campioni di terreno in ambito forense, tale quantità di materiale non era idonea a ben caratterizzare il terreno al punto di dare compatibilità tra i terreni presenti sugli indumenti e i terreni presenti nelle zone del Rio Mersa e non compatibilità con i terreni presenti nell’abitazione di Buoninconti. L’osservazione di almeno 2000 particelle è idonea a ben caratterizzare un campione di terreno, pari in termini di peso a 80 milligrammi, essendo necessario un numero sufficiente elevato di particelle per avere risultati statisticamente significativi.

Vi ricordo che il dottor Pavan ha analizzato non 2000 particelle, come vuole la regola, ma solo 6 e nonostante tutto si è espresso sulla compatibilità o meno dei terreni.

A detta del dottor Ivo Pavan tutti i campioni dei terreni analizzati, compreso quello prelevato nell’aia di casa Buoninconti, erano alcalino- salino, argillosi, morfologicamente e strutturalmente praticamente identici e, a suo avviso, era dirimente la presenza di fosforo e zolfo da far risalire all’uso di fertilizzanti. Lo zolfo ed il fosforo, a detta del dottor Pavan, erano presenti sulle tracce di terreno dei pantaloni e dei collant appartenuti ad Elena Ceste, e su tutti i campioni dei terreni del Rio Mersa, compreso quello del ritrovamento, in piccole ma significative percentuali, e tale dato, gli aveva permesso di concludere per una compatibilità con questi terreni e di escluderla per l’unico terreno in cui non erano presenti contemporaneamente gli elementi fosforo e zolfo ovvero il terreno dell’abitazione di Michele Buoninconti.

Il dottor Pavan ha affermato il falso quando ha sostenuto che il fosforo si trovasse non solo sul terreno presente sugli abiti della Ceste ma anche nel campione riferibile al terreno di rinvenimento del corpo, dalle sue tabelle si evince infatti come il fosforo su quel campione del Rio Mersa fosse assente, come fattogli notare dalla geologa consulente della difesa.

La Di Maggio ha inoltre contestato al chimico una disparità percentuale per quanto riguardava il contenuto di zolfo tra il terreno degli abiti e quello del Rio Mersa, il campione sul collant aveva un contenuto medio di zolfo di 20 volte maggiore al campione di terreno del Rio Mersa mentre nel fango prelevato nella zona del rinvenimento del cadavere il fosforo, come abbiamo già visto, era uguale a zero. Il terreno presente sui pantaloni e sui collant aveva inoltre percentuali diverse per quanto riguarda il carbonio, il sodio, il silicio, il calcio, il titanio ed il ferro, dal fango prelevato nella zona di rinvenimento del cadavere. Percentuali diverse degli stessi componenti caratterizzano terreni diversi pertanto non si può parlare di compatibilità tra il terreno del Rio Mersa e quello ritrovato sugli abiti della Ceste.

Infine, il chimico Ivo Pavan, consulente della procura, ha affermato, pur non essendo mai stato a casa Ceste Buoninconti, che la traccia sul collant non era possibile che fosse riferibile a terra dell’aia di Buoninconti perché, avendo infiltrato la trama, era stata prodotta da terra mista ad acqua. A Costigliole d’Asti non pioveva da 4 giorni ma vi era un’umidità massima dell’87% (mattino-sera) ed un punto di rugiada di due gradi (il Punto di Rugiada è la temperatura alla quale l’aria diventa satura di vapore acqueo e cominciano a formarsi gocce d’acqua ovvero condensazione), dati compatibili con la presenza di guazza che poteva mischiarsi a terra e dare la traccia sulle calze.

In ogni caso, se si potesse affermare con certezza scientifica che la terra sugli abiti della Ceste è compatibile con quella del Rio Mersa, e così non è, non si potrebbe datare il deposito di quella terra. Il Rio Mersa si trova a pochi metri da casa Buoninconti e la Ceste avrebbe potuto sporcarsi nei giorni precedenti oppure il cane avrebbe potuto trasferire la terra da altri luoghi ai suoi abiti. Nel caso in specie sono state repertate sui pantaloni della Ceste macchie di varia natura che lasciano supporre che la donna avesse indossato i pantaloni anche nei giorni precedenti.

Sulla base della consulenza del chimico Pavan la procura ha sostenuto a pag. 172 della Richiesta di applicazione di misura cautelare quanto segue: “Non solo quindi è dimostrato che Buoninconti si era recato in quel luogo ma che lo avesse fatto stando a contatto con il terreno sporcano le mani con cui aveva poi AFFERRATO gli indumenti della moglie sino alla materiale consegna ai carabinieri. Sono indumenti che lui aveva toccato per averli presi messi nella busta mostrati ai genitori di Elena dalle rispettive vetture quindi AFFERRATI per la definitiva consegna alle forze dell’ordine. Indumenti che non erano mai stati in cortile a contatto con quel suolo”.

Non solo la procura di Asti si è affidata ad una consulenza priva di valore scientifico per i motivi sopra elencati ma ha sostenuto che  Buoninconti si fosse sporcato le mani con la terra del Rio Mersa dopo aver occultato il cadavere di sua moglie e con le mani sporche abbia trasferito la terra sugli abiti della Ceste, i RIS però non hanno rilevato tracce di terra all’interno della sua auto. Infine si noti l’uso del termine “afferrati”, perché non “raccolti” o “presi in mano”? Perché “afferrati” è più funzionale all’errata ricostruzione della procura di Asti.

*******************

ursula franco 1 LE TRACCE DI TERRA REPERTATE SUGLI ABITI DI ELENA CESTE NON PROVENGONO DAL RIO MERSA* Medico Chirurgo, Criminologo, Statement Analyst. E’ allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari. Fa parte del Forensic Team della COLD CASE FOUNDATION, una Fondazione Americana che si occupa di casi irrisolti, Executive Director: FBI Profiler Gregory M. Cooper.