AL TEMPO DEL COVID19, NUOVE REGOLE, VECCHIE ABITUDINI… DURE DA MOLLARE

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–       di Nicolò Antonio Cuscunà      –             

Dopo 10 giorni di clausura forzata, tra sperimentazioni di ricette culinarie, abuso di FB, analisi-radiografiche alle delibere della giunta del sindaco Marino, sconfitte pomeridiane a scopa, scala 40 e briscola, qualche lettura di libri acquistati e mai letti, rasatura del prato e potatura delle rose, giunge il fatidico giorno dell’obbligatoria uscita per ricaricare la dispensa oramai semivuota.

Patti chiari, più che l’autista non mi si permette fare. Tre giorni per pianificare percorso, abbigliamento e lista delle spese. Scarica da internet il modello di autocertificazione, ai dati personali vanno aggiunti gli estremi del documento identificativo, indirizzo di residenza, destinazione, motivazione all’evasione, data e firma. Preparazione di borse, borsette, guanti monouso, mascherina, discesa in garage, preoccupazione per la prolungata sosta dell’auto, verificata la tenuta della batteria nuova, uscita e ritrovato sole dell’equinozio. Svolti l’angolo imbocchi la strada maestra e ripiombi nel terrore del coronavirus. Strada semivuota direzione parco Cerasola, intuisci l’anomalia del momento, giungi all’ingresso della variante ANAS per Maddaloni-Santa Maria C.V. e ripiombi nello squallore dei “sacchetti dell’immondizia abbandonati sul ciglio strada, lanciati dalle auto dai soliti maledetti ignoranti nemici di loro stessi”. Prima fermata dal fruttivendolo, fila composta e distanziata, tempi d’attesa maggiori alla normalità. Fai di fretta, consapevole del giro da fare, come al solito le vecchie abitudini rimangono: il pane da quella parte, gli affettati dall’altra, i congelati dallo specialista, scatolame, farine speciali, e pollo allevato a terra da tutt’altra parte. Le fermate diventano momento di lettura di quel che osservi, annoti e commenti con te stesso. Fila mediamente lunga, non più ordinata e trasformata in capannelli di conoscenti occasionali, qualcuno con mascherina abbassata per gustare le ripetute sigarette, quasi tutti senza guanti monouso. Nell’attesa ascolti la radio sintonizzata a reti unificate su “RADIO PER L’ITALIA” e nell’ordine ascolti: l’inno di Mameli, Azzurro di Paolo Conte cantata da Celentano, la canzone del Sole di Mogol-Battisti e l’intramontabile Volare cantata dall’immortale Domenico Modugno. Squilla il cellulare ed apprendi di dover fare ritorno alla prima tappa per recuperare gli occhiali dimenticati dal navigatore, sempre intento a continuare le compere. Esegui e t’imbatti in un fermo di polizia nei pressi della caserma dei VV.FF., sul cui cancello spicca uno immenso striscione con la scritta “ANDRÀ TUTTO BENE”. Servizio di polizia di prassi, di routine, presenti i documenti richiesti, fanno il loro dovere, sei tranquillo per esserti attenuto a tutte le prescrizioni in materia di sicurezza, tutto a posto. Ritorno alla seconda fermata continui ad osservare, analizzare, radiografare, appuntare dati e pensieri. La maggioranza delle persone in giro sono di sesso femminile, le più irrispettose alle regole, con mascherina calata alla gola, la sigaretta in bocca e in mano lo smartphone. Eseguo il primo carico mercanzia, vengo informato del regolare e ordinato servizio al pubblico, acquirenti educati e rispettosi, addetti al servizio attenti più del normale. Prosieguo nel giro imbattendomi nella potatura di alberi eseguita da operai, pagati dall’Ente Comune, di cui uno su tre totalmente sprovvisto di protezioni di sicurezza sul lavoro e dal covid 19. Alla farmacia fila ordinata e distanziata come schieramento militare. Ultima tappa, fermata lunga sotto un sole estivo a 25 gradi.  Ampio piazzale del supermercato sotto la nazionale per Maddaloni attiguo alla 167 con la “voragine”. Fila da 100 mt, almeno 30 postazioni di single con carrello, alcuni per il caldo alleggeriscono gli abiti, le sigarette sempre presenti, qualche inizio di conversazione a distanza. Fermo in auto provo inutilmente a riconoscere qualche avventore, impossibile da farsi, bardati come sono di mascherine.  Di protezioni ce ne sono per tutti i gusti, fai da te colorate, fazzoletto alla bandito del west, foulard a fiori tirato fin sotto gli occhi tenuto dagli ampi occhiali scuri. insomma, primeggia fantasia e responsabilità. C’è pure un soldato in mimetica, capelli brizzolati e totalmente sprovvisto di difese anti-virus, peccato per il cattivissimo esempio. Osservi ed ascolti quel che dicono per far trascorrere il tempo, argomento scontato il virus, le morti, i santi a protezione, gli scongiuri, la solita sigaretta accesa e vai oltre. Ti sfilano davanti, cambia il chiacchiereccio. I più forbiti commentano il Decreto Cura Italia-ter del Conte-bis, le scuole chiuse, l’Europa benevola elargitrice di prestiti. Il tempo trascorre, dalle 11,15 s’è fatto mezzogiorno. La fila non diminuisce, senti un vociare, ti giri e comprendi, dal dire della guardia giurata e dalle signore in prima fila, del tentativo della solita volpina, finta distratta, d’intrufolarsi dalla parte opposta all’ingresso. Tentativo sventato, imprecazioni, “… ci vorrebbe la corte marziale, gli arresti, la fucilazione”…, il più simpatico un attempato signore di retrofila urla alla guardia: “…  la “furba” meriterebbe rimanere ferma per due giri come nel ” MONOPOLI” …, risate generali.

ORE 12.27, compere finite, effettuato l’ultimo carico, stanchi, accaldati, sempre preoccupati e anche delusi, non per il rientro nella prigione-casa. Preoccupati degli accadimenti, insomma cosa aggiungere: ” …con o senza coronavirus, le cattive abitudini sono dure a cambiarsi anche al cospetto di drammi epocali”.