ROMA – «Vengono aggrediti fisicamente e verbalmente, quasi ogni giorno, e in alcuni casi rischiano anche la vita, come accaduto a Napoli, quando, all’interno di un appartamento in zona Calata Capodichino, a dicembre, una infermiera del 118 si vedeva addirittura puntare una pistola alla tempia da parte del parente di una paziente, per la quale era stata allertata l’ambulanza.
A distanza di poche settimane, da Sud a Nord, siamo in Lombardia, i nostri referenti, di concerto con i cronisti locali, ci segnalano tristi episodi di furti all’interno della vettura di primo soccorso. E non si tratterebbe di un episodio isolato.
Un team composto da medico e infermiere, in particolare è accaduto qualche giorno fa a Legnano, provincia di Milano, che deve soccorrere un malato che ha chiamato il 118, magari in gravi condizioni, potrebbe dimenticare, ed è giustificabile, di chiudere a chiave le porte di una ambulanza parcheggiata sotto un palazzo. Il primo pensiero è quello di salvare una vita, di tutelare la salute del paziente.
Accade l’incredibile, con il team di professionisti che al rientro in auto, addirittura con il paziente in barella, da accompagnare presso il più vicino ospedale, si vede depredato di alcune attrezzature sanitarie e addirittura anche degli effetti personali, tra i quali portafoglio e quindi denaro».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Certo, rispetto ad un pugno in pieno viso, ad un calcio, ad un tentativo di strangolamento, ad una pistola puntata alla testa, potrebbe sembrare una banalità raccontare tutto questo, ma per noi oltre che di reati, si tratta di barbarie nei confronti di professionisti che non meritano questi atti di profonda inciviltà.
Rubare le attrezzature necessarie ad un’ambulanza, privando quindi gli operatori sanitari strumenti chiave per salvare la vita dei malati, e soprattutto portare via gli oggetti personali ad un infermiere, o comunque ad un membro dell’equipaggio, sono azioni che non riusciamo a comprendere, gesti estremamente gravi.
In merito a tutto questo, non smetteremo mai di puntare il dito contro le istituzioni, Governo e Regioni in primis, e in seconda battuta contro le aziende sanitarie.
I primi dovrebbero contribuire a bonificare “la fangosa palude” della mala cultura in cui gli operatori sanitari sono finiti loro malgrado, diventati capro espiatorio di disservizi e di lacune strutturali di cui sono solo le vittime sacrificali.
Le seconde, le aziende sanitarie, dovrebbero finalmente decidere di sentirsi responsabili, come di fatto lo sono, dell’incolumità dei propri dipendenti, e quindi gli infermieri e gli altri professionisti del comparto.
Non accade certo solo a Legnano che un infermiere viene derubato dei propri effetti personali, custoditi su un’ambulanza mentre si sta prendendo cura di un malato. Ci segnalano che i furti si verificano molto spesso negli ospedali, e non solo quelli della Lombardia.
Nei concitati momenti di congestione dei pronto soccorsi, non è una sorpresa che qualcuno si introduca in giro per le corsie, pronto a far man bassa di borse e oggetti personali degli operatori sanitari.
Attendiamo in tal senso che il Ministero degli Interni mantenga fede alla promessa di favorire, a partire dalle strutture più grandi, il ritorno dei presidi di pubblica sicurezza, come richiesto da tempo dal nostro sindacato.
Tutto questo con l’obiettivo di arginare sul nascere violenza e criminalità, che sono diventati fenomeni all’ordine del giorno, in quei luoghi che dovrebbero essere votati solamente alla cura della collettività, e che si trasformano, sempre più spesso, nell’isola infelice dell’illegalità», chiosa De Palma.