AL VIA IL PROCESSO PER LE VIOLENZE AI DETENUTI DEL CARCERE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE 

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   –   di Alfredo Grado –                                      

 È iniziato stamane, nell’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere, il processo per le violenze ai detenuti avvenute nel limitrofo istituto di pena il 6 aprile 2020. Significativa appare la scelta della location, la stessa che ospitò il processo “Spartacus”, quello contro i clan di Casal di Principe, pur tuttavia interamente ristrutturata e arredata con una nuovissima strumentazione ipertecnologica.

Memoria e tecnologia, quindi, sono state messe al cospetto della cosiddetta pubblicità mediata. Uno scenario in cui i mass media non solo fungeranno da cassa di risonanza attraverso cui il processo verrà piegato a scopi di controllo sociale, ma rischierà di divenire canale di consenso o dissenso con notevoli effetti nella stessa gestione del processo da parte degli organi tecnici.

La presenza di telecamere, video e PC coinvolge numerosi equilibri tra diversi valori in gioco. Uno tra tutti, incidere sull’atteggiamento del giudice, delle parti, dei testimoni. Il rischio, in pratica, è che risulti falsato lo stesso gioco processuale.

Va detto che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ammesso che una violenta campagna di stampa circa un caso giudiziario può nuocere all’equità del processo. È infatti possibile che i giudizi espressi dalla stampa, seppur non privino, nella pratica, l’imputato delle garanzie procedurali che normalmente assistono il giudizio penale, mettano in pericolo due diritti che l’articolo 6 della convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosce alla persona sotto accusa: la sentenza da parte di un giudice imparziale e la presunzione di innocenza. In tal senso, quindi, le informazioni diffuse dai mezzi di diffusione spesso sono suscettibili di creare nell’opinione pubblica un’idea sfavorevole dell’imputato, generando, di fatto, un desiderio di condanna. E non si può negare nemmeno che una certa influenza possa essere esercitata anche sui giudici, i quali sono chiamati ad esprimere la decisione legale facendo così venir meno la serenità nel giudizio e l’imparzialità. Il processo, se anche ineccepibile dal punto di vista procedurale, potrebbe quindi essere viziato dall’opinione comune di stampo colpevolista, conducendo nei casi più gravi alla inevitabilità dell’errore. E la storia Giudiziaria italiana ne è una conferma.

*criminologo, esperto in psicologia dei gruppi e delle istituzioni