SAN NICOLA LA STRADA, UN NUOVO PROGETTO PER IL MULINO PALOMBA

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 –   di Davide Fusco   –         

  Un ristorante a tre piani con terrazza panoramica; un centro di documentazione delle tecniche di agricoltura biologica; una scuola di restauro; una biblioteca; una torre belvedere. È parte di ciò che qui doveva esserci ma non c’è. Al loro posto 2500 mq di abbandono. Nell’ottocento il mulino Palomba era tra i principali pastifici di Terra di Lavoro. Ne restano quattro pareti, finestre murate, solai crollati sul pavimento, erbacce e piante. Oggi torna a sperare in un restauro. A fine anni cinquanta Antonio andava lì accanto a giocare a pallone con gli amici. Il campo era una piazzetta tra le case all’ombra d’un pioppo. Nei paraggi c’era una buca in cui di tanto in tanto gettavano pietre. Rotolando verso il basso non producevano alcun rumore; che sotto a quel terreno c’è un enorme vuoto. Lo sapevano bene i soldati americani che si rifugiavano nei profondi cunicoli sotto al mulino durante i raid tedeschi. Arrivarono che l’edificio aveva già un secolo e mezzo. Nel 1823 si chiamava pastificio Fisone. Doveva il nome ad Antonio Fisone, industriale napoletano trasferitosi a San Nicola. Carte d’archivio dicono che nel 1889 era d’un tal Francesco Rossi. Lo cedette a Luigi Palomba che nel 1908 l’ampliò fino a conferirgli l’attuale struttura. Nel 1942 lo requisì il ramo guerra. Vi alloggiarono prima le SS tedesche e poi i soldati americani. Tra questi William Jefferson Blyithe Jr, padre di Bill Clinton, ex presidente degli Stati Uniti. I soldati americani sfruttarono le baracche accanto come deposito di munizioni. Quando lasciarono l’Italia diventarono alloggi demaniali per dipendenti pubblici, civili e militari. Chi vi alloggiava disponeva d’un ‘abitazione di 110 mq a pian terreno, un giardinetto davanti la facciata e uno sul retro. Il mulino a metà anni Settanta diventò un deposito di camion della nettezza urbana. Antonio intanto s’era sposato e arruolato. Inoltrò una domanda per l’assegnazione d’un alloggio militare. Nel 1980 ebbe una casa tra quelle dei vecchi amici. Era grigia, immersa nel verde, lontana dalla litigiosità dei condomini e carica del ricordo dei pomeriggi passati appresso al pallone. L’amava e capiva che accanto accadeva qualcosa di grave. Al mulino s’accedeva anche da un ingresso secondario dietro le casermette. Antonio ne vedeva uscire gente con pezzi di mulino. Molti trafugavano le travi di pino rosso, altri portarono via le porte, altri ancora gli infissi, le decorazioni e le ringhiere dei balconi. Mise una lamiera davanti l’entrata ma ogni tanto qualcuno la rompeva e entrava. Il 12 marzo 1992 fu promulgata la legge N. 257 che imponeva la rimozione di tutte le strutture con amianto. Nei tetti delle casermette ce ne era parecchio. Antonio ne chiese la rimozione. L’ottenne, ma sulle altre abitazioni restò tutto com’era.  Nel 2002 Angelo Pascariello indisse il “Concorso di idee e progettazione per il risanamento dell’ex mulino Palomba”. Vennero fuori varie idee: chi propose di farne un ristorante a tre piani con annessa terrazza panoramica, chi un palazzo della cultura, chi una torre belvedere. Nell’aprile 2003 la commissione giudicatrice assegnò i 2500 euro del premio al progetto presentato dal team composto dagli architetti Pasquale Iaselli e Giancarlo Leone e dagli ingegneri Corrado D’Alessandro e Gianfranco Ditella. Il loro progetto restò nel cassetto. Di tanto in tanto qualche funzionario andava dagli abitanti delle casermette a dire che quel posto era inagibile e pericoloso per via dell’amianto. Nel 2004 convinsero Antonio a lasciarlo per un appartamento condominiale a sud di San Nicola. Il 20 febbraio 2010 una pioggia torrenziale allagò la città. Il soffitto in legno non resse e crollò sul pavimento. L’amministrazione Pascariello contrasse trecentomila euro di mutuo con la cassa depositi e prestiti per la messa in sicurezza. Da allora in Vicolo Casermette giace un cumulo di macerie proveniente dalla demolizione di alcune pareti attuata in quella circostanza. Nel 2012 Delli Paoli ordinò la rimozione di tutti i tetti delle casermette che ospitavano amianto. Finirono nella buca in cui gli amici di Antonio gettavano pietre. Nel 2016 la prima amministrazione Marotta partecipò al “bando per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”. L’ingegner Imbriano e l’architetto Migliore redassero un progetto in cui chiesero un finanziamento pari a euro 1.860.350 per il restauro e la riattazione del sito. Fu inoltrato ma nessuno ne sa più nulla. Lo scorso 15 ottobre la giunta comunale ha approvato una delibera per accedere ai fondi stanziati dal CIS con cui chiede il finanziamento di vari progetti tra cui uno inerente la riqualificazione del mulino Palomba. Incrociamo le dita e speriamo che sia la volta buona. Dall’appartamento condominiale in cui è finito, Antonio ricorda con nostalgia quando vagava tra gli immensi sotterranei a cui s’accedeva attraverso i cunicoli sotto al mulino. Sogniamo d’esplorarli con una visita guidata con lui e tanti altri cittadini sannicolesi.

2 Commenti

  1. Una storia affascinante quella del mulino Palomba, c’erano diversi disegni di soldati americani all’interno di cui uno purtroppo andato perduto a causa del crollo…
    Sono interessato a questa storia e vorrei entrare in contatto con chi ha scritto l’articolo

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