LA SPARUTA CIURMA

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danna LA SPARUTA CIURMA  

–   di Vincenzo D’Anna*   –                                        

Giovan Battista Vico sarebbe dovuto nascere in Terra di Lavoro, sia per fare onore alle sue genti, sia per far compagnia al più illustre dei casertani: San Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa e gigante dell’intelletto. Pochi sanno che Aquino, oggi in provincia di Frosinone, un tempo ricadeva nella vastissima provincia di Caserta, che si estendeva fino a Nola, prima che il Cavalier Benito Mussolini decidesse di scioglierla aggregandone parte a Napoli, parte al basso Lazio. Ebbene: con la sua teoria sui corsi e ricorsi storici, il grande filosofo di via San Biagio dei Librai, ci avrebbe visto giusto!! D’altronde, non è vero che ciò che accade oggi nella gloriosa provincia casertana, con ciò che resta di Forza Italia, richiama molto da vicino il disfacimento dello scudo crociato? Tutta colpa della lenta ma costante sottomissione al potere decisionale della politica partenopea, quasi Caserta fosse una semplice carta nel mazzo che altri distribuiscono per i giochi che contano davvero. Nella prima Repubblica questo lembo di terra conobbe un sussulto di autonomia e di incisività con la famiglia Bosco, essenzialmente col più volte ministro Giacinto, poi con altri democristiani doc eletti nel collegio camerale di Napoli e Caserta. La Dc casertana risultò la più votata d’Italia nella Balena Bianca, potendo, tra l’altro, vantare un gran numero di tesserati ed una consistente dote di voti nei congressi nazionali, molti più di quelli appannaggio dei vari De Mita, Bianco, Scotti e Pomicino tanto per fare i nomi di gente spesso insignita di importanti cariche ministeriali. E tuttavia i casertani non ebbero mai quel ruolo di preminenza che pure spettava loro in ragione della rappresentanza vantata anche nei quadri dirigenti di livello nazionale. Non diversa la situazione in altri partiti di governo e di opposizione ove pur militavano gente di elevata qualità politica. Le cose non cambiavano sul piano della gestione del potere in ambito regionale se non per la designazione di un assessore o di un presidente del parlamentino campano. Nella cosiddetta seconda repubblica i fatti non mutarono se non per la leadership di Nicola Cosentino (allorquando questi rappresentò il vertice di Forza Italia) e di Mario Landolfi (per la Destra di Alleanza nazionale). Una parentesi che durò fin quando determinate vicende processuali, indirizzate ed utilizzate politicamente, non ne sancirono l’eliminazione per via giudiziaria. Una costante, quella a carico di tutti coloro i quali nel centrodestra si erano distinti per il consenso elettorale ottenuto, come dimostra il lungo elenco di soggetti incriminati e poi assolti dalle infamanti ipotesi a loro carico. Insomma il teorema che questi politici fossero collusi con la camorra e che, nel caso di Cosentino, ne fossero a capo si sciolse poi come neve al sole producendo, comunque, l’effetto di eliminare quei politici dall’agone elettorale. Il danno fu duplice sia perché eliminava dal contesto gente che aveva meriti e seguito di consensi, sia quello di annichilire un’intera generazione facendone sorgere un’altra ben più misera e poco attrezzata. E siamo così al deserto di oggi, che ha trasformato in subalternità ai politici di altre province quella che, un tempo, era una dignitosa ed autonoma classe politica casertana. Capita così di assistere a persone che vagano nelle aule parlamentari, nei consessi regionali e negli enti che contano, come veri e propri ectoplasmi, etero diretti in taluni casi ed in altri tacitati con quella manciata di granturco che De Luca ed altri notabili distribuiscono sapientemente per tacitarli. Nonostante le necessità, le criticità, il bisogno di un milione di residenti suddivisi in oltre cento Comuni, in Terra di Lavoro tutto scorre nell’ignavia e nella sottomissione più assoluta. Il regime clientelare, laddove sia possibile alimentarlo, la fa ancora più da padrone miope e senza decenti prospettive. Policlinico di Caserta, strada Caserta-Benevento, aeroporto di Grazzanise, rinascita del polo industriale casertano, sostegno all’occupazione ed infrastrutture, rilancio della vocazione agro alimentare nelle terre della Campania Felix, progetti di trasformazione in metropolitana pesante delle linee ferroviarie Alifana e Valle Caudina e linea veloce, interporto Maddaloni – Marcianise, sostegno alle zone costiere e montane per incentivare il turismo e i prodotti di eccellenza casertana (olio, vino, mozzarella di bufala, frutta ed ortaggi) con marchi di qualità, sono una parte delle cose da fare. Sarebbe bastato un minimo di decoro politico e d’intesa tra rappresentanti delle varie parti politiche ed istituzioni per risolverne alcuni. Niente!! Le cronache locali ci aggiornano sulla fuga di massa da Forza Italia anche da parte di quelli che erano rimasti alla corte del Cavaliere. Un segno dei tempi che testimonia quanto fallimentare sia stata la gestione di quello che fu il partito egemone in provincia nel dopo Cosentino. Senza timonieri e senza rotta sullo sgangherato vascello forzista restano qualche parlamentare di lungo corso, anfotero per quanto inetto, ed una sparuta ciurma. La peggiore.

*già parlamentare