“SPIDER”: L’ADATTAMENTO DEL ROMANZO DI PATRICK MCGRATH

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unnamed 1 “SPIDER”: L’ADATTAMENTO DEL ROMANZO DI PATRICK MCGRATHDimesso dopo molti anni da un ospedale psichiatrico, un uomo chiamato “Spider” affetto da schizofrenia paranoica, viene ospitato in una struttura di reinserimento situata nel quartiere dove aveva trascorso l’infanzia. Il luogo familiare fa inevitabilmente riaffiorare i ricordi dolorosi: il suo disturbo, infatti, sembra risalire ad un trauma infantile, e in particolare è legato al padre che aveva abbandonato la madre per legarsi ad un’altra donna. In realtà, è proprio quando lo “Spider adulto” rivive il suo passato che ci si rende conto che è tutta una menzogna: i suoi flashback sono un’invenzione.

La pellicola rende giustizia all’omonimo romanzo di Patrick McGrath da cui è tratta: le ambientazioni sono cupe e claustrofobiche, le allucinazioni sembrano reali (si prova persino empatia nei confronti dello “Spider bambino”), il disturbo psichiatrico è affrontato a dovere. unnamed “SPIDER”: L’ADATTAMENTO DEL ROMANZO DI PATRICK MCGRATHLe cause del trauma di Spider vengono spiegate e comprese dallo spettatore: un attaccamento morboso nei confronti della madre -parallelamente ad una ripugnanza nei confronti del padre- ha portato a sviluppare un’ossessione e una violenza irrefrenabile e, come conseguenza, un senso di colpa ancora più esasperato in età adulta. Nel film -come nel romanzo- c’è sempre qualcosa di irrisolto, ma non nel senso di trascurato o abbozzato: sembra ci sia proprio un intento, sia da parte di Cronenberg che di McGrath, di lasciare qualcosa di incompiuto. È lo spettatore a dover dare un senso a quegli spazi vuoti. Se qualcun altro -e non McGrath- avesse scritto la sceneggiatura avremmo rischiato il disastro: tutti quei simboli e quelle sfumature psicologiche non ci sarebbero state. Ed è stato poi Cronenberg a dare un valore aggiunto.

Spider 2002 “SPIDER”: L’ADATTAMENTO DEL ROMANZO DI PATRICK MCGRATHSi avverte un senso constante di inquietudine, proprio perché è Spider stesso a raccontare il suo trauma: il pubblico, dunque, osserva con i suoi occhi, prende parte ai suoi deliri, si confonde tra reale ed immaginario. “Spider” è come un puzzle: è un lento rimettere insieme i pezzi, un lento risalire alle origini di quelle ragnatele. I ricordi sono un alibi, una giustificazione, un modo per occultare la verità: una volta però emersa, la realtà è ancora più dolorosa delle memorie che l’avevano sostituita. Ed è devastante. “Spider” è un film sui demoni che ossessionano l’infanzia ma che possono presentarsi -in maniera amplificata- persino trent’anni dopo. Forse sarebbe stato meglio non svelare la verità, continuare a non guardarsi dentro, ma la vita di “Spider” non sarebbe ugualmente mai stata una vita.

Mariantonietta Losanno