IMPATTO PSICOLOGICO DELLA QUARANTENA: COME PREVENIRLO

0

coronavirus virus IMPATTO PSICOLOGICO DELLA QUARANTENA: COME PREVENIRLO

FREUD IMPATTO PSICOLOGICO DELLA QUARANTENA: COME PREVENIRLO                   –      di Alfredo Grado     –         

All’indomani della dichiarazione di pandemia da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità, il Governo Italiano ha adottato una serie di misure decisamente restrittive, tra queste la necessità di restare a casa e, laddove fosse necessario, spostarsi dal proprio domicilio solo per comprovate motivazioni.

Credo sia la prima volta che nella storia della Repubblica italiana viene adottata una misura di tale portata, che ha e avrà grosse conseguenze non solo sull’economia e stabilità del Paese, ma anche sulla vita sociale dei cittadini.

Il cambiamento nello stile di vita è sicuramente la prima conseguenza da affrontare in questi casi. La sensazione che si prova è quella di sentirsi sopraffatti dalle cose, incapaci di conciliare i nostri bisogni, le nostre forze e la stessa situazione da affrontare. Tale condizione può essere sostenuta solo se la persona trova soluzioni concrete, ma anche se riesce a modificare il proprio approccio emotivo e cognitivo, il significato ed il valore delle proprie azioni o, più in generale, di riorganizzare se stessa.

È bene chiarire che in questo contesto di incertezza e di preoccupazione la paura può divenire funzionale, ovvero può preservarci dal pericolo percepito. Un esempio per tutti può essere il rispetto dei protocolli di igiene, come lavarsi le mani e indossare i dispositivi di protezione individuale. Tuttavia, i problemi possono sopraggiungere in quelle persone che hanno maggiori difficoltà a gestire l’ansia e, pertanto, trasformare la paura da funzionale in disfunzionale. In pratica, avviene una sorta di congelamento, un blocco che induce in chi lo subisce a non prendere alcuna decisione per paura di sbagliare, con la inevitabile conseguenza di sviluppare varie tipologie di comportamento, in genere di tipo patologico, al fine di tenere sotto controllo proprio le angosce che la attanagliano continuamente. Un esempio è il comportamento di evitamento, attraverso il quale la persona evita volontariamente e ripetutamente il contatto con la fonte della paura, come il contatto con gli altri o la frequentazione di spazi in cui vi è un assembramento di persone, alimentando in maniera sempre maggiore la paura verso di essa. In casi più gravi può accadere invece che la persona perda la consapevolezza della fonte della propria paura, rimuovendola così a livello inconscio.

Ma la paura non è l’unica cosa che rischia di diventare ingestibile in quarantena.  Alcune evidenze scientifiche portano a ipotizzare il rafforzamento, sotto quarantena, di quegli stimoli esterni che sono fonte di stress. Tra questi, gli stressor più diffusi sono la durata della quarantena, la paura di essersi contagiati (e anche quella di poter contagiare gli altri, in particolare i famigliari), la noia, la frustrazione e l’essere privi di beni necessari, non solo alimentari o per la salute, ma anche immateriali, come quelli legati all’informazione. Esistono poi degli stressor che aumentano di molto il rischio di mostrare difficoltà psicologiche una volta finita la quarantena. In particolare, sembra che chi ha livelli di reddito più bassi mostra una necessità di supporto maggiore, sia economico che psicologico, durante e dopo i periodi di quarantena.

Non vanno inoltre sottovalutati i problemi legati ai disturbi alimentari. Il rischio in questo periodo di semi-isolamento è quello di badare più alla quantità del cibo, che alla qualità. Questo contesto può essere utile per ri-provare il piacere del cibo, mangiando lentamente e a piccole dosi, associandola anche a un po’ di attività fisica. Certo, quest’ultima possibilità nelle ultime ore è messa in discussione. Voglio rilevare a tale proposito una tendenza che rischia di precipitare in qualcosa di più. Una sorta di ricerca disperata agli untori. Infatti il runner, o chi va fuori casa, per svariati motivi, sembra stia diventando un criminale da additare e punire. Come scrive Silvia Kuna Ballero sul suo blog, «chi crede seriamente che prendere una boccata d’aria per strada in sicurezza sia una grave violazione del senso civico sta sostenendo un pensiero non molto diverso dalla superstizione. Sta negando la possibilità, vivaddio data al cittadino, di valutare le circostanze per agire in modo responsabile gestendo i margini di libertà che gli sono dati (il che non vuol dire aggirare la legge, dato che è proprio la legge che fornisce questi margini)».

Atteniamoci dunque sempre alle disposizioni in vigore – con le eventuali ed ulteriori restrizioni del caso – e cerchiamo di non essere noi stessi/e, in buona sostanza, il veicolo di un altro tipo di virus: quello dell’odioÈ chiaro che in tal senso diventa impossibile suggerire accorgimenti adeguati, anche perché ogni vissuti è soggettivo. Pertanto, l’unica cosa che resta fare è utilizzare il buon senso. Partendo dallo strutturare la giornata, dividere i tempi e gli spazi in base a schemi e ritmi, rassicurando in particolare i bambini. Questo periodo di semi-isolamento è troppo lungo per essere lasciato al caso, serve organizzazione del proprio tempo, con ampi margini dedicati non a semplici passatempi, ma alle proprie passioni e ai propri talenti.