TEATRO CIVICO 14, ALESSANDRO PASCHITTO CON ‘OPERA DIDASCALICA’

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Opera Foto 4 300x200 TEATRO CIVICO 14, ALESSANDRO PASCHITTO CON OPERA DIDASCALICACASERTA – Il Teatro Civico 14 chiude la stagione teatrale con il progetto alla compagnia Ctrl+Alt+CancOpera Didascalica, scritto e diretto da Alessandro Paschitto, prodotto dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, che sarà sul palcoscenico casertano sabato 4 maggio ore 20.00 e, in replica, domenica 5 maggio ore 18.00. Vincitore del Premio Leo de Berardinis 2021 e del bando Call from the aisle 2021, Menzione Speciale Borsa Pancirolli 2020 e selezionato per In-Box 2022, il lavoro teatrale è interpretato da Raimonda Maraviglia, Alessandro Paschitto e Francesco Roccasecca. In scena tre figure – persone prima che attori – e il vuoto intorno, perfetta immagine del nostro presente. Al centro di tutto, l’incapacità di rappresentare che si fa immagine di un’altra incapacità: quella di vivere. Il qui e ora del teatro, privato di ogni simulazione, si impregna di significati nuovi: si fa racconto generazionale ed esistenziale. Costo del biglietto 12 euro (intero); 10 euro (ridotto) per under 30 e over 65 acquistabili anche sul sito www.teatrocivico14.it

Uno spazio vuoto, disallestito, nudo. Le luci di sala sono accese. Le casse spente, non c’è audio riprodotto. Né costumi: si va in scena con gli abiti del giorno. Si resta lì, buttati, davanti agli occhi degli spettatori. In scena, la ricerca di un’azione sensata diviene vorticosa e ha il nulla di fatto come destinazione inevitabile. «Dopotutto come possiamo rappresentare la vita se delle cose più semplici e quotidiane scopriamo di sapere nulla o quasi? Quale potrebbe essere l’azione di cui si dica: eccola, è questa. Quali le parole? – si chiede Alessandro Paschitto nelle note di regia. Eppure di tentativo in tentativo, fallimento in fallimento, qualcosa sembra rimanere. Un’eco, un sedimento che si cumula, un’impressione sempre più presente nel vuoto dello spazio. Le ripetizioni scavano come dei solchi, divaricano parentesi ancora non riempite. Se qualcosa appare – infine – lo fa solo in quanto proiettato da un di dentro di chi osserva. Il luogo della rappresentazione si sposta dalla scena vuota al retro dei suoi occhi. Come quando si aspetta un ceffone e non arriva. Dov’è finito? Dentro di noi».

Il lavoro teatrale è vincitore di numerosi premi, tra cui quello dedicato allo straordinario Leo De Berardinis, nella cui motivazione si legge: «Per la ricerca di un linguaggio scenico capace di portare allo scoperto il paradosso della rappresentazione e il suo limite intrinseco, attraverso la sottrazione di trama, personaggi, luoghi, tempo e azione, e in cui anche le parole finiscono con non alludere ad altro che a se stesse. Per aver voluto riflettere sulla difficoltà del rappresentare come sineddoche dell’incapacità di vivere».