AUTISMO TRA GENETICA E AMBIENTE

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Una corrente di pensiero che si è per prima distaccata dall’atteggiamento psicodinamico è costituita dalle teorie ambientali, secondo le quali viene ipotizzata l’insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica; fattori non di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti, alterazioni del sistema immunitario. È stato Rimland a rifiutare per primo la teoria della “madre frigorifero” e ad inaugurare l’idea che il disturbo di autismo avesse una base organica. Padre di un bambino autistico, Bernard Rimland ha dedicato la sua vita alla psicologia motivato dalla disperazione e contemporaneamente dallo scetticismo circa la diagnosi di incurabilità sulla malattia del figlio. Alla veneranda età di 47 anni, oggi, il figlio di Rimland è un artista internazionale di grande successo. Il libro di Rimland del 1964, “Autismo infantile”, distrusse la precedente convinzione che l’autismo fosse un disordine psicologico causato da un rapporto anomalo con la madre; esso demolì anche il mito secondo il quale i medici non potevano essere stimati per la loro pratica medica sulla obiettiva evidenza scientifica, ma solo sul dogma dell’incurabilità della malattia. Frustrato dall’apatia e dall’indifferenza dello status quo, Rimland fondò l’Autism Society d’America nel 1965, e l’Autism Research Institute nel 1967, per aiutare ad operare un cambiamento, con l’esplicito proposito di determinare la causa di questa sindrome e identificare trattamenti efficaci per l’autismo. L’autore sostiene un metodo di early intervention, conosciuto comunemente come “ABA – Applied Behaviour Analysis”, cioè Analisi del Comportamento Applicata; si basa sull’uso dei principi della scienza del comportamento per la modifica di comportamenti socialmente significativi63. La convinzione di Rimland era che questa forma di trattamento, basata sull’applicazione intensiva dei principi comportamentali per l’insegnamento delle abilità sociali, potesse portare a eccezionali miglioramenti in molti bambini autistici, a dispetto del rifiuto da parte di molti professionisti che erano considerate autorità nell’autismo. L’approccio comportamentale di Rimland portò all’elaborazione di una teoria che proponeva che l’autismo fosse secondario ad una interazione tra genetica ed ambiente. Nel 1995 il dottor Rimland promosse il progetto Defeat Autism Now! Project, in collaborazione con Sidney Baker, MD, e Jon Pangborn, PhD. Scopo di questo progetto fu quello di studiare interventi biomedici finalizzati a trattare le concause di questa sindrome, secondo un nuovo approccio dedicato alla individualità biologica del singolo bambino, a integrazione e superamento di quello tradizionale neuropsichiatrico, dedicato esclusivamente al training cognitivo comportamentale ed agli psicofarmaci. Sempre negli anni Sessanta, uno dei fondatori della psichiatria infantile in Gran Bretagna, Michael Rutter, iniziò ad interessarsi all’autismo e scrisse dei follow-up clinici molto chiari e dettagliati sui bambini con questo disturbo. Egli studiò i profili psicologici dei soggetti avanzando una teoria estremamente evolutiva e neurologica. Nel 1971 Rutter redasse un articolo con il titolo: “Causes of infantile autism: Some consideration from recent research”, nel quale lui insieme allo psicologo infantile australiano Lawrence Bartak. confrontò criticamente le versioni fino ad allora esistenti sull’autismo. Essi si trovarono d’accordo sulla presenza di una disfunzione sociale e relazionale nell’autismo; rifiutarono tuttavia l’idea che l’autismo fosse paragonabile a forme di ritiro selettivo dalla vita reale. Secondo i due psicologi, questa teoria non poteva essere dimostrata empiricamente e tralasciava la prova della probabile menomazione biologica dei bambini autistici. Altra teoria che venne sfatata fu quella psicodinamica della causa genitoriale: nessuno studio da loro condotto aveva dimostrato che i genitori dei bambini autistici fossero diversi da quelli dei bambini normali. Bartak e Rutter ritenevano che l’autismo potesse corrispondere ad un estremo grado di introversione, predeterminato geneticamente. Inoltre, uno degli aspetti più significativi del loro scritto del 1971 è l’insistenza sul deficit cognitivo dell’autismo – che già da Kanner fu trascurato, dando maggior spazio al deficit affettivo. Un’importante conclusione a cui giunsero i due medici fu l’esistenza di un disturbo a livello del sistema nervoso centrale, quindi la possibilità di un deficit neurologico in alcuni bambini. Si trattava ancora di ipotesi molto caute, di un’alta probabilità di compiere errori in un campo ancora per lo più inesplorato: quello delle cause genetiche applicate alla sindrome autistica.