– di Vincenzo D’Anna* –
Abbiamo più volte rimarcato il declino della politica, della modalità con cui essa si gestisce, della desertificazione di valori e idealità dovuta alla scomparsa dei partiti trasformati ormai in forme associative intestate, come le ditte, a persone. È il segno di questi tempi ed il risultato ineluttabile di una diffusa decadenza culturale e morale di quella storica arte inventata dagli uomini per governare una società sempre più liquida ed insulsa. Non è questo un dato che riguardi solo gli ambiti locali, anzi esso discende e si diffonde in ogni comunità ed in ogni ente che la politica è chiamata a governare. A partire dal cuore, vale a dire dal Parlamento stesso che pure ne rappresenterebbe la massima espressione. Un retaggio della cosiddetta “Seconda Repubblica”, quella nata dalla vicenda di Tangentopoli e dalla scomparsa delle ideologie, dal moralismo a buon mercato, dall’indebita ingerenza della magistratura politicizzata. Insomma dall’aver scelto di buttar via l’acqua sporca con il bambino, ossia la partitocrazia ed i movimenti politici di stampo democratico. Quelli che selezionavano la classe dirigente tra i propri militanti. Eppure quegli stessi partiti, sia pure sotto la forma giuridica di semplici associazioni private, sono costituzionalmente definiti come gli strumenti di mediazione tra la società civile e le istituzioni. Una funzione che, privata dei valori di riferimento storici e socio economici, ha cancellato le diversità e i differenti modelli di Stato di cui ciascuno si faceva portatore. Praticamente tutte le vacche sono diventate nere nella notte buia, per dirla con le parole del filosofo Hegel. Nel contempo sono cambiate le modalità di comunicazione politica e sociale, attraverso l’uso sapiente dei social net work che hanno veicolato capillarmente le informazioni, sempre più veloci e sempre più scarne, in un’epoca in cui gli “approfondimenti” hanno assunto la lunghezza di un tweet o di un banale post di poche righe!! Siffatto tipo di comunicazione, data letteralmente in pasto ai “maestri della tastiera”, ad una marea di sprovveduti più saccente che competente, mal mostosa e qualunquista, si è trasformata nel veicolo che determina l’opinione pubblica. Le campagne di odio e delegittimazione e la caccia ai politici ritenuti rei di aver tratto solo vantaggi dalla propria posizione, ha delegittimato il loro agire privandolo sempre più di protagonisti avveduti e preparati. Tuttavia, essendo la politica un’attività indispensabile per governare la società essa non è scomparsa, si è semplicemente degradata ed infoltita di elementi di basso conio, inesperti ed ignoranti finanche dei riferimenti minimi che costituiscono le basi morali ed ideali della politica stessa. Una situazione paradossale nella quale si è invocata la fine dei partiti e si è messa in dubbio l’utilità della specifica cultura, bastevole solo l’onestà ed il buon senso per risolvere i problemi, così come predicato dai rivoluzionari da operetta a cinque stelle. Sì, proprio loro. Quelli che hanno lucrato sul malcontento diffuso e sulla delegittimazione dell’arte di governo. Insomma è subentrata l’era delle risposte semplici a domande sociali complesse, il trionfo della mediocrità e dell’approssimazione. Però anche quest’era di odio sociale e di idiosincrasia nei confronti dei politici e delle istituzioni, alla fine è malamente tramontata, mostrando tutta la demagogia e la scelleratezza di tesi campate in aria. Prima tra tutte quella della sostituzione del regime parlamentare con quello assembleare. La scelta di designare i candidati per via telematica: tanta zavorra in più portata sulla già barcollante barca della classe dirigente!! Caserta in questo baillame non ha certo fatto eccezione. Scomparsi, per lo più per via della giustizia orientata e strumento di lotta politica, i protagonisti di spessore depositari del consenso elettorale, il contesto è stato invaso da gente raccogliticcia ed improvvisata, rappresentati di liste civiche e perlopiù di se stessi più che di un movimento politico vero e proprio. Personaggi pirandelliani in cerca di autore e di protezione in ambiti regionali e nazionali. Gente priva di qualsivoglia visione e progetto incapace di esorbitare la cinta daziaria del proprio Comune o, peggio ancora, quella delle proprie ambizioni personali. Un esempio di scuola di questo stato comatoso è venuto dalle vicende elettorali regionali e provinciali. In ambito regionale imperversano infatti alcuni cacicchi del governatore Vincenzo De Luca che li ha abilmente suddivisi e selezionati in liste civiche e quindi inclini a recitare ruoli territoriali senza alcuna prospettiva di poter incidere laddove si decidono le grandi opere e le scelte di ampio respiro. Peggiore la situazione a livello dell’ente provincia ove è stato ripetuto il modello qualunquistico di quelle stesse liste civiche e la selezione di soggetti rappresentanti poco più che se stessi. I risultati di questo vero e proprio bailamme sono oggi sotto gli occhi di tutti. Oggi non si va oltre qualche concorso per sistemare amici di cordata e portatori di voti. La gestione è’ improntata al piccolo cabotaggio ed al clientelismo. L’apoteosi, tuttavia, è stata raggiunta in queste ore: un consigliere provinciale, sindaco di un piccolo comune ad est di Maddaloni, si è visto infatti apostrofare in pubblico da un dirigente dell’ente provincia come ladro seriale e matricolato. Intendiamoci: non credo che il presidente Magliocca approfondirà il caso né che assumerà provvedimenti oppure farà denunce. In fondo chi se non egli stesso ha trasformato il vecchio “parlamentino” di Terra di Lavoro in un carrozzone zeppo di quella improbabile classe dirigente?