MONDI LONTANI SHORT FILM FESTIVAL “WINTER EDITION”

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di Mariantonietta Losanno 

Dopo i primi tre anni lo Scario Short Film Festival cambia nome: nasce il Mondi Lontani Short Film Festival. Un nome che suggerisce coraggio, ostinazione e tanta fantasia; che abbraccia un’idea di eterogeneità capace di oltrepassare confini geografici e emotivi. Che stimola, entusiasma: attraversare “mondi lontani” significa (anche) accettare – e ospitare – tutte le sfaccettature di se stessi; significa esplorare – attraversando generi, stili e forme di narrazione – opere che bilanciano sintesi, approfondimento e tecnica senza dover cedere all’approssimazione. 

Tra i quattro cortometraggi dell’edizione invernale, due verranno selezionati per il concorso annuale che si terrà nel comune di San Giovanni a Piro (SA). Entriamo, allora, in quei “mondi lontani” (o “Mondi Lontanissimi”, album del 1985 di Franco Battiato), senza tempo né spazio. Che si presentano a volte come mondi “reali” altre come mondi “onirici”. “Mondi Lontani Short Film Festival” si pone l’obiettivo di portare nel territorio campano opere d’arte provenienti da ogni parte del mondo; l’organizzazione dimostra – per il quarto anno – di voler osare permettendo al pubblico di misurarsi con un cinema “libero”, che offre soluzioni illimitate e che “concentra” senza sottrarre. Un Festival che si distingue per originalità, creatività e concretezza.

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1: “Cognition”, di Ravi Ajit Chopra 

Un padre e un figlio vengono separati brutalmente per permettere all’Impero Vega di creare un esercito di soldati capaci di seguire il protocollo combattendo con onore e valore. Ci troviamo in un mondo “diverso”, così come suggerisce la prima battuta del corto: “Quanti mondi esistono?” Nel mondo dell’Impero Vega bisogna imparare a slegarsi dagli affetti familiari per impedire che i sentimenti prendano il controllo. Slegare per diventare più efficienti e manovrabili, eliminando anche i ricordi e “sradicando le radici”. Cosa resta quando si viene privati della propria emotività? Ci sono legami che sopravvivono alle “rimozioni forzate”?

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2: “Zabut”, di Giuseppe Schillaci 

Nunzia torna nell’antico quartiere di Zabut, in Sicilia; qui affronta, insieme a sua madre e al nuovo assistente falegname, i suoi problemi di fertilità. Quello di Giuseppe Schillaci è un “mondo diverso” per motivi esoterici, misteriosi, a tratti anche inquietanti. “Zabut” suggerisce più spunti di riflessione: c’è una donna “sola” (il problema dell’infertilità non viene mai affrontato insieme al suo compagno), ci sono metodi e riti arcaici difficili da concepire se non provando a contestualizzarli; c’è il desiderio, una sessualità complessa e un rapporto madre-figlia altrettanto enigmatico.  

3: “The little Match Girl”, di Selma Indine Strønen Damm

Adattamento cinematografico della fiaba di Hans Christian Andersen (pubblicata per la prima volta nel 1848), “The little Match Girl” è un racconto di luci e ombre; una storia di umiltà e semplicità, accompagnata dalla musica. Un corto (rivisitato) che gela e riscalda e che suggerisce la più banale (o forse la più vera) morale di far affidamento su se stessi non solo da “grandi”; di proteggere il proprio “posto” e il proprio “tempo” e di recuperare la creatività che aiuta a reagire e a scegliere tra tante possibilità di pensiero. Agire, quindi: creare, educare se stessi a cercare “nutrimento” dagli altri ma non necessariamente conforto. 

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4: “Casu”, di Magnus Møller Bakke 

In un negozio di formaggi che ricorda il cinema surreale di Jim Jarmusch (in particolare di “Coffee and cigarettes”), si sviluppa un thriller in bianco e nero dai sapori noir; un dramma psicologico (costruito – anche – attraverso l’ausilio della musica) con colpi di scena e un finale da interpretare. Un enigma da risolvere, o forse da non risolvere: Magnus Møller Bakke inserisce intelligentemente degli indizi ma lascia, poi, allo spettatore la libertà di comprendere la dinamica del “gioco”. “Casu” è un racconto basato su strategia e manipolazione; un thriller minimalista ma pieno di piccole tracce e citazioni.