4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

0

di Mariantonietta Losanno 

Nonostante una programmazione non si costruisca in base ad un (unico) filo conduttore, tra i sette corti proiettati durante la quarta serata del Festival, c’è un particolare legame con il tema del “ricordo”, che assume – attraverso i vari racconti – forme ed accezioni differenti. Ci sono le memorie legate a qualcosa che sembra essere perduto per sempre, quelle – invece – da recuperare, quelle che si vorrebbero rimuovere. La profondità delle varie opere (che sembrano mantenere costante un intento nostalgico di rintracciare i “fili” e analizzare il tempo vissuto e non vissuto), viene “smorzata”, poi, dai corti di animazione, uno tra i quali (diretto da Jonatan Schwenk, vincitore dell’Asino d’Oro a Concorto quattro anni fa) suscita nel pubblico un entusiasmo ed un’energia tangibili. 

Altro tema comune alle varie opere presentate – e a tutte quelle in concorso – è quello del “viaggio”; si riesce, cioè, attraverso le varie storie, ad esplorare luoghi e culture come se ci si potesse immergere in quelle tradizioni e in quelle usanze. Più che “viaggio”, che erroneamente potrebbe risultare fuorviante e ricollegarsi all’idea di “road movie”, si tratta di un’esperienza “immersiva” in territori – per certi versi – inesplorati. Questa, forse, è la particolarità (ribadita anche dallo stesso Direttore Artistico Simone Bardoni) che Concorto si prefigge di portare avanti; quella che viene charita a partire dalla locandina, continuando poi con la selezione dei vari film in concorso e collegandosi anche a tutti gli approfondimenti fuori concorso. Più che “road movie” (non per banalizzare l’importanza del genere, ma in questo caso siamo in un territorio diverso, maggiormente legato ad una narrazione profonda dei luoghi e delle culture), si tratta di un’esplorazione che ci riporta alla tenerezza e alla nostalgia – per fare un esempio – de “Il sapore della ciliegia”, in cui Kiarostami lega una vicenda privata estremamente delicata e (se vogliamo guardarla in una prospettiva più ampia) anche profondamente attuale, ad un racconto sincero e minimalista della sua terra, l’Iran. 

Esploriamo il tema del ricordo analizzando i sette corti in concorso. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

1: “ONCE THERE WAS A SEA….”, DI JOANNA KOZUCH: C’ERA UNA VOLTA IL MARE E LA SPERANZA 

(Slovacchia, Polonia, 17’) 

“Una volta qui c’era il mare”: così ha inizio il corto di animazione di Joanna Kozuch, che indaga i ricordi legati al Mare d’Aral e a quello che ha provocato la sua scomparsa. Tra i racconti delle persone legate al Mare e alla loro vita prima che scomparisse, si riflette sui disastri ambientali prodotti dagli esseri umani e sulle ripercussioni sui territori circostanti e sulle vite delle persone. Ripercussioni che consistono in cambiamenti climatici, polveri inquinanti, malattie. La cittadina di Moynaq non riesce ad accettare che non ci sia più nulla: come è stato possibile tutto questo? Bisognava “salvarlo” quel mare. Oggi quello che resta è un deserto di sabbia salata e tossica, in cui sopravvivono solo gli scheletri arrugginiti delle navi che un tempo solcavano le sue acque. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

2: “UNCLE TUDOR”, DI OLGA LUCOVNICOVA: INDAGINE DI UN PECCATO IMPERDONABILE 

(Belgio, Ungheria, Portogallo, Moldavia, 20’)

Olga torna dopo tanti anni nella sua casa d’infanzia. Guarda le vecchie foto, chiede ai suoi parenti di raccontarle come era la casa quando lei era piccola e come era lei, quando era una bambina. Poi chiede anche allo zio di raccontarle di quando lei era piccola; le domande che gli pone, però, sembrano avere una direzione precisa, come se volesse ottenere una confessione che, alla fine, arriva. Il corto si presenta come un’indagine approfondita di una violenza subita e a cui non è seguito alcun rimorso. “Ci sono peccati perdonabili e peccati imperdonabili”, dice a suo zio. “Quale peccato”, risponde lui, “aver giocato con te, averti abbracciata?”.  Mentre lei insiste sui dettagli di quella violenza per cercare una minima traccia di rimorso o pentimento, lo zio sminuisce quell’atto, provocando, così, un’ulteriore violenza. “Lo stupro (o come lo chiamano) che c’entra col giocare? Tu non dicesti nulla, quindi ti toccai ancora”. Lo spettatore assiste inerme a quella sofferenza di cui, inizialmente sembra che Olga non abbia memoria, ma in realtà è nitida nella sua mente. Il suo intento è ottenere una confessione, non ricordare. Ricorda ogni cosa, purtroppo. “Lo fanno tutti, che ti piaccia o no”, le dice suo zio, “non eri neppure così piccola, avevi nove anni”, continua. In venti minuti si consuma una violenza difficile da digerire per lo spettatore, che ascolta dettagliatamente le parole (e il tono di voce con cui vengono pronunciate), osserva gli sguardi e quei luoghi che sarebbero dovuti rimanere legati a ricordi familiari. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

3: “TCHAU TCHAU”, DI CRISTÈLE ALVES MEIRA: INVENTARE NUOVI MODI PER DIRE ADDIO 

(Francia, 18’) 

Una bambina e suo nonno hanno un legame speciale, vissuto, però, a distanza. Durante le loro videochiamate, fanno qualsiasi cosa “insieme”: ballano, si lavano i denti, cantano canzoni, si scambiano gesti di affetto. Un giorno arriva la notizia della morte del nonno e la bambina inizialmente rifiuta di crederci: la prima cosa che le viene spontaneo di fare è provare a chiamarlo, non ricevendo, però, nessuna risposta. Il corto insiste non solo sull’elaborazione del lutto in età infantile, ma sulla difficoltà di doverlo fare in un determinato periodo storico che impedisce alle persone di stare vicine. Il funerale, infatti, si svolge anch’esso tramite una videochiamata. Neppure il prete può stare vicino la bara. Il pensiero che suo nonno muoia da solo, spinge la bambina ad inventare un nuovo modo di dirgli addio: dargli sepoltura costruendo un fantoccio che ricorda le sue sembianze (e che copre con una foglia) e scrivendogli una lettera. Impossibile non pensare ai tempi – non lontani – in cui la pandemia ha impedito che avvenissero cerimonie (tra cui anche i funerali), e non ha permesso neppure che le persone soffrissero standosi vicino. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

4: “DAWN”, DI LEONOR NOIVO: “TUTTO SU MIA MADRE”

(Portogallo, 28’)

Isabel, dopo la scomparsa di sua madre, prova a ricostruire la sua immagine. “Non conoscevo bene o non conoscevo proprio mia madre”, dice. Non conosceva il suo dolore nel non avere avuto la libertà di vivere come avrebbe meritato. Avrebbe voluto condurre un lavoro che le avesse permesso di ammalarsi. Sua madre, infatti, ha vissuto per anni ritmi lavorativi alienanti, in cui non era possibile neppure avere del tempo per curarsi, per affrontare un problema di salute. Un lavoro per cui non era contemplata neppure la possibilità di dormire e di recuperare le energie. Non era quello che sperava, a volte aveva voglia di urlare, di scappare. Fino a quando, un giorno, l’ha fatto. Sua figlia si pente di non avere avuto il tempo per riuscire a definire sua madre, per non averla conosciuta realmente, per non aver compreso cosa stesse vivendo. Prova, allora, a cercarla in luoghi (nuovi) dove potrebbe (ri)conoscerla. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

5: “ZOON”, DI JONATAN SCHWENK: L’ALLEGRIA CONVIVE CON L’OSCURITÀ

(Germania, 5’)

Cinque minuti di fantasia e suggestioni; di mondi fantastici in cui personaggi buffi emettono versi divertenti e strappano – inevitabilmente – un sorriso. Nonostante l’allegria, l’atmosfera è cupa ed oscura, ed è una scelta che il regista ha compiuto consapevolmente. “Non c’è un solo lato delle cose”, ha spiegato, “sarebbe sbagliato rappresentare solo l’allegria senza l’oscurità”. I due elementi, quindi, sono essenziali entrambi, nel cinema, come – naturalmente – nella vita. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

6: “WILL MY PARENTS COME TO SEE ME”, DI MO HARAWE: LA MUSICA CHE COPRE LE VOCI E IL DOLORE 

(Austria, Germania, Somalia, 28’) 

Una poliziotta somala accompagna un giovane detenuto alla sua esecuzione. Gli viene spiegato in che modo avverrà (tramite fucilazione), gli viene concessa la possibilità di pregare un’ultima volta e di fare un ultimo pasto. L’unica richiesta mossa da lui, però, che riguarda la possibilità che i suoi genitori lo possano vedere, non viene esaudita. Nel momento in cui avviene l’esecuzione la poliziotta non riesce a “sentire” quel dolore; il suono della radio può sovrastare le voci e le urla, ma non il senso di colpa. Il corto di Mo Harawe è un viaggio nella cultura, nella politica e nella società somala, che provoca nello spettatore la necessità di elaborare in silenzio quella sofferenza verso cui ci si sente impotenti. 

%name 4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

7: “THE FOURTH WALL”, DI MAHBOOBEH KALAEE: UN ESERCIZIO DI IMMAGINAZIONE

(Iran, 10’) 

Un ragazzino balbuziente costruisce, attraverso la sua immaginazione, la casa in cui vive e i suoi genitori. La madre è una lavatrice, il padre un frigorifero; come se fossimo in una centrifuga, il corto di animazione “The Fourth Wall” ci porta in un universo di fantasia in cui ogni cosa viene “scomposta”. Tra gocce di acqua che “balbettano”, e “montagne di piatti rotti”, lo spettatore assiste ad un’immagine costruita dalla creatività: questo è quello che il bambino vede e vive quotidianamente. Questo è il modo in cui percepisce i litigi dei genitori, i cambiamenti della sua vita, il suo essere balbuziente. La ricostruzione appare nevrotica e caotica, ma nel modo di raccontare si avverte la forza dei legami. Mahboobeh Kalaee dà forma ad un’immagine di pura fantasia.